Ordinanza n. 505 del 1993

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ORDINANZA N. 505

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto-legge 19 luglio 1993, n. 239 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi), promosso con ricorso della Regione Calabria, notificato il 4 agosto 1993, depositato in cancelleria il 6 successivo ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 1993.

Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 1993 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

Ritenuto che la Regione Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti del decreto-legge 19 luglio 1993, n. 239 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi), deducendo la violazione degli artt. 117, 118, 122, 123 e 77, ultimo comma, della Costituzione;

che, ancorchè formulate nei confronti dell'intero decreto- legge, le censure della Regione Calabria concernono, in particolare, le disposizioni di cui agli artt. 3, 4, secondo comma, 6 e 8 del decreto-legge n. 239 del 1993, ma solo per la eventualità che l'art. 9, primo comma, dello stesso decreto- legge - il quale stabilisce che le disposizioni di quest'ultimo atto si applicano nei confronti delle regioni a statuto ordinario fino a quando queste ultime non avranno adeguato i loro ordinamenti ai principi generali ivi contenuti - sia ritenuto tale da determinare l'abrogazione della normativa regionale vigente (nel caso: della legge della Regione Calabria 5 agosto 1992, n. 13, che ha adeguato la legislazione regionale ai principi dell'art. 97 della Costituzione e a quelli affermati nella sentenza n. 208 del 1992 di questa Corte);

che, infatti, ove l'interpretazione dell'art. 9, primo comma, del decreto-legge impugnato, fosse quella paventata dalla ricorrente, la disciplina denunziata sarebbe illegittima, in quanto:

a) l'attribuzione ai presidenti degli organi collegiali, in caso di inerzia di questi ultimi, della competenza in ordine alla designazione e alla nomina dei titolari degli organi amministrativi scaduti, contenuta nell'art. 4, secondo comma, violerebbe sia le competenze regionali in materia di ordinamento degli uffici, sia le competenze statutarie (art.123 della Costituzione), sia, infine, se riferita a nomine di competenza del Consiglio regionale, la configurazione del presidente del Consiglio regionale come organo privo di rilevanza esterna (artt. 121 e 122 della Costituzione);

b) la previsione della proroga degli organi amministrativi scaduti e degli atti da questi compiuti, ma limitatamente agli atti urgenti e indifferibili (art. 3), nonchè la previsione della nullità di diritto degli atti compiuti dagli organi scaduti (art. 6) inciderebbero sulle competenze regionali in materia, violando l'art. 117 della Costituzione;

c) la previsione della convalida degli atti di ricostituzione degli organi scaduti adottati dai presidenti degli organi collegiali sulla base della disciplina vigente al momento della loro adozione, e cioè sulla base dei decreti- legge che hanno preceduto quello impugnato nel presente giudizio, violerebbe sia l'art. 77, ultimo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 15, secondo comma, lett.

d) della legge 23 agosto 1988, n. 400, sia la competenza regionale in materia di organizzazione di uffici ed enti, non potendo le regioni revocare gli illegittimi atti dei loro presidenti e provvedere diversamente in ordine agli organi scaduti.

Considerato che il decreto-legge 19 luglio 1993, n. 239 non è stato convertito in legge nel termine prescritto, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 220 del 18 settembre 1993;

che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, l'ordinanza n. 470 del 1993), le questioni sollevate dalla Regione Calabria devono essere dichiarate manifesta mente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, secondo comma, 6, 8 e 9, del decreto-legge 19 luglio 1993, n. 239 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi), sollevate dalla Regione Calabria, con il ricorso indicato in epigrafe, per violazione degli artt. 117, 118, 122, 123 e 77, ultimo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/12/93.