Ordinanza n. 482 del 1993

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ORDINANZA N. 482

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Espinoza Gustavo, iscritta al n. 335 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.27, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice Mauro Ferri.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale "nella parte in cui pur nell'evidenza della responsabilità dell'imputato non consente di dichiararne immediatamente con sentenza il difetto totale di imputabilità che già risulti dagli atti";

che, ad avviso del remittente, per effetto della sent. n.41 del 1993 di questa Corte (che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 425, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere quando risulta evidente che l'imputato è persona non imputabile) diviene dubbia la legittimità costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 101 della costituzione;

che, in relazione al primo degli indicati parametri costituzionali, viene lamentata una disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni contemplate dalla medesima norma (ad esempio nel caso dell'operatività di una scriminante); disparità risolventesi, altresì, in una ingiustificata limitazione della funzione giurisdizionale contrastante con l'art. 101 della Costituzione, in quanto l'udienza preliminare "si esaurirebbe in uno scontato meccanismo di devoluzione della regiudicanda privo di ogni contenuto concreto di giurisdizionalità";

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o comunque per l'infondatezza della questione.

Considerato che la questione sollevata dal giudice a quo tende palesemente a riprodurre, nell'ambito dell'art. 129 del codice di procedura penale, la medesima regola di giudizio già dichiarata illegittima dalla sentenza n. 41 del 1993 di questa Corte in relazione all'art. 425 del codice di procedura penale, (norma che costituisce appunto specificazione - nell'udienza preliminare - dell'obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità previsto in via generale dall'art. 129);

che, pertanto, rimanendo identici i termini della questione (al di là delle peculiarità di ogni caso di specie) occorre ribadire che nell'udienza preliminare non esistono "prove", nè significativo accertamento dei fatti (cfr. sentt. n. 41 del 1993 e n. 431 del 1990) e che, proprio in previsione della possibile applicazione di misure di sicurezza, assume maggior rilevo l'esigenza di garantire la completezza del diritto di difesa; esigenza certamente non bilanciabile da contrapposti motivi di economia processuale;

che, inoltre, palesemente erroneo risulta il rilievo circa la possibile sospensione del processo a tempo indefinito in applicazione degli artt. 70, 71 e 72 del codice di procedura penale, in quanto dette norme disciplinano la diversa ipotesi dell'infermità mentale dell'imputato sopravvenuta al fatto;

che le argomentazioni sopra svolte valgono ad escludere ogni contrasto della norma impugnata anche con l'art. 101 della Costituzione e che, pertanto, la questione sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 101 della Costituzione dal G.I.P. presso il Tribunale di Lucca con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/1993