Sentenza n. 213 del 1994

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SENTENZA N.213

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, primo comma, secondo periodo, della legge 22 ottobre 1971, n.865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica, norme sulla espropriazione per pubblica utilità, modifiche ed integrazioni alle ll. 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore della edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), promosso con ordinanza emessa il 9 giugno 1993 dal Pretore di Lucera nel procedimento civile vertente tra la Sacard s.r.l. e la S.p.A. Ingg. Carriero e Baldi, iscritta al n. 486 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.37, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

1. Con ricorso depositato in data 22 luglio 1992, la Sacard s.r.l. adiva il Pretore di Lucera chiedendo di essere immediatamente reintegrata nel possesso dei terreni occupati dalla impresa Carriero e Baldi s.p.a. in forza del decreto del Prefetto di Foggia in data 1 febbraio 1990, con il quale era stata autorizzata la occupazione d'urgenza dei terreni stessi per l'esecuzione dei lavori di ampliamento della SS. n. 17 Lucera-Foggia.

 

Secondo la ricorrente, tale decreto si sarebbe dovuto considerare decaduto, ai sensi dell'art. 20 della legge n. 865 del 1975, in quanto non eseguito nel termine di tre mesi dalla sua emanazione.

 

Il Pretore, respinta l'istanza di reintegrazione nel possesso, rinviava la causa per la discussione; quindi, espletata l'istruttoria, con ordinanza del 9 giugno 1993 (R.O.n. 486 del 1993), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, primo comma, secondo periodo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 - che prevede che il decreto d'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare perde efficacia se l'occupazione non segue nel termine di tre mesi dalla sua emanazione, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non estende tale ipotesi di decadenza anche alle occupazioni d'urgenza finalizzate alla realizzazione di opere statali.

 

Osserva, al riguardo, il giudice a quo che, secondo le sezioni unite della Cassazione (sent. n. 12587 del 1991), il disposto del citato art. 20 della legge n. 865 del 1971 non opera rispetto alle occupazioni finalizzate alla esecuzione di opere pubbliche per conto dello Stato, alle quali si applica, invece, la generale disciplina espropriativa di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359.

 

Del resto, si rileva nell'ordinanza di rimessione, l'art.4 della legge n. 247 del 1974 espressamente estende le disposizioni contenute nel titolo II della legge n. 865 del 1971, relative alla determinazione dell'indennità di occupazione, a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte dello Stato, con ciò circoscrivendo in modo preciso l'ambito di applicazione della legge.

 

Ciò premesso, la disciplina applicabile nel caso di specie appare al Pretore censurabile sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento di situazioni identiche o simili, con conseguente lesione del canone costituzionale di uguaglianza.

 

Il termine di tre mesi entro il quale, a norma dell'art.20, primo comma, della legge n. 865 del 1971, deve essere eseguita l'occupazione d'urgenza ha, osserva il Pretore rimettente, funzione acceleratoria in vista di un inizio tempestivo dell'opera pubblica, in conformità alla natura di urgenza del provvedimento, e in favore del privato espropriando, legittimato, in caso di decadenza del decreto, a reagire anche in via possessoria contro un'occupazione tardiva.

 

Invece, nel caso, come quello di specie, di realizzazione di opere pubbliche rientranti nella normativa di cui alla legge n. 2359 del 1865, la pubblica amministrazione, rileva il giudice a quo, è legittimata ad occupare l'immobile espropriando nel più lungo termine di tre anni dall'approvazione del progetto di opere pubbliche, corrispondente al periodo, previsto in via generale dall'art. 1, comma terzo, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, oltre il quale cessano gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e d'urgenza e indifferibilità.

 

Tale diversa disciplina appare al Pretore non razionalmente giustificabile nè con l'asserita specialità della normativa sull'edilizia residenziale pubblica di cui alla legge n. 865 del 1971, avendo questa una portata applicativa vastissima, sì da poter essere definita normativa di carattere generale, nè con il rilievo che la fissazione di un termine di tre anni di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità scongiurerebbe il pericolo di occupazioni eseguibili senza limiti di tempo.

 

Infatti, un arco di tempo di ben tre anni in cui il privato non può che attendere il comportamento della p.a., rappresenta una garanzia insufficiente in sè e discriminatoria rispetto a quella di cui all'art. 20, comma primo, della legge n. 865 del 1971.

