Sentenza n. 219 del 1994

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SENTENZA N. 219

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 301, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 agosto 1993 dal Tribunale di Alessandria nel procedimento di riesame relativo a Dua Bruno, iscritta al n. 660 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Nell'ambito di un giudizio di appello ex art. 310 del codice di procedura penale avverso una ordinanza di rinnovazione di misura cautelare personale (arresti domiciliari) emessa dal giudice per le indagini preliminari per esigenze probatorie, a norma dell'art. 301, comma 2, dello stesso codice, il Tribunale di Alessandria ha sollevato, con ordinanza del 6 agosto 1993, questione di legittimità costituzionale di quest'ultima norma, nella parte in cui non prevede l'obbligo della previa audizione della difesa dell'indagato, in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.

 

La rilevanza della questione sollevata discende - precisa il Tribunale - dalla formulazione di uno specifico motivo di appello incentrato proprio sul punto in questione, e cioè sulla dedotta nullità dell'ordinanza di rinnovazione, per violazione del contraddittorio.

 

Il giudice a quo osserva che sia la lettera della norma denunciata, sia il "diritto vivente" formatosi su di essa, escludono l'accennato obbligo di preventiva audizione della difesa; di qui la necessità della proposizione della questione di legittimità costituzionale.

 

Il rimettente ritiene che la mancata previsione del contraddittorio nell'ipotesi di rinnovazione della cautela disposta per esigenze probatorie, diversamente da quanto stabilito per la proroga dei termini di custodia cautelare (art. 305 c.p.p.) e per i limiti temporali delle indagini preliminari (art. 406, comma 3, c.p.p.), costituisca una lesione degli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.

 

La diversificazione delle "chances processuali" tra il pubblico ministero, che può prospettare al giudice le argomentazioni a sostegno della richiesta di rinnovazione, e la difesa, che invece non può controdedurre, è, ad avviso del giudice a quo, priva di ragionevole giustificazione, all'interno di un sistema processuale imperniato sul principio di parità tra accusa e difesa (art. 2, direttiva 3) della legge-delega n. 81 del 1987); nè il provvedimento in discorso può essere catalogato tra gli atti c.d. "a sorpresa", come l'adozione di misure coercitive, le perquisizioni, le intercettazioni.

 

Nell'ordinanza di rinvio si osserva che questi rilievi non potrebbero essere risolti nè in base all'argomento, valorizzato dalla giurisprudenza, della possibilità di esercizio dei diritti difensivi attraverso il controllo sulla motivazione del provvedimento di rinnovazione, a mezzo delle impugnazioni consentite (appello e ricorso per cassazione);nè in base al più generale argomento (sent.n. 345 del 1988 di questa Corte) della possibilità di delimitazioni del diritto di difesa in quanto necessarie a contemperare la garanzia difensiva con altri principi e valori.

 

In contrario, infatti, il Tribunale osserva che l'art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in ogni stato e grado del procedimento, e dunque anche nella fase in parola, onde influire , attraverso la dialettica delle parti, sulla formazione del convincimento del giudice ed anticipare un provvedimento sfavorevole. D'altra parte, il giudice sottolinea la notazione di non ragionevolezza della mancata previsione del contraddittorio, non ravvisando idonea ragione in funzione di altri interessi costituzionalmente protetti immanenti al processo.

 

2.- É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

 

L'Avvocatura sottolinea che la soluzione della questione ruota, in ultima analisi, intorno all'interrogativo se l'istituto della rinnovazione della misura (art. 301 c.p.p.) e quello della proroga del termine della custodia cautelare (art. 305 c.p.p.) siano analoghi o meno;

 

la conclusione è, al riguardo, negativa.

 

Quanto alla rinnovazione, l'interveniente osserva che opportunamente il legislatore ha introdotto l'istituto quale temperamento al rigido operare della caducazione automatica del titolo, giacchè non sempre la valutazione prognostica sul tempo necessario all'attività di raccolta del materiale di indagine può essere esatta, ed è perciò necessario accordare al pubblico ministero la facoltà di richiedere una rinnovazione del termine della misura, i cui presupposti e le cui motivazioni restano tuttavia quelli alla base dell'originario provvedimento cautelare.

 

Del tutto diverso è il caso della proroga ex art. 305, comma 2, assunta a tertium comparationis, misura che ha riguardo non solo alle esigenze probatorie, ma a tutte le esigenze cautelari catalogate dal legislatore nell'art. 274 del codice di rito, lett. a), b) e c): il giudice richiesto della proroga dovrà riconsiderare tutti i profili delle esigenze cautelari, effettuando una valutazione complessiva del quadro probatorio assai più ampia di quella ex art. 301, che è invece circoscritta alla mera constatazione dell'insufficienza del termine accordato e alla persistenza delle esigenze di indagine.

