Sentenza n.293 del 1994

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SENTENZA N. 293

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, sesto comma, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 487 (Soppressione dell'Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera - EFIM), convertito con modifiche nella legge 17 febbraio 1993, n. 33, in relazione agli artt.8, primo comma, 2, secondo comma, 6, primo comma, 6, secondo comma, lett.d) e 7, terzo comma, dello stesso decreto-legge, promosso con ordinanza emessa il 26 luglio 1993 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. Comital e la s.r.l. Icla, iscritta al n. 685 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale dell'anno 1993.

Visti gli atti di costituzione della s.p.a. Comital e della s.r.l. Icla nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1994 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi gli avvocati Carlo Mezzanotte per la s.p.a. Comital, Edoardo Pontecorvo per la s.r.l. Icla e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un giudizio di opposizione a precetto promosso dalla s.p.a. Comital (società controllata dall'EFIM) nei confronti della s.r.l. Icla, il Pretore del Circondario di Torino, con ordinanza emessa il 26 luglio 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, sesto comma, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 487 (Soppressione dell'Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera - EFIM), convertito con modifiche nella legge 17 febbraio 1993, n. 33, in relazione agli artt. 8, primo comma, 2, secondo comma, 6, primo comma, 6, secondo comma, lett.d) e 7, terzo comma, dello stesso decreto-legge.

A parere del giudice a quo, l'art. 6, sesto comma, stabilendo il divieto di iniziare o di proseguire azioni esecutive per i creditori dell'EFIM e di tutte le società controllate, nel caso in cui il credito azionato abbia titolo o causa antecedenti al 18 luglio 1992, introduce una disparità di trattamento in relazione ai creditori delle società controllate dall'EFIM in modo non integrale, in quanto per tali creditori derivano, a seguito della disposizione impugnata, una serie di conseguenze pregiudizievoli e discriminatorie connesse al contenuto di altre disposizioni inserite nel testo del medesimo decreto-legge.

Il giudice rimettente dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata, non in quanto al legislatore ordinario sia precluso in determinate circostanze (come quella della grave crisi di un grande gruppo pubblico di imprese) e per finalità meritevoli di tutela (salvare la produttività e ridurre la disoccupazione) introdurre procedure concorsuali speciali più efficienti ed agili, con eccezionali limitazioni ai diritti dei creditori, ma per il fatto che detta legittimità è condizionata al rispetto di alcuni presupposti affinchè non risultino violati i principi di cui agli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione.

In particolare, tali principi risulterebbero violati anzitutto se queste procedure speciali e di eccezionale "sofferenza" per i creditori non siano limitate ad un periodo ben circoscritto nel tempo; ciò che nella specie sembra sufficientemente assicurato.

Non altrettanto il giudice a quo ritiene sia garantito da altre disposizioni della legge:

a) dall'art. 2, secondo comma, che ispira il programma del commissario liquidatore alla finalità del risanamento delle imprese e non anche al fondamentale interesse dei creditori a veder soddisfatti i loro diritti;

b) dall'art. 6, primo e secondo comma, che deroga ingiustificatamente all'essenziale principio della par condicio creditorum, operando delle discriminazioni fra diverse categorie di creditori circa la sospensione dei pagamenti;

c) dall'art. 7, terzo comma, che prevede la conversione dei prestiti concessi alle società in azioni del capitale delle società stesse;

d) dall'art. 8, primo comma, che sottrae l'attività del commissario liquidatore alle azioni revocatorie e quindi al controllo dell'autorità giudiziaria.

Tali previsioni, a giudizio del giudice rimettente, non solo impediscono che la preclusione dell'esercizio delle azioni esecutive sia controbilanciata da un interesse finale dei credi tori, ma discriminano e pregiudicano, spesso irrimediabilmente, le ragioni di questi ultimi, con violazione dei principi costituzionali.

2. Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituita la Comital s.p.a., che ha instato per la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, di infondatezza della questione.

A sostegno della richiesta inammissibilità la parte costituita prospetta una serie di profili. Quanto al merito della questione, la Comital contesta l'approccio metodologico del giudice rimettente, sostenendo che l'impianto normativo che fa da contesto alla temporanea compressione dei diritti dei creditori viene ricostruito in un'ottica distorta e parziale, per cui non può porsi a fondamento di un sindacato di ragionevolezza che risulti coerente ai canoni generali della giustizia costituzionale. In special modo risulterebbero obliterate una serie di norme della citata legge n. 33 del 1993, alle quali, invece, doveva riconoscersi una funzione di bilanciamento della previsione del divieto di azioni esecutive. In tale sistema, l'interesse dei creditori subisce compressioni congrue e ragionevoli, e risulta complessivamente soddisfatto meglio di quanto non avvenga nelle ordinarie procedure concorsuali.

3. Si è costituita anche la Icla s.r.l., aderendo ai sospetti di incostituzionalità paventati dal giudice a quo.

4. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha, tra l'altro, rilevato come il giudice rimettente abbia invertito i termini del problema, trasportando le censure mosse a norme che non risultavano denunciate (venendo prospettate solo come tertium comparationis), all'art.6, sesto comma, del decreto- legge n. 487 del 1992, che lo stesso giudice sembra aver riconosciuto essere in sè esente da dubbi di legittimità.

Considerato in diritto

1. Il Pretore del Circondario di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, sesto comma, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 487 (Soppressione dell'Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera - EFIM), convertito con modifiche nella legge 17 febbraio 1993, n. 33, in relazione agli artt. 8, primo comma, 2, secondo comma, 6, primo comma, 6, secondo comma, lett. d) e 7, terzo comma, dello stesso decreto-legge.

2. Prima di procedere all'esame del merito della questione occorre valutare le numerose eccezioni di inammissibilità prospettate dalla parte costituita s.p.a. Comital e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Tra le eccezioni processuali, assume rilievo preliminare e decisivo quella di insufficiente motivazione dell'ordinanza di rimessione in ordine alla effettiva rilevanza della questione, per non avere il giudice a quo tenuto conto anche degli effetti, diretti e indiretti, derivanti dal decreto del Ministro del Tesoro 25 marzo 1993 che, in attuazione dell'art. 6, terzo comma, del decreto-legge n. 487 del 1992, ha derogato per la Soc. Comital alla regola della sospensione dei pagamenti, in considerazione della situazione economica della stessa.

Invero, la sospensione dell'esecuzione forzata prevista dal sesto comma dell'art. 6 potrebbe ritenersi inscindibilmente correlata alla sospensione dei pagamenti di cui al primo comma dello stesso articolo, anche perchè ispirata alla stessa pubblica finalità, così che dalla deroga al blocco dei pagamenti l'interprete avrebbe potuto eventualmente ravvisare degli effetti anche in ordine alla permanenza del blocco delle esecuzioni, e quindi alla infondatezza dell'opposizione all'esecuzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, sesto comma, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 487 (Soppressione dell'Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera - EFIM), convertito con modifiche nella legge 17 febbraio 1993, n. 33, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione, dal Pretore del Circondario di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/07/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 13/07/94.