 

In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che ai fini della decisione della controversia sottoposta al suo giudizio è "rilevante stabilire entro quale termine l'impresa esecutrice dei lavori avrebbe dovuto occupare il fondo della ricorrente".

 

2. Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione.

 

Sotto il primo profilo, l'autorità intervenuta rileva che, essendo stata nel corso del giudizio possessorio - come risulta dalla stessa ordinanza di rimessione - eccepita dalla resistente la tardività del ricorso in reintegra, il Pretore avrebbe dovuto considerare tale punto pregiudiziale all'adozione della sua decisione. Esso, invece, non risulta delibato dal giudicante, con conseguente preclusione del riscontro sulla rilevanza dell'incidente di costituzionalità.

 

Nel merito, l'Avvocatura osserva che, fermo restando che anche nei casi di inapplicabilità del termine di decadenza stabilito dall'art. 20, primo comma, della legge n. 865 del 1971, esistono comunque limiti temporali alla esecuzione della occupazione, la diversificazione di disciplina censurata dal giudice a quo trova adeguata giustificazione nel diverso rilievo, locale o generale, delle opere pubbliche della cui esecuzione si tratta, nonchè nell'accentramento in capo agli stessi enti locali promotori o, addirittura, competenti in relazione alla dichiarazione di pubblica utilità, delle funzioni amministrative concernenti le occupazioni d'urgenza finalizzate alla realizzazione delle opere pubbliche di loro spettanza. Questo spiegherebbe la scelta del legislatore di disciplinare il potere di occupazione in tali casi, relativi alle realtà locali, con regole più rigorose, a migliore garanzia dei diritti dei privati.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

1. Il Pretore di Lucera dubita della legittimità costituzionale dell'art. 20, comma primo, secondo periodo, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, che prevede che il decreto di occupazione d'urgenza delle aree da espropriare perde efficacia se l'occupazione non segue nel termine di tre mesi dalla sua emanazione - nella parte in cui limita tale ipotesi di decadenza alle occupazioni d'urgenza finalizzate alla realizzazione di opere di ambito regionale, e non la estende anche a quelle di interesse statale.

 

Ad avviso del remittente, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione per la irragionevole disparità di trattamento che determinerebbe rispetto al caso delle occupazioni d'urgenza preordinate alla esecuzione di opere statali, regolate dalla legge 25 giugno 1865, n. 2359, disparità che non sarebbe esclusa dalla applicabilità in entrambi i casi dell'art. 1, terzo comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, che rende obbligatorio l'inizio delle opere nel ben più lungo arco temporale di tre anni dalla approvazione del relativo progetto, a pena della cessazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità.

 

Tale differente disciplina appare al giudice a quo non razionalmente giustificabile sulla base di una presunta specialità della normativa sulla edilizia residenziale pubblica di cui alla legge n. 865 del 1971, avendo ormai il sistema, da questa delineato, portata applicativa vastissima, sì da potersi ritenere che si tratta di normativa di carattere generale.

 

2. Deve preliminarmente essere disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato sotto il profilo di un presunto difetto di motivazione sulla rilevanza dell'incidente di costituzionalità, per non avere il giudice a quo delibato nella ordinanza di rimessione sul punto della eccepita tardività del ricorso in reintegra, che, invece, avrebbe dovuto considerare pregiudiziale, perchè in astratto suscettibile di risultare decisivo per la controversia.

 

Al riguardo, basta rilevare che la Corte ha già affermato che non rientra tra i suoi poteri sindacare l'ordine con il quale il giudice a quo ha ritenuto di affrontare le questioni dedotte in giudizio e dunque di sollevare incidente di legittimità costituzionale prima di valutare altri punti a lui sottoposti (sent. n. 73 del 1991).

 

Nel caso di specie, il pretore di Lucera ha fornito adeguata motivazione in ordine alla rilevanza della questione con riferimento alla necessità, da lui ritenuta, ai fini della soluzione della controversia, di stabilire entro quale termine l'impresa esecutrice dei lavori avrebbe dovuto occupare il fondo. E tanto rende possibile il riscontro di questa Corte in ordine alla sussistenza del requisito della rilevanza.