 

Se è dunque conforme alla diversa natura dei due istituti della rinnovazione e della proroga la previsione dell'intervento della difesa tecnica solo nel secondo caso, e non nel primo, la diversità di disciplina trova giustificazione nella diversità degli istituti in raffronto;

 

l'Avvocatura conclude pertanto chiedendo una pronuncia di non fondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

1.- Oggetto dell'incidente di costituzionalità è l'art.301, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui, ai fini dell'adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale disposta per esigenze probatorie, non prevede l'obbligo della previa audizione della difesa dell'indagato. Ad avviso del giudice a quo la mancata previsione del contraddittorio nella ipotesi disciplinata dalla norma impugnata, diversamente da quanto stabilito dall'art. 305, comma 2, del codice di procedura penale per l'ipotesi della proroga dei termini di custodia cautelare e dall'art. 406, comma 3, del codice stesso, per la proroga dei limiti temporali delle indagini preliminari, contrasta con gli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.

 

2.- La questione, prospettata in riferimento all'art. 24 della Costituzione, è fondata.

 

Diversamente da quanto sostiene l'Avvocatura generale dello Stato non è decisivo, ai fini della risoluzione della questione, stabilire se l'istituto della rinnovazione delle misure cautelari disciplinato dall'art. 301, comma 2, del codice di procedura penale sia o meno analogo all'istituto della proroga dei termini di custodia cautelare disciplinato dall'art. 305 del codice stesso.

 

Anche se l'ordinanza di rimessione richiama la disciplina prevista dall'art. 305 citato, relativa mente al provvedimento di proroga della custodia cautelare, il richiamo è ininfluente rispetto alla censura prospettata in riferimento all'art. 24 della Costituzione, perchè con essa si denuncia la violazione di per sè del diritto di difesa.

 

Come la Corte ha sempre affermato (da ultimo, sent. n. 98 del 1994), tale diritto potrebbe essere limitato solo in presenza della necessità di evitare l'assoluta compromissione di esigenze prioritarie nella economia del processo, che per loro natura potrebbero risultare vanificate dal contraddittorio anticipato (e salvo sempre il successivo recupero della dialettica processuale attraverso gli strumenti di controllo di volta in volta previsti). É questo il caso dei provvedimenti c.d. "a sorpresa", come l'adozione, per la prima volta, di misure cautelari personali, cui l'indagato potrebbe sottrarsi, qualora ne venisse preavvertito allo scopo di consentire l'esercizio del suo diritto di difesa prima ancora dell'adozione di detti provvedimenti. Ma quando l'indagato sia già assoggettato ad una misura cautelare, come appunto nel caso disciplinato dall'art. 301 citato che riguarda la rinnovazione del relativo provvedimento, non sussistono ragioni valide per escludere l'esercizio del diritto di difesa mediante l'audizione del difensore da parte del giudice che deve adottare il provvedimento.

 

E ciò indipendentemente dallo stabilire se quello della rinnovazione sia o meno un istituto diverso dalla proroga, nel quale il contraddittorio è invece previsto dal citato art. 305. Se pure la rinnovazione possa dirsi - in base all'interpretazione della giurisprudenza di legittimità - un provvedimento diverso dalla proroga, non solo perchè sussiste questa diversità può negarsi la violazione del diritto di difesa operata dalla norma impugnata; anche con riguardo all'interesse al buon esito del processo, sotteso alla reiterazione della cautela per finalità probatorie (sent. n.147 del 1994), non sussistono infatti ragioni valide a giustificare la detta limitazione, tenuto altresì conto del la possibilità di plurime adozioni del provvedimento di rinnovazione, sino al limite del termine di durata massima della singola misura, come stabilito nell'ultima parte della disposizione impugnata.

 

Le medesime considerazioni valgono in rapporto all'ulteriore richiamo, contenuto nell'ordinanza di rinvio, all'art. 406 del codice di procedura penale; un richiamo, del resto, effettuato più per sottolineare la violazione del diritto di difesa nella norma sottoposta a scrutinio che non per istituire un vero e proprio termine di raffronto, nella consapevolezza, quindi, della disomogeneità dell'istituto della proroga del termine delle indagini preliminari rispetto a quello della rinnovazione di una misura cautelare personale.

 

3.- Resta assorbita la censura formulata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 301, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, ai fini dell'adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale, debba essere previamente sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1994.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 08/06/1994.