Ordinanza n. 260 del 1994

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ORDINANZA N. 260

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), come novellato dall'art. 1 ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544 (Proroga dei termini di cui agli artt.15, 17 e 18 della legge 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) conv., con modif., nella legge 8 ottobre 1976, n. 690, promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1993 dal Pretore di Venezia nel procedimento penale a carico di Nason Paolo, iscritta al n.703 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto che il Pretore di Venezia, nel corso del procedimento penale a carico di Nason Paolo, imputato del reato di cui all'art. 9, sesto comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171 - come sostituito dall'art. 1 ter del decreto- legge 10 agosto 1976, n. 544, conv., con modif., nella legge 8 ottobre 1976, n. 690 - per avere effettuato nella laguna di Venezia scarichi non autorizzati di acque di reflui eccedenti i limiti tabellari di cui al d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, con ordinanza del 27 gennaio 1993 (R.O. n. 703 del 1993) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 9 della citata legge n. 171 del 1973, nella parte in cui non prevede la pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

che il giudice a quo, premesso che le fattispecie previste dalla norma impugnata appaiono sostanzialmente identiche a quelle di cui all'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (c.d. legge Merli), tant'è che sono sanzionate allo stesso modo, ritiene che la esclusione, in correlazione ad esse, della predetta pena accessoria, prevista, invece, dalla citata normativa generale in materia di scarichi, violerebbe:

- l'art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto la lamentata discriminazione non sarebbe giustificata dalla obiettività della situazione ambientale veneziana (ritenuta, anzi, di ancor più fragile equilibrio rispetto a quella generale), sia con riferimento agli artt. 42, secondo comma, della Costituzione, che prevede la determinazione dei modi di godimento e dei limiti del diritto di proprietà privata, e 41 della Costituzione stessa, inteso a tutelare la esigenza che l'iniziativa economica privata sia soggetta a "controlli previsti di volta in volta dalla norma";

- l'art. 97 della Costituzione, per violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, perchè questa non verrebbe posta in grado di contrattare con soggetti rispettosi delle regole attinenti alla materia contrattuale ed al corretto esercizio dell'impresa;

- l'art. 32 e l'art. 9 della Costituzione, concernenti rispettivamente il diritto alla salute e alla salubrità ambientale e alla tutela del paesaggio e delle risorse culturali, che, in assenza di effettività della sanzione, non sarebbero garantiti;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione osservando, per un verso, che la Corte costituzionale non ha il potere di creare nuove norme incriminatrici incidendo sul principio della legalità delle pene, per l'altro che le fattispecie poste a confronto presentano significative differenziazioni, avuto riguardo in particolare alla peculiarità della situazione ambientale veneziana, la cui disciplina investirebbe scelte discrezionali del legislatore.

Considerato che viene richiesta alla Corte una pronuncia la quale avrebbe il risultato di estendere la previsione delle sanzioni accessorie oltre i casi che il legislatore penale, nel dettare la normativa censurata, ha contemplato;

che ciò è, peraltro, precluso alla Corte dal fondamentale ed inderogabile principio di legalità, consacrato nell'art. 25 della Costituzione, oltre che nel codice penale;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), come novellato dall'art. 1 ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544 (Proroga dei termini di cui agli artt. 15, 17 e 18 della legge 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) conv., con modif., nella legge 8 ottobre 1976, n. 690, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, secondo comma, 41, 97, 32 e 9 della Costituzione, dal Pretore di Venezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/06/94.

Gabriele PESCATORE, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/06/94.