Sentenza n. 68 del 1994

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SENTENZA N. 68

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, quarto comma, R.D. 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1992 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Savone Ornella contro il Comune di Desenzano del Garda, iscritta al n. 388, del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1994 il Giudice relatore Renato Granata;

 

 

 

Ritenuto in fatto

1. Nel corso del giudizio di impugnazione promosso da Savone Ornella - la quale, essendo rimasta soccombente in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi in relazione ad un'espropriazione forzata mobiliare per la riscossione di entrate patrimoniali intrapresa dal Comune di Desenzano del Garda, lamentava (tra l'altro) che non le era stata rivolta la intimazione a pagare entro il termine di dieci giorni dal pignoramento pena la vendita (pignoramento eseguito su beni della debitrice in possesso di un terzo, che, non essendo egli rappresentante della debitrice, nè avendo quest'ultima domicilio in altro comune, non aveva ricevuto copia dell'atto di pignoramento stesso, rimessa invece al sindaco, secondo quanto prescritto dall'art. 6 r.d. 14 aprile 1910 n.639) - la Corte di cassazione, investita del ricorso, ha sollevato (con ordinanza del 10 luglio 1992) questione incidentale di legittimità costituzionale (per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.) dell'art. 6, comma 4, r.d. n. 639/10 cit., nella parte in cui dispone che l'atto di pignoramento per la riscossione di entrate patrimoniali, eseguito su beni mobili, anzichè essere notificato al debitore, è in copia rimesso, per conto del debitore, al sindaco del comune in cui è stato compiuto, nel caso in cui la copia non possa esser consegnata al debitore o a un suo rappresentante e il debitore non abbia domicilio in quel comune.

 

Premette la Corte rimettente che l'art. 10, comma 1, r.d. n. 639/10 cit. dispone che "scorsi dieci giorni dal pignoramento di cui all'art. 6, senza che sia soddisfatto il debito, l'ente creditore procede alla vendita degli oggetti pignorati al pubblico incanto, che si apre sul prezzo di stima"; norma questa che tutela l'interesse del debitore a non subire l'espropriazione dei beni, impedendo che l'esecuzione forzata prosegua prima che sia trascorso un ulteriore termine, decorrente dal pignoramento, assegnato al debitore per adempiere.

 

Per rendere effettiva tale tutela il precedente art. 6 da una parte prescrive che l'atto di pignoramento contenga l'intimazione al debitore che, trascorso il termine stabilito dall'art. 10, si procederà alla vendita degli oggetti pignorati al pubblico incanto; dall'altra parte disciplina il modo della comunicazione dell'atto di pignoramento al debitore in termini che però non sono pienamente rispettosi del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.). Ed infatti - osserva ancora la Corte rimettente - la previsione per cui la copia dell'atto debba essere rimessa, per conto del debitore, al sindaco del comune in cui è stato eseguito il pignoramento, configura una forma di partecipazione inidonea a realizzare la conoscenza dell'atto, che si vorrebbe rendere conoscibile, e tale da non consentire al debitore di avvalersi della tutela accordatagli.

 

La questione è rilevante - precisa infine la Corte rimettente - perchè la mancata notifica del verbale di pignoramento rappresenterebbe un vizio del pignoramento stesso e non soltanto degli atti successivi.

 

2. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata. Pregiudizialmente ha eccepito il difetto di rilevanza della questione nel giudizio a quo perchè in questo l'interessata, con il ricorso per cassazione, aveva lamentato soltanto che non le era stata rivolta la intimazione a pagare entro il termine di dieci giorni dal pignoramento, pena la vendita; pertanto la Corte avrebbe dovuto solo verificare se l'intimazione al debitore era stata ritualmente inclusa nel contenuto dell'atto di pignoramento - secondo quanto previsto nell'art. 6, comma 1, R.D. 639/10 - e sulla base di questa circostanza procedurale accogliere o rigettare il motivo di ricorso. Nel merito l'Avvocatura ha sostenuto l'infondatezza delle censure di costituzionalità perchè innanzi tutto la disposizione in esame può ritenersi integrata dall'art. 63 dei regolamenti 10 luglio 1902 n.296 e 15 settembre 1923 n. 2090 secondo cui "se il Sindaco conosce in quale Comune abbia residenza, o domicilio o dimora, il contribuente, gli trasmette l'atto di pignoramento per mezzo del Sindaco locale". Inoltre - ha ulteriormente osservato l'Avvocatura - il sistema è comunque sufficientemente garantistico perchè pone una serie di alternative piuttosto ampie prima di arrivare all'ultima costituita dalla rimessione del verbale al sindaco.

