Sentenza n. 479 del 1993

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SENTENZA N. 479

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 17 dicembre 1986, n. 890 (Integrazioni e modifiche alle leggi 7 agosto 1985, n.427 e n. 428, sul riordinamento della Ragioneria generale dello Stato e dei Servizi periferici del ministero del tesoro), promosso con ordinanza emessa il 2 luglio 1992 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Roberto Ronci ed altri contro il ministero del tesoro, iscritta al n. 284 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di costituzione di Roberto Ronci ed altri;

 

udito nell'udienza pubblica del 16 novembre 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

 

udito l'avv. Francesco Braschi per Roberto Ronci ed altri.

 

Ritenuto in fatto

 

1 Con ordinanza del 2 luglio 1992, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della l.17 dicembre 1986, n. 890 "nella parte in cui omette di estendere i benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R. 1° giugno 1972, n. 319 al personale già appartenente alla carriera speciale o ordinaria di concetto delle Direzioni provinciali del tesoro che avesse superato concorso di ammissione nella carriera stessa articolato su tre prove scritte ed un colloquio, transitato ai ruoli centrali del ministero del tesoro".

 

In particolare il Tribunale amministrativo regionale precisa di essere stato adito da un gruppo di ex dipendenti del ministero del tesoro i quali - assunti in servizio nella soppressa carriera speciale ed ordinaria delle Direzioni provinciali del tesoro in base al superamento di un concorso articolato su tre prove scritte ed un colloquio - sono successivamente "transitati" alla carriera di concetto dello stesso ministero.

 

Gli stessi si dolgono di non aver potuto conseguire i benefici contemplati nel d.P.R. n. 319 del 1972 per essere al tempo dell'entrata in vigore di quest'ultimo già transitati ai ruoli centrali del ministero del tesoro e chiedono l'applicazione - in via di interpretazione estensiva - dei benefici contemplati nell'art. 3 della l. 17 dicembre 1986, n.890.

 

Invero a tali benefici essi assumono di avere diritto in virtù dell'art. 3 della l. n. 890 del 1986 il quale non circoscriverebbe affatto l'ambito della propria operatività ai dipendenti tuttora in servizio presso le direzioni provinciali del tesoro. Al contrario la norma in questione assumerebbe l'appartenenza alle direzioni provinciali del tesoro come "momento acquisitivo di uno status", cui è collegata l'attribuzione dei benefici predetti e non già come "condizione attuale", cui risulterebbe subordinato "il riconoscimento" dei benefici stessi.

 

Ritiene il giudice remittente che l'art. 3 della l. n.890 del 1986 deve essere letto alla luce dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. n. 319 del 1972 e di conseguenza sia destinato ad operare solo con riguardo al personale che - in possesso degli ulteriori requisiti - fosse in servizio presso le direzioni provinciali del tesoro alla data di entrata in vigore della legge n. 890 del 1986.

 

Nè ai fini di una diversa interpretazione potrebbe avere rilievo l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato con riguardo alle diverse ipotesi di personale proveniente da altre amministrazioni, in servizio presso la Ragioneria generale dello Stato al tempo di entrata in vigore della l. n.427 del 1985 ed appartenente alle soppresse carriere ordinarie di concetto.

 

Infatti l'art. 3 della l. n. 890 del 1986, essendo inserito in un diverso testo legislativo, avrebbe un contenuto estensivo rigorosamente delimitato dal contesto letterale della stessa disposizione e pertanto insuscettibile delle interpretazioni estensive attribuitele dai ricorrenti.

 

Ciò posto, tuttavia sussiste - ad avviso del giudice a quo - il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della l. n. 890 del 1986 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

Dubbio che non sarebbe affatto superato dalla sopravvenienza della l. 4 agosto 1990, n. 238 la quale chiarendo - in via di interpretazione autentica - che dei benefici contemplati dagli artt. 8, sesto comma, della l. n.427 del 1985 e dall'art. 3 della l. n. 890 del 1986 possono fruire gli "impiegati .... che siano transitati, quali vincitori di concorso, nei ruoli della carriera direttiva del ministero del tesoro" omette, peraltro, "del tutto" di considerare le posizioni di quanti siano transitati nei ruoli del ministero del tesoro in carriera di concetto. Detta omissione contenuta in una legge che ha il precipuo intento di definire le posizioni dei soggetti che avessero acquisito la più favorevole posizione di status anteriormente alla entrata in vigore della l. n. 890 del 1986 nè supererebbe, nè sposterebbe i termini della proposta questione di legittimità costituzionale.

 

Sicchè il problema resterebbe circoscritto all'art. 3 della n. 890 del 1986 il quale, nel disporre l'estensione dei benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R. 1° giugno 1972, n. 319 al personale della soppressa carriera ordinaria di concetto delle direzioni provinciali del tesoro, ha omesso di considerare "analoghe situazioni di quanti nella medesima situazione di partenza fossero transitati nella carriera di concetto dