Sentenza n.178 del 1994

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SENTENZA N. 178

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 78, primo comma, e 68, terzo comma, lett. f), della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), promosso con ordinanza emessa il 17 giugno 1992 dal pretore di Trieste nel procedimento penale a carico di Gojca Roberto, iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

 

udito nell'udienza pubblica del 30 novembre 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

 

udito l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso di un procedimento penale a carico di Gojca Roberto, imputato del reato previsto e punito dall'art. 20, lett. c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per aver fatto installare nell'aerea di pertinenza del proprio edificio un serbatoio di gas di petrolio liquefatto su piattaforma in cemento e relativa recinzione, in assenza di concessione edilizia, in zona sottoposta al vincolo paesaggistico di cui alla legge n. 1497 del 1939, il pretore di Trieste, con ordinanza del 17 giugno 1992 (R.O. n. 536 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt.78, primo comma, e 68, terzo comma, lett. f) della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica).

 

Il giudice a quo osserva che, a norma dell'art. 7 della legge statale n.94 del 1982, per le opere costituenti impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti è necessaria la concessione edilizia, quando le opere sono eseguite in zone sottoposte ai vincoli paesaggistici, ambientali e architettonici di cui alle leggi n. 1089 e n. 1497 del 1939, mentre è sufficiente l'autorizzazione negli altri casi.

 

Per contro la legge regionale de qua, per effetto del combinato disposto delle norme impugnate, prevede sempre il rilascio della mera autorizzazione con la conseguente possibilità di rilascio di autorizzazione in sanatoria. Essa ha così l'effetto di rendere lecita un'attività che la normativa statale considera invece illecita e passibile di sanzione penale.

 

Risulterebbero quindi violati l'art. 3 della Costituzione, sussistendo disparità di trattamento tra chi pone in essere la medesima condotta nel Friuli-Venezia Giulia o in altre regioni, l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, a causa della illegittima interferenza della regione nella potestà punitiva penale, esclusiva dello Stato, e gli artt.116 della Costituzione e 4 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), in quanto la stessa regione, pur nell'esercizio della potestà legislativa, è tenuta ad armonizzarsi con le norme fondamentali di riforma economico-sociale e con i principi fondamentali in essa stabiliti.

 

2. É intervenuto nel giudizio il presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.

 

Nell'atto di intervento si osserva che il contrasto rilevato dal pretore tra la normativa regionale e quella statale in realtà non esisterebbe, in quanto nè l'art. 48 della legge n. 457 del 1978, nè l'art. 7 del d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, come convertito nella legge n.94 del 1982, subordinerebbero le opere considerate alla concessione edilizia.

 

Considerato in diritto

 

1. Gli artt. 78, primo comma, e 68, terzo comma, lett. f), della legge regionale del Friuli- Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica) sono impugnati nella parte in cui subordinano la realizzazione di impianti tecnologici, destinati al servizio di edifici già esistenti in zona sottoposta a vincolo paesistico, al rilascio di semplice autorizzazione. Tale previsione si porrebbe in contrasto con la normativa statale, che prevederebbe, invece, la concessione edilizia, la cui mancanza comporta sanzioni penali.

 

Risulterebbero quindi violati l'art. 3 della Costituzione, sussistendo disparità di trattamento tra chi pone in essere la medesima condotta nel Friuli-Venezia Giulia o in altre regioni, l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, a causa della illegittima interferenza della regione nella potestà punitiva penale, esclusiva dello Stato, e gli artt. 116 della Costituzione e 4 dello statuto regionale del Friuli-Venezia Giulia, in quanto la stessa regione, pur nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva, è tenuta ad armonizzarsi con le norme fondamentali di riforma economico-sociale e con i principi fondamentali in essa stabiliti.

