Ordinanza n. 246 del 1994

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ORDINANZA N. 246

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 103, nono comma, del d.P.R. 11 (recte: 15) giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), nel testo introdotto dall'art. 13 del decreto- legge 6 febbraio 1987, n.16 (Disposizioni urgenti in materia di autotrasporto di cose e di sicurezza stradale), convertito in legge 30 marzo 1987, n.132, promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1993 dal Pretore di Verona nel procedimento civile vertente tra Boran Massimo ed il Prefetto di Verona, iscritta al n. 742 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto che il Pretore di Verona ha sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell'art. 103, nono comma, del d.P.R. 11 (recte: 15) giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), nel testo introdotto dall'art.13 del decreto- legge 6 febbraio 1987, n. 16, convertito in legge 30 marzo 1987, n. 132, in riferimento agli articoli 3, 4 e 35 della Costituzione;

 

che, ad avviso del rimettente, la norma impugnata, in quanto colpisce con la sanzione della sospensione della patente di guida una categoria di cittadini che usa il proprio veicolo come strumento di lavoro, si porrebbe in contrasto con la rilevanza costituzionale del lavoro (artt.4 e 35 della Costituzione) quale espressa nelle decisioni di questa Corte che hanno dichiarato l'incostituzionalità di limitazioni tali da comportare la pratica soppressione o la grave compressione della sfera di libertà lavorativa dell'individuo;

 

che la norma sarebbe altresì in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in quanto prevede, per una stessa violazione, un trattamento differenziato a seconda che la violazione venga commessa da un conducente di veicolo pesante ovvero da un conducente di autovettura; disparità, questa, che il nuovo codice della strada (art. 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) avrebbe inteso eliminare, con significativa incidenza ai fini della complessiva valutazione della fondatezza della questione sollevata;

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per una declaratoria di inammissibilità o comunque di infondatezza della questione.

 

Considerato che l'ordinanza di rimessione è priva di elementi idonei alla individuazione della fattispecie dedotta nel giudizio principale e, quindi, alla verifica del carattere di necessaria pregiudizialità della questione sottoposta all'esame della Corte rispetto al giudizio a quo;

 

che, d'altra parte, neppure risultano elementi idonei a tal fine gli accenni, contenuti nell'ordinanza di rinvio, dai quali induttivamente potrebbe ricavarsi un sommario quadro dell'oggetto del giudizio principale (sanzione collegata a violazione del limite di velocità da parte di conducente di mezzo pesante), giacchè l'esclusivo riferimento della questione alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida si pone in ogni caso in contraddizione con la specificazione della norma denunciata (art.103, nono comma, del d.P.R. n. 393 del 1959), che non contempla detto istituto, previsto nel successivo undicesimo comma, seconda parte; il che rimarca l'impossibilità del controllo sul necessario requisito della rilevanza della questione;

 

che di quest'ultima, pertanto, in accoglimento della conforme eccezione dell'Avvocatura dello Stato, deve dichiararsi la manifesta inammissibilità, come da costante orientamento di questa Corte (da ultimo, ordd. nn. 136 e 43 del 1994).

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 103, nono comma, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), nel testo introdotto dall'art. 13 del decreto-legge 6 febbraio 1987, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di autotrasporto di cose e di sicurezza stradale), convertito in legge 30 marzo 1987, n. 132, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dal Pretore di Verona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1994.

 

Gabriele PESCATORE, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 16/06/1994.