Ordinanza n. 492 del 1993

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ORDINANZA N. 492

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis, commi 1,2 e 5, della legge 8 agosto 1992, n. 359 (rectius: art. 5 bis, commi l.2 e 5, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359) (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 76 maggio 1993 dalla Corte d'Appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra Ferranti Anna ed altre ed il Comune di Cento, iscritta al n.408 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1993; 2)ordinanza emessa il 9 marzo 1993 dal Tribunale di Benevento nel procedimento civile vertente tra Pacelli Alberto ed altri e l'Amministrazione provinciale di Benevento, iscritta al n. 483 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di costituzione di Ferranti Anna ed altre nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 1993 il Giudice relatore Renato Granata.

 

Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione alla stima dell'indennità definitiva di espropriazione proposto da Ferranti Anna ed altri l'adita Corte d'appello di Bologna ha sollevato (con ordinanza del 7 maggio 1993) questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art.5 bis, commi 1, 2 e 5, della legge 8 agosto 1992 n.359 (rectius: art. 5 bis, commi 1, 2 e 5, d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n.359), che ha introdotto nell'ordinamento positivo una nuova normativa in materia di determinazione della indennità di espropriazione, immediata mente applicabile (anche) ai giudizi in corso;

 

che la Corte rimettente ritiene che il primo comma della norma censurata violi l'art. 42, comma 3, Cost. nella parte in cui riduce del 40% l'importo ottenuto mediando il valore venale sull'immobile espropriato col reddito dominicale rivalutato perchè non risponde al canone di congruità un indennizzo espropriativo pari a circa il 31,8% del valore venale del bene espropriato;

 

che inoltre il secondo comma dell'art. 5 bis (stabilendo che in ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato può convenire la cessione volontaria del bene e in tal caso non si applica la suddetta riduzione del 40%) viola il principio di eguaglianza perchè attua una irragionevole disparità di trattamento tra chi al momento della sua entrata in vigore ha già subito l'esproprio e non può più convenire la cessione volontaria del bene e chi invece non è ancora colpito dal provvedimento ablativo e può addivenire alla detta cessione volontaria;

 

che altresì la norma confligge con l'art. 24, comma 2, Cost. perchè condiziona la proposizione dell'opposizione alla stima dell'indennità di esproprio in quanto induce ad accettare l'indennità determinata in sede amministrativa anche ove il valore venale posto a base del calcolo sia inferiore a quello effettivo;

 

che infine la disposizione del quinto comma della norma censurata, secondo cui è rinviata ad un regolamento, da emanarsi con decreto ministeriale, la definizione dei criteri e dei requisiti per la individuazione della edificabilità di cui al precedente terzo comma, viola la riserva di legge (di cui all'art. 42, comma 2, Cost.) perchè autorizza l'esercizio di una potestà regolamentare ministeriale, prescindendo peraltro da qualsiasi indicazione dei principi direttivi ai quali il potere esecutivo deve uniformarsi, e lascia al Ministro una assoluta discrezionalità nella classificazione delle aree edificabili; che inoltre la mancata previsione di un limite di tempo entro il quale tale regolamento debba essere emanato si riflette negativamente sia sul diritto dell'espropriato alla corresponsione dell'indennizzo entro tempi ragionevoli (art. 42, comma 3, Cost.), sia sulla sollecita definizione dei giudizi di opposizione alla stima, non essendo il nuovo criterio estimativo applicabile prima dell'emanazione del detto regolamento (art. 24, comma 1, Cost.);

 

che si sono costituite le parti private senza svolgere argomentazioni difensive e solo successivamente - ma fuori termine - hanno depositato memoria;

 

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate;

 

che nel corso del giudizio promosso da Pacelli Alberto ed altri nei confronti dell'Amministrazione provinciale di Benevento per sentirla condannare, tra l'altro, al pagamento dell'indennità per il periodo di occupazione legittima di un fondo di loro proprietà l'adito Tribunale di Benevento - dopo aver disposto c.t.u. per la quantificazione dell'indennità di occupazione con il criterio di stima del 5% del valore dell'indennità di espropriazione - ha sollevato (con ordinanza del 9 marzo 1993) questione incidentale di legittimità costituzionale del medesimo art. 5 bis, commi 1, 2 e 5, per contrasto con gli artt. 3, 24, comma 1, e 42, commi 2 e 3, Cost., svolgendo argomenti in tutto simili a quelli addotti dalla Corte d'appello di Bologna;

 

che anche in tale giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato richiamando la sentenza n.283 del 1993 della Corte e chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate;

 