 

2. La questione non è fondata.

 

Come la Corte ha già avuto modo di rilevare, nella sentenza n. 100 del 1994, in occasione della verifica di conformità alla Costituzione della stessa legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 52 del 1991 nella parte in cui richiede la sola autorizzazione, in luogo della concessione, per le pertinenze di edifici esistenti e l'occupazione del suolo mediante deposito di materiale o esposizione di merci a cielo libero, anche nella fattispecie all'odierno esame il presupposto interpretativo da cui muove il giudice remittente - secondo il quale la normativa statale sottoporrebbe a concessione edilizia, e non a semplice autorizzazione, le opere costituenti impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti, se eseguite in zone sottoposte ai vincoli previsti dalle leggi nn. 1089 e 1497 del 1939 - non trova riscontro in un'adeguata analisi della normativa considerata.

 

L'art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982 stabilisce, al primo comma, che sono soggetti ad autorizzazione, secondo la disciplina di cui all'art. 48 della legge n. 457 del 1978, i lavori di recupero abitativo di edifici preesistenti di cui alle lettere b) e c) dell'art. 31 della citata legge, quali gli interventi di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo, che consentono, tra l'altro, la realizzazione o la integrazione dei servizi igienico-sanitari e tecnologici e l'inserimento di elementi accessori ed impianti.

 

L'applicazione della disciplina di cui all'art. 48 della legge n. 457 del 1978 comporta anche, per le opere sopraindicate, che la relativa domanda di autorizzazione si intende accolta se il sindaco non si pronuncia nel termine di novanta giorni, mentre nel caso in cui i medesimi interventi riguardino edifici sottoposti ai vincoli previsti dalle leggi n. 1089 del 1939 e n. 1497 del 1939, non trova applicazione l'istituto del silenzio-assenso, ed è, pertanto, necessaria l'adozione di un esplicito provvedimento autorizzatorio.

 

Il secondo comma dell'art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982 include, tra gli interventi soggetti ad autorizzazione gratuita: alla lett. a) le opere costituenti pertinenze o - per la parte che in questa sede rileva - gli impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti; alla lett.b) le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero; alla lett. c) le opere di demolizione, reinterri e scavi che non riguardino la coltivazione di cave e torbiere.

 

La natura intrinseca di tali interventi, la loro limitata rilevanza sul piano urbanistico ed edilizio, li rendono, infatti, equiparabili a quelli indicati al primo comma.

 

L'art. 7, secondo comma, citato enuncia il presupposto della conformità delle opere agli strumenti urbanistici, conformità che deve, del resto, sussistere anche per l'adozione di un provvedimento concessorio: per le opere che insistono in aree sottoposte a vincoli paesistici o di interesse storico rimane, inoltre, fermo il principio dell'esclusione del silenzio-assenso, così come prevede, mediante il rinvio all'art. 48 della legge n. 457 del 1978, il primo comma della stessa disposizione per lavori non meno rilevanti.

 

Ed infatti, come questa Corte ha affermato nella citata sentenza n. 100 del 1994, la necessità di autorizzazione, comune a tutte le opere che hanno identiche caratteristiche edilizie o urbanistiche, è correlata alla qualificazione oggettiva dell'intervento, senza che possa mutare il tipo di provvedimento richiesto (da autorizzatorio in concessorio) allorchè si sia in presenza di vincoli particolari. La esigenza di garantire la valutazione degli interessi protetti da tali vincoli risulta soddisfatta dalla previsione di un esplicito provvedimento di autorizzazione edilizia per l'esecuzione dei lavori. Rimangono comunque salvi, come pure rilevato nella ricordata sentenza, gli strumenti di protezione e le sanzioni che il legislatore prevede in modo specifico per la tutela degli interessi, paesaggistici e ambientali, eventualmente coinvolti.

 

Alla luce delle esposte considerazioni, deve escludersi che le impugnate norme della legge regionale del Friuli- Venezia Giulia, nel disporre che la realizzazione di nuovi impianti tecnologici sia soggetta a semplice autorizzazione, si pongano in contrasto con la disciplina prevista dalla normativa statale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 78, primo comma, e 68, terzo comma, lett. f) della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 116 della Costituzione e 4 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), dal pretore di Trieste con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/05/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Gabriele PESCATORE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 16/05/94.