 

3. Nel merito, la questione non è fondata.

 

Il presupposto interpretativo dal quale muove la ordinanza di rimessione per sospettare la illegittimità costituzionale della norma de qua, e cioé che essa non sia applicabile alle occupazioni d'urgenza finalizzate alla realizzazione di opere statali, non trova riscontro in una adeguata analisi sistematica dell'art. 20 della legge n. 865 del 1971.

 

Questo, contenuto nel titolo II della legge, concernente le norme sull'espropriazione per pubblica utilità, al primo comma, stabilisce che l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare è pronunciata con decreto del prefetto, che perde efficacia ove l'occupazione non segua nel termine di tre mesi dalla sua emanazione.

 

Il secondo comma prevede, poi, che l'occupazione possa essere protratta fino a cinque anni dalla data di immissione in possesso.

 

Il giudice a quo osserva che l'art. 4, primo comma, del d.l. 2 maggio 1974, n. 115, recante "norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale", inserito dalla legge di conversione 27 giugno 1974, n. 247, estende l'applicabilità delle disposizioni contenute nel titolo II della legge n. 865 del 1971, relative alla determinazione dell'indennità di esproprio per opere di interesse regionale, a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere o di interventi da parte dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali.

 

Il tenore letterale di tale norma appare al pretore chiaramente volto ad estendere agli interventi statali le sole disposizioni della legge n.865 del 1971 relative alla determinazione dell'indennità di esproprio, con implicita esclusione di un più ampio intento di unificazione dei distinti procedimenti espropriativi, quello finalizzato alla realizzazione di opere regionali, di cui alla citata legge n.865 del 1971, e quello, di carattere generale, previsto dalla legge n.2359 del 1865 ed applicabile, dopo l'attuazione dell'ordinamento regionale, alle sole opere di competenza statale.

 

Nè il successivo art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n.10, che ha aggiunto un sesto comma all'art. 20 della legge n.865 del 1971, avrebbe modificato la situazione, limitandosi ad estendere il solo secondo comma del predetto art. 20, e non anche il primo, alla generalità delle espropriazioni, ivi comprese quelle concernenti interventi statali.

 

4. La tesi esposta, in ordine alla portata applicativa della norma impugnata, trova fondamento, come ricordato nella ordinanza di rimessione, in una pronuncia resa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione in sede di regolamento di giurisdizione (sent. n. 12587 del 1991). Con essa si escludeva che l'art. 9 della l. n. 865 del 1971, il quale contiene la minuziosa elencazione degli interventi cui la legge si applica, sia nella formulazione originaria, sia in quella risultante dalla sua interpretazione autentica, di cui all'art. 1 ter del d.l. 28 dicembre 1971, n. 1119, aggiunto dalla legge di conversione 25 febbraio 1972, n. 13, generalizzi la disciplina dettata dalla citata legge con estensione anche ai procedimenti espropriativi di competenza ultraregionale, non potendosi intendere in questo senso il riferimento, contenuto nello stesso art. 9, alla realizzazione di "singole opere pubbliche", che sono comunque solo quelle rientranti negli scopi della normativa in esame.

 

Nel negare, conseguentemente, portata generale anche al termine trimestrale di efficacia del decreto prefettizio di occupazione di urgenza di cui all'impugnato art. 20, primo comma, della legge n. 865 del 1971, la Cassazione poneva, appunto, l'accento sulla specialità della normativa di cui alla legge stessa, che ha ad oggetto primario programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica ed è intesa ad attuare particolari interventi urbanistici, e sulla conseguente diversità di situazioni rispetto a quelle delle ordinarie espropriazioni.

 

Con la predetta sentenza, si avvertiva, altresì, che, anche nei casi in cui non opera il termine di efficacia del decreto d'occupazione in esame, sarebbe comunque escluso il pericolo di occupazioni senza limite di tempo, trovando applicazione l'art. 13 della legge n. 2359 del 1865, che prevede che nell'atto che dichiara un'opera di pubblica utilità debbono essere stabiliti i termini d'inizio delle espropriazioni e dei lavori, e che con l'inutile decorso di tali termini la dichiarazione diviene inefficace, e così, per il venir meno del suo presupposto, diviene illegittima l'occupazione d'urgenza.

