Sentenza n. 162 del 1994

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SENTENZA N. 162

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) e dell'art. 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 1° giugno 1993 dalla Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale, sul ricorso proposto da Ranaglia Elvira, iscritta al n. 631 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 1994 il Giudice relatore Massimo Vari.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 1° giugno 1993, la Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt.3, 29 e 31 della Costituzione, dell'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n.313, e dell'art. 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, nella parte in cui dispongono che il trattamento di riversibilità in materia pensionistica di guerra spetta alla vedova "purchè il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorchè postuma".

 

Il giudizio a quo è stato promosso da Ranaglia Elvira avverso il decreto con il quale il Ministro del tesoro, non avendo riscontrato la sussistenza delle predette condizioni, le ha negato il tratta mento di riversibilità, quale vedova di Moghilin Nicolaj, già in godimento di pensione di guerra di settima categoria.

 

Premette l'ordinanza che la Corte costituzionale, con la sentenza n.450 del 1991, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 44 della legge 18 marzo 1968, n. 313, e dell'art. 40 del d.P.R.23 dicembre 1978, n. 915, che subordinavano il riconoscimento della pensione di guerra indiretta, in favore della vedova, alla condizione della durata del matrimonio non inferiore all'anno ovvero della nascita di prole ancorchè postuma.

 

Alla stregua delle motivazioni contenute nella sentenza richiamata (come pure nelle sentenze nn. 123 del 1990 e 189 del 1991), il remittente ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme indicate, in riferimento agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione.

 

Considerato in diritto

 

1.- La Corte è chiamata a decidere se l'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, e l'art.51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, contrastino con gli articoli 3, 29 e 31 della Costituzione, nella parte in cui dispongono che -quando il militare o il civile mutilato od invalido di guerra per una infermità ascrivibile dalla seconda alla ottava categoria della tabella A annessa alla legge venga a morire per cause diverse da quelle che hanno determinato l'invalidità- il trattamento di riversibilità spetta alla vedova, "purchè il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorchè postuma".

 

2.- La questione è fondata.

 

Come rammenta l'ordinanza di rimessione, la Corte ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.44, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, e dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n.915, nella parte in cui non consentivano al coniuge superstite di fruire della pensione di guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente alla data in cui erano state contratte le ferite o le malattie dalle quali era derivata la morte del militare o del civile, fosse durato, senza nascita di prole ancorchè postuma, meno di un anno (sentenza n. 450 del 1991). A fondamento di tale pronunzia fu addotto che, nella sfera personale di chi siasi risolto al matrimonio, non può e non deve sfavorevolmente incidere alcunchè di estraneo, al di fuori di quelle sole regole, anche limitative, proprie dell'istituto: il relativo vincolo, cui tra l'altro si riconnettono valori costituzionalmente protetti, è e deve rimanere frutto di una libera scelta autoresponsabile, attenendo ai diritti essenziali della persona umana ed alle sue fondamentali istanze. Tale scelta si sottrae, dunque, ad ogni forma di condizionamento indiretto ancorchè eventualmente imposto, in origine, dall'ordinamento.

 

Va ricordato, altresì, che, per le stesse ragioni, sia prima che dopo la richiamata sentenza, sono state espunte dall'ordinamento altre norme pensionistiche che, sotto il profilo dell'esigenza di una durata minima del matrimonio, ponevano limitazioni all'acquisizione del diritto a pensione da parte della vedova, sia nella regolamentazione dell'area dell'impiego pubblico che in quella del settore privato (sentenze nn. 123 del 1990, 189 del 1991 e 1 del 1992).

 

3.- Tanto premesso, osserva la Corte come nel medesimo ordine di considerazioni rientri anche la questione proposta dal giudice a quo, il cui accoglimento, con conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme denunciate, consente, tra l'altro, di ricondurre ad omogeneità di disciplina, nell'ambito della pensionistica di guerra, le fattispecie considerate nelle norme qui impugnate, rispetto a quelle oggetto della già ricordata sentenza n. 450 del 1991.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 59, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) e dell'art. 51, primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), limitatamente alle parole "purchè il matrimonio sia durato non meno di un anno ovvero sia nata prole ancorchè postuma".

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/04/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Massimo VARI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 28/04/94.