Considerato in diritto

 l. É stata sollevata questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - dell'art. 6, comma 4, R.D. 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) nella parte in cui dispone che l'atto di pignoramento per la riscossione di entrate patrimoniali eseguito su beni mobili debba, anzichè essere notificato al debitore, essere in copia rimesso, per conto del debitore, al sindaco del comune in cui è stato compiuto ove la copia non possa esser consegnata al debitore o a un suo rappresentante e il debitore non abbia domicilio in quel comune, per sospetta violazione:

 

a) del diritto di difesa in quanto delinea una forma di partecipazione inidonea a realizzare la conoscenza dell'atto, che si vorrebbe rendere conoscibile, e tale da non consentire al debitore di avvalersi della tutela accordatagli;

 

b) del principio di eguaglianza per ingiustificata disparità di trattamento rispetto all'esecuzione esattoriale che, come forma di comunicazione al debitore esecutato, prevede la notifica del verbale di pignoramento.

 

2. Va preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura di Stato, secondo cui la questione sarebbe irrilevante nel giudizio a quo avendo la parte ricorrente censurato la sentenza impugnata soltanto sotto il profilo che non le era stata rivolta la intimazione a pagare entro il termine di dieci giorni dal pignoramento e non già perchè non le era stato notificato l'atto di pignoramento.

 

Ed infatti il giudice a quo - dopo aver premesso che la ricorrente aveva lamentato che non le era stata rivolta l'intimazione a pagare - ha chiaramente mostrato di intendere, come risulta dal prosieguo della motivazione, che tale motivo di ricorso fosse rivolto a denunziare il fatto che l'intimazione non era stata portata a conoscenza della ricorrente medesima in modo idoneo. Questa ricostruzione del thema decidendum - che implica la ricognizione della effettiva portata dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione - è rimessa allo stesso giudice rimettente non risultando manifestamente implausibile, e, avendo tale giudice puntualmente motivata la ritenuta rilevanza della questione di costituzionalità, non può questa Corte contrapporre una diversa interpretazione del ricorso per cassazione che ne restringa i motivi in un ambito più limitato.

 

3. Nel merito la questione è fondata.

 

Va premesso che nel suo complesso l'ordinamento positivo prevede forme di effettiva conoscenza del verbale di pignoramento sia per l'espropriazione comune, sia per l'esecuzione esattoriale, sia per la stessa esecuzione per le entrate patrimoniali dello Stato quando avente ad oggetto beni immobili.

 

In generale per l'espropriazione mobiliare è previsto, da una parte, che l'ufficiale giudiziario, ove non possa rivolgere l'ingiunzione alle persone indicate nell'art. 139, comma 2, c.p.c. affigge un avviso alla porta dell'immobile in cui ha eseguito il pignoramento (art. 518, comma 3, c.p.c.);e, dall'altra, che al debitore esecutato è comunicato il decreto di fissazione dell'udienza per la vendita o l'assegnazione del bene pignorato (art. 530 c.p.c.).

 

Analogamente nell'esecuzione immobiliare è previsto che il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore (art. 555 c.p.c.) e che da parte del giudice dell'esecuzione è fissata l'udienza per l'audizione delle parti affinchè possa disporsi la vendita dell'immobile pignorato (art. 569 c.p.c.).

 

In materia di riscossione delle imposte dirette - mentre originariamente l'art. 34 r.d. 17 ottobre 1922 n.1401 prevedeva, all'ultimo comma, una disposizione analoga a quella censurata - invece la successiva disciplina posta dal t.u. 29 gennaio 1958 n.645 (all'art. 222) ha introdotto la prescrizione della notifica del verbale di pignoramento al debitore, salvo che al pignoramento non assista un rappresentante del debitore stesso, nel qual caso è sufficiente la consegna della copia del verbale a quest'ultimo.

 

Successivamente il d.P.R. 29 settembre 1973 n.602 (all'art. 45) ha espressamente resa applicabile l'ordinaria disciplina delle notificazioni previste dal codice di rito in tema di procedimento di espropriazione forzata.

 

Lo stesso r.d. n.636/10 (all'art. 17) già prevede, limitatamente alla sola esecuzione immobiliare, la notifica al debitore della immissione in possesso del consegnatario.

