Ordinanza n. 46 del 1994

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ORDINANZA N. 46

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 344, primo comma, ultima parte, e 409 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 24 giugno 1993 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno nel procedimento penale a carico di Dino Bargi, iscritta al n. 603 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli.

Ritenuto che, a seguito di dichiarazioni rese da un imputato nelle quali si riferivano all'autorità giudiziaria fatti costituenti illecito penale a carico del senatore Dino Bargi, il pubblico ministero presso il Tribunale di Salerno ipotizzava, a carico dello stesso parlamentare, i reati di cui agli artt. 110, 81, 319 e 416 bis;

che, successivamente, il pubblico ministero chiedeva al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno di disporre l'archiviazione del procedimento nei confronti del Bargi affermando che le indagini svolte non avevano corroborato le ipotesi di reato;

che la richiesta di archiviazione veniva formulata dopo il decorso del termine di trenta giorni per la richiesta di autorizzazione a procedere previsto dal primo comma dell'art.344 del codice di procedura penale;

che il giudice per le indagini preliminari - ritenendo di non dovere accogliere la richiesta di archiviazione e interpretando il termine ex art. 344 del codice di rito come perentorio e, pertanto, preclusivo di ogni successiva richiesta di autorizzazione - con ordinanza del 24 giugno 1993, ha sollevato d'ufficio, in relazione agli artt. 3 e 112 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 344, primo comma, ultima parte, del codice di procedura penale "nella parte in cui prevede un termine perentorio per l'inoltro della richiesta di autorizzazione a procedere e comunque ..

autonomamente.. nella parte in cui prevede un termine non congruo per l'inoltro della detta richiesta";

che, con la stessa ordinanza, il giudice remittente ha sollevato altresì - sempre in relazione agli artt. 3 e 112 della Costituzione - la questione di costituzionalità dell'art. 409 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la possibilità che il giudice per le indagini preliminari, in procedimenti relativi a parlamentari, possa imporre al pubblico ministero di chiedere l'autorizzazione a procedere o possa surrogarsi a lui nell'iniziativa della richiesta di autorizzazione a procedere ove ravvisi la necessità di nuove indagini o di formulazione dell'imputazione.

Considerato che nelle more del giudizio di costituzionalità è entrata in vigore la legge costituzionale 25 ottobre 1993, n. 3, che, nel modificare l'art. 68, secondo comma, della Costituzione, ha soppresso l'autorizzazione della Camera di appartenenza nei confronti del parlamentare da sottoporre a procedimento penale, conservando l'istituto soltanto in relazione all'arresto, alla perquisizione personale o domiciliare ed a qualsiasi altra forma di privazione della libertà personale;

che, per effetto di tale nuova normativa, non è più operante per i parlamentari sottoposti a procedimento penale la disciplina di cui all'art. 344, primo comma, del codice di procedura penale nè sussistono più ostacoli all'adozione da parte del giudice per le indagini preliminari, in procedimenti relativi a parlamentari, dei provvedimenti previsti dai commi quarto e quinto dell'art. 409 del codice di rito e cioé delle ordinanze che dispongono lo svolgimento di ulteriori indagini e la formulazione dell'imputazione ad opera del pubblico ministero;

che, pertanto, si rende necessario il riesame da parte del giudice remittente della rilevanza della questione sollevata, riesame che comporta la restituzione allo stesso giudice degli atti del procedimento.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

ordina la restituzione degli atti al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/02/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 17/02/94.