Ordinanza n. 491 del 1993

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ORDINANZA N. 491

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), 1, comma 4 quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonchè in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 37, e 3 della legge 19 febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento a riposo del personale medico dipendente), promossi con n. 2 ordinanze emesse l'11 luglio 1991 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia - sezione di Lecce - sui ricorsi proposti da Buonsanto Annibale e Peluso Ermanno contro la U.S.L. BR/4 di Brindisi, iscritte ai nn. 360 e 361 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Puglia - sezione di Lecce -, con due ordinanze di identico contenuto emesse l'11 luglio 1991 e pervenute a questa Corte il 12 giugno 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.761, 1, comma 4 quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 - convertito, con modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 37 -, e 3 della legge 19 febbraio 1991, n. 50, "in quanto non vengono estesi i benefici contenuti nelle predette disposizioni al personale con qualifica di primario ospedaliero collocato a riposo prima del 21 febbraio 1991";

che il remittente osserva che il decreto-legge n. 413 del 1989 - convertito con legge n. 37 del 1990 - ha esteso ai soli dirigenti civili dello Stato il beneficio della proroga dell'età pensionabile a settant'anni (già accordato agli insegnanti), al fine di consentire loro l'incremento della base stipendiale pensionabile;

che ciò determinerebbe la violazione degli indicati parametri costituzionali, per la palese ed ingiustificata disparità di trattamento in danno dei sanitari delle uu.ss.ll. e, in particolare, dei primari, i quali, oltre alla responsabilità organizzativa di una complessa unità divisionale, svolgono anche una elevata funzione didattica e di promozione di iniziative di ricerca scientifica;

che, inoltre - prosegue il remittente - l'art. 3 della legge n. 50 del 1991 ha ancor più accentuato la discriminazione a danno dei primari collocati a riposo prima del 21 febbraio 1991, in quanto ha elevato l'età pensionabile a settant'anni per i soli primari collocati a riposo dopo detta data, senza neanche far salve le situazioni per le quali esistevano giudizi pendenti;

che è intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, il quale ha concluso per la manifesta infondatezza delle questioni.

Considerato che i giudizi, concernendo identiche questioni, vanno riuniti e decisi congiuntamente;

che le medesime questioni sono state già dichiarate non fondate, sotto tutti i profili, con sentenza n. 440 del 1991;

che in detta pronuncia si è in sintesi affermato che nel vigente quadro normativo non è ravvisabile una regola generale, per tutti i pubblici dipendenti, di collocamento a riposo al settantesimo anno di età, bensì soltanto la sussistenza di deroghe a favore di determinate categorie, disposte dal legislatore in virtù del discrezionale e non arbitrario apprezzamento delle ragioni di volta in volta poste a loro fondamento, e che, d'altra parte, la garanzia del conseguimento del massimo trattamento pensionistico non è oggetto di tutela costituzionale come lo è, invece, quella del raggiungimento del minimo pensionabile;

che detti principi sono stati costantemente ribaditi in successive pronunce (cfr. sentt. nn. 491 del 1991, 374 del 1992, 459 e 460 del 1993; ordd. nn.98, 170, 193, 212, 320, 349 e 362 del 1992);

che in ordine, poi, alla censura relativa all'art. 3 della legge n. 50 del 1991, nella medesima sopra citata sentenza n.440 del 1991 si è ribadito che rientra nella discrezionalità del legislatore la fissazione della data di entrata in vigore delle leggi, essendo, peraltro, connaturale alla generalità delle medesime la demarcazione temporale (cfr. anche ord. n.397 del 1992);

che, non essendo dedotti, negli attuali giudizi, motivi nuovi o diversi rispetto a quelli già esaminati nelle richiamate decisioni, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), 1, comma 4 quinquies, del decreto- legge 27 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonchè in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 37, e 3 della legge 19 febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento a riposo del personale medico dipendente), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Lecce, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/93.