 

5. A conclusioni diverse, in ordine al problema dell'applicabilità dell'art. 20, primo comma, della legge n. 865 del 1991 relativamente ad opere pubbliche di ambito statale, è pervenuta la Cassazione con una recente pronuncia (SS.UU., 3 marzo 1994, n. 2081), attraverso un iter argomentativo che questa Corte ritiene di condividere.

 

Con una premessa, del resto posta in luce nella stessa sentenza: a seguito dell'art. 4, primo comma, già citato, del d.l. n. 115 del 1974, introdotto dalla relativa legge di conversione n. 247 del 1974, che aveva espressamente stabilito l'applicabilità delle disposizioni della legge n. 865 del 1971 relative alla determinazione dell'indennità a tutte le espropriazioni, comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e di altri enti pubblici, si era determinato un regime in base al quale, per le opere d'ambito ultraregionale, ferme le regole procedimentali delle espropriazioni previste dalla legge del 1865, si rendevano applicabili i criteri indennitari della legge del 1971. La successiva dichiarazione d'illegittimità costituzionale, con riguardo ai suoli edificatori, dei criteri di determinazione delle indennità stabiliti dalla legge del 1971 (sentt. nn. 5 del 1980 e 223 del 1983), ha fatto, poi, riemergere - fino a quando la materia non è stata specificamente regolata - quelli fissati dalla legge n. 2359 del 1865, con la conseguenza che alle espropriazioni di interesse statale si sono applicati schema procedimentale e regole indennitarie derivanti dalla predetta legge del 1865, a quelle di interesse regionale le norme procedimentali della legge del 1971 e i criteri indennitari attinti a quella del 1865.

 

In tale quadro, la recente pronuncia delle sezioni unite della Cassazione sottolinea l'interconnessione tra i primi due commi dell'art. 20 della l. n. 865, che stabiliscono, nell'ordine, che il decreto che dispone l'occupazione d'urgenza delle aree da espropriare perde efficacia ove l'occupazione non segua nel termine di tre mesi dalla sua emanazione, e che essa può essere prorogata fino a cinque anni dall'immissione nel possesso.

 

La ratio delle due proposizioni, in cui, come avverte la Cassazione, "si articolano gli inscindibili momenti di un precetto necessariamente unitario sul piano logico-giuridico, è quella di impedire che la protrazione del periodo ed il suo inizio dalla immissione in possesso possano tradur si in una indefinita compressione, senza ragionevoli limiti temporali alla efficacia di esso, del diritto di proprietà e delle facoltà di godimento che vi ineriscono....".

 

Il provvedimento di occupazione consente l'apprensione di beni altrui, costituendo una limitazione grave alla proprietà; legittimando l'occupante ad usare della cosa per la realizzazione dell'opera, gli conferisce un diritto di carattere reale con effetto immediato. Il termine della durata di esso, come segna la cessazione della compressione del diritto di proprietà, così realizza una finalità unitaria che, nella recente interpretazione sistematica della Cassazione, razionalmente accomuna il regime delle opere di competenza statale e locale.

 

Dalla considerazione unitaria dell'anzidetta finalità dei primi due commi dell'art. 20 in esame, discende che il già citato art. 14 della legge n. 10 del 1977, che aggiunge un sesto comma allo stesso art. 20, stabilendo che il disposto del secondo comma di esso "deve intendersi applicabile anche alle occupazioni preordinate alla realizzazione delle opere e degli interventi previsti dall'art. 4 del d.l. 2 maggio 1974, n.115, convertito, con modificazioni, nella legge 27 giugno 1974, n.247", intende, in effetti, estendere anche la regola di cui all'art. 20, primo comma, alla realizzazione di opere di competenza statale.

 

Alla luce delle esposte considerazioni, deve escludersi quella diversità di disciplina tra le due ipotesi di occupazione d'urgenza, che ha dato luogo ai prospettati dubbi di legittimità costituzionale.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, primo comma, secondo periodo, della l. 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica;norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle ll. 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n.167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore della edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Lucera con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 1994.

 

Gabriele PESCATORE, Presidente

 

Gabriele PESCATORE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 02/06/1994.