Ordinanza n. 83 del 1994

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ORDINANZA N. 83

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art.28, secondo comma, seconda parte, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 novembre 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Torino nel procedimento penale a carico di Sicurella Pietro, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.28, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al giudice per le indagini preliminari di sollevare conflitto di competenza dinanzi alla Corte di cassazione in caso di contrasto con il giudice del dibattimento;

che ad avviso del giudice remittente la norma impugnata determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento in situazioni sostanzialmente analoghe, e, in particolare, risulterebbe inadeguata rispetto al fine di pervenire ad una più sollecita definizione dei processi, nonchè irragionevole perchè gli eventuali contrasti tra giudici dello stesso ufficio non possono ritenersi di così secondaria importanza da giustificare una disciplina diversa da quella prevista nel caso di giudici appartenenti ad uffici giudiziari diversi;

che un ulteriore profilo di illogicità viene indicato nelle difficoltà interpretative cui la norma darebbe luogo nel caso in cui il giudice delle indagini preliminari, tenuto a rinnovare l'atto dichiarato nullo dal giudice del dibattimento, non sappia quali determinazioni assumere, in mancanza di specifiche indicazioni da parte di quest'ultimo;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione sulla base delle ordinanze n. 13 del 1992 e n. 241 del 1991 di questa Corte.

Considerato che questa Corte ha già avuto più volte occasione di esaminare, non solo sotto il profilo dell'art.3 della Costituzione, ma anche in riferimento al principio espresso dall'art. 101 della Costituzione, la norma impugnata, e di rilevare che il principio dell'indipendenza dei giudici comporta, nel sistema processuale, la previsione di disposizioni preordinate al coordinamento dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, mediante l'individuazione della competenza e la determinazione degli effetti degli atti processuali, anche in relazione all'attività di altra autorità giudiziaria, allo scopo di perseguire finalità di giustizia e, come nel caso della norma in esame, di pervenire alla sollecita definizione del processo (cfr. ord. n. 241 del 1991);

che detto rilievo non solo vale ad escludere che la norma limiti l'esercizio della funzione giurisdizionale oltre il termine della stretta soggezione del giudice alla legge, ma a riconoscerne anche la ragionevolezza in quanto, in uno sviluppo logico delle diverse fasi processuali, non pone alcuna discriminazione tra funzioni giurisdizionali distinte (cfr. ord.n. 13 del 1992), ma si limita, coerentemente, a stabilire, in caso di contrasto, la prevalenza della decisione del giudice della fase dibattimentale su quella, antecedente, del giudice dell'udienza preliminare;

che, inoltre, la disciplina processuale sui conflitti mira - come reso esplicito dalla stessa Relazione ministeriale - a regolare la sfera della giurisdizione e della competenza e non anche i dissensi tra gli uffici in ordine a situazioni diverse; casi in cui l'interesse ad una sollecita definizione del processo è stato ritenuto preminente sull'interesse del giudice a non essere vincolato dalla statuizione di un altro giudice, almeno nel caso in cui quest'ultimo sia quello dibattimentale;

che, alla luce di dette considerazioni, nell'ordinanza di rimessione non si rinvengono rilievi idonei a pervenire a conclusioni diverse da quelle già espresse nelle ordinanze nn.13, 69 e 71 del 1992 e 254 del 1991, anche sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, sicchè la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art.3 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Torino, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/02/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/03/94.