Considerato che la questione se sia costituzionalmente legittimo - in riferimento all'art. 42, comma 3, Cost. - il primo comma dell'art. 5 bis cit. perchè l'indennizzo espropriativo non presenterebbe le caratteristiche del < < serio ristoro>>, che invece dovrebbe avere, è già stata da questa Corte dichiarata non fondata nella sentenza n.283/93 e successivamente manifestamente infondata con ordinanza n.414/93 e con sentenza n.442/93; nè nuove e diverse argomentazioni sono prospettate dalle Corti rimettenti sicchè la questione è manifestamente infondata;

 

che è altresì manifestamente infondata la questione se sia costituzionalmente legittimo - in riferimento all'art. 3 Cost. - il secondo comma del medesimo art. 5 bis (prospettata sotto il profilo della disparità di trattamento tra espropriati nei cui confronti, al momento della sua entrata in vigore, sia stato emesso il decreto di espropriazione, e proprietari nei cui confronti non sia stato ancora emesso il decreto ablativo) atteso che sul punto questa Corte è già intervenuta con pronuncia additiva dichiarando l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata nella parte in cui non prevede in favore dei soggetti già espropriati al momento dell'entrata in vigore della legge n.359 del 1992 e nei confronti dei quali l'indennità di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile il diritto di accettare l'indennità di cui al primo comma con esclusione della riduzione del 40% (sent. n.283/93

 cit.);

 

che la ulteriore censura del medesimo secondo comma dell'art. 5 bis - in riferimento all'art. 24, comma 1, Cost. - prospettata sotto il profilo che l'abbattimento del 40% dell'indennizzo espropriativo in caso di cessione volontaria opererebbe come deterrente dell'esercizio della facoltà di agire in giudizio e scoraggerebbe le opposizioni alla stima con conseguente vulnerazione del diritto di azione è manifestamente inammissibile (come già ritenuto da questa Corte nelle cit. pronunce) atteso che da una parte l'ordinanza della Corte d'appello di Bologna si riferisce ad un'area già espropriata e quindi attiene ad un procedimento nel quale, per essere già intervenuto il decreto di espropriazione, non è più possibile la cessione volontaria e conseguentemente non è applicabile la relativa disciplina; d'altra parte l'ordinanza del Tribunale di Benevento si riferisce ad un'area assoggettata ad occupazione provvisoria e quindi attiene ad un procedimento nel quale non è ancora possibile la cessione volontaria;

 

che parimenti è manifestamente inammissibile la censura di incostituzionalità - in riferimento agli artt. 24, comma 1, e 42, commi 2 e 3, Cost. - del quinto comma dell'art. 5 bis, censurato per violazione della riserva di legge nella parte in cui , prescindendo da qualsiasi indicazione dei principi direttivi e senza neppure la previsione di un limite di tempo, rinvia ad un regolamento ministeriale la definizione dei criteri e dei requisiti per la individuazione del carattere di edificabilità di fatto delle aree assoggettate ad espropriazione, così incidendo negativamente sia sul di ritto dell'espropriato alla corresponsione dell'indennizzo entro tempi ragionevoli (art. 42, comma 3, Cost.), sia sulla sollecita definizione dei giudizi di opposizione alla stima (art. 24, comma 1, Cost.); ed infatti la questione è carente di rilevanza nei giudizi a quibus atteso che da una parte nell'ordinanza di rimessione della Corte d'appello di Bologna si precisa che la destinazione dell'area espropriata, quale risultante dal P.R.G. all'epoca dell'esproprio, era di zona di attrezzature per il tempo libero, per la pratica sportiva e per lo spettacolo sportivo, mentre non si fa menzione di attitudine edificatoria di fatto; d'altra parte nell'ordinanza di rimessione del Tribunale di Benevento non si precisa la destinazione edificatoria, o meno, dell'area assoggettata ad occupazione provvisoria, nè si fa menzione di una sua possibile attitudine edificatoria di fatto;

 

che infine non c'è luogo a provvedere, perchè non ricorre l'indefettibile presupposto della pregiudizialità, in ordine alla richiesta della parti private costituite che sia sollevata (d'ufficio) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi 5, 6, 7, 8 legge 30 dicembre 1991 n.413 sotto il profilo che la ritenuta d'imposta del 20% sull'indennizzo espropriativo, da tali disposizioni prevista, riduce quest'ultimo al di sotto della soglia di congruità;

 

visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n.87 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis, commi 2 e 5, decreto legge 11 luglio 1992 n.333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n.359 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica) sollevate, in riferimento agli artt. 24, comma 1, e 42, commi 2 e 3, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Bologna e dal Tribunale di Benevento con le ordinanze indicate in epigrafe;

 

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis, commi 1 e 2, decreto legge 11 luglio 1992 n.333, convertito nella legge 8 agosto 1992 n.359 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica) sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 42, comma 3, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Bologna e dal Tribunale di Benevento con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/12/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Renato GRANATA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 30/12/93.