 

Da questo quadro complessivo emerge un principio generale che esige che al debitore esecutato sia notificato o comunicato il vincolo apposto con l'atto di pignoramento;principio dal quale si discosta la norma censurata per il fatto di prevedere - ove nè il debitore (non domiciliato nel comune dove si procede), nè un suo rappresentante, sia presente al pignoramento - che copia dell'atto di pignoramento sia meramente rimessa al sindaco, realizzandosi così una comunicazione ficta, di per sè inidonea a portare l'atto a conoscenza del debitore.

 

4. Per altro verso questa Corte ha costantemente affermato che fa parte integrante del diritto di difesa < < porre i soggetti, interessati ad impugnare determinati atti, in grado di avere tempestiva conoscenza di tali atti>> (sent.n.223/93). E se è vero che la esigenza di tale conoscenza può ritenersi soddisfatta dall'ingresso dell'atto nella sfera di disponibilità del destinatario (ord. n.75/89), è vero anche che nella specie non si ha neppure questa mera conoscibilità perchè l'atto è solo rimesso al sindaco, senza che il debitore esecutato ne abbia o ne possa, in concreto, avere notizia.

 

Nè le esigenze di snellezza e semplificazione della procedura di riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato potrebbero esonerare del tutto dalla necessità di portare l'atto di pignoramento a conoscenza del debitore esecutato per aver egli già ricevuto la notifica dell'ingiunzione. Uno scostamento della disciplina speciale rispetto a quella ordinaria non si giustifica proprio con riferimento all'atto di pignoramento giacchè il combinato di sposto degli artt. 6 e 10 r.d. n.639/10 assegna a quest'ultimo un effetto ulteriore, che è quello del decorso del termine di dieci giorni affinchè l'ente creditore possa direttamente procedere alla vendita all'incanto dei beni pignorati, senza il diaframma - che nel quadro normativo generale sopra ricordato rappresenta un'ulteriore garanzia per il debitore esecutato - dell'udienza per l'audizione delle parti. L'omessa conoscenza dell'avvenuto pignoramento comporta quindi per il debitore esecutato - in quanto lo espone direttamente al rischio della vendita al pubblico incanto - una grave limitazione del diritto di difesa (estrinsecantesi nella fattispecie in diritto di proporre opposizione all'esecuzione) la quale ridonda in vulnerazione dell'art. 24 Cost., oltre che in violazione del principio di eguaglianza non essendo la specialità della procedura esecutiva in questione sufficiente a giustificare una così rilevante limitazione che il creditore esecutato non soffre, in generale, nelle altre procedure e, in particolare, nella procedura di esecuzione esattoriale. Non senza ulteriormente considerare che il rischio sopra prospettato sarebbe ancor più grave ove si consolidasse quell'orientamento della Corte di cassazione (sent. n. 6489 del 1992) che esclude che la mancanza dell'intimazione prevista dalla norma censurata vizi lo stesso pignoramento.

 

Del resto, la inadeguatezza della mera rimessione dell'atto di pignoramento al sindaco (inadeguatezza non emendabile - al contrario di quanto ritiene l'Avvocatura di Stato - con il riferimento agli artt. 63 r.d. 10 luglio 1902 n.296 e 63 r.d. 15 settembre 1923 n.2090 che riguardano la procedura di riscossione delle imposte dirette) è stata percepita dallo stesso legislatore che - come già ricordato - nel riformare la regolamentazione dell'esecuzione esattoriale (che originariamente prevedeva un'analoga disciplina: v. art.34 r.d. n.1401/22 cit.) ha introdotto la notifica del verbale di pignoramento (artt. 222 t.u. n. 645/58 cit.).

 

La disposizione censurata va quindi dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che - ove non sia stata possibile la consegna del verbale di pignoramento al debitore o ad un suo rappresentante ed il primo non abbia domicilio nel comune - la copia si rimette, per conto del debitore, al sindaco, invece che la copia si notifichi al debitore.

 

Per l'ipotesi in cui il debitore abbia domicilio nel comune in cui si procede non si pone un problema di incostituzionalità conseguenziale della disposizione perchè la prevista remissione dell'atto al domicilio del debitore non può - dopo l'intervenuta reductio ad legittimitatem della norma per la parallela ipotesi del debitore che non abbia il suo domicilio nel comune - leggersi altrimenti che come vera e propria notifica.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 4, R.D. 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) nella parte in cui prevede la rimessione di copia dell'atto di pignoramento, per conto del debitore, al sindaco, anzichè la notifica di copia dell'atto di pignoramento al debitore.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/94.

Francesco Paolo CASAVOLA , Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 03/03/94.