Ordinanza n. 485 del 1993

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ORDINANZA N. 485

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 407 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 1992 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Carollo Antonino ed altro, iscritta al n.271 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità dell'art.407 del codice di procedura penale, denunciando la violazione degli artt. 25 e 112 della Costituzione in quanto la disciplina denunciata costringe il pubblico ministero a formulare una richiesta di archiviazione motivata non dalla infondatezza della notizia di reato nè dalla superfluità del processo, ma esclusivamente dalla non completezza delle indagini per la scadenza dei termini massimi;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

considerato che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla medesima questione, ha avuto modo di affermare la piena compatibilità tra la previsione di un termine entro il quale l'attività di indagine deve essere portata a compimento ed il precetto sancito dall'art. 112 della Costituzione, osservando in proposito che quel termine non costituisce di per sè "un fattore che sempre e comunque è astrattamente idoneo a turbare le determinazioni che il pubblico ministero è chiamato ad assumere al suo spirare, cosicchè l'eventuale necessità di svolgere ulteriori atti di investigazione viene a profilarsi unicamente come ipotesi di mero fatto", in ordine alla quale, peraltro, non mancano adeguati correttivi all'interno del sistema, mentre "va riservata alle discrezionali scelte del legislatore l'individuazione degli opportuni strumenti processuali in base ai quali consentire la prosecuzione delle indagini, nelle eccezionali ipotesi in cui sia risultato impossibile portarle a compimento entro il termine massimo previsto dalla legge" (v. ordinanza n. 48 del 1993);

e che, pertanto, non prospettando il giudice a quo argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione ora proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 407 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 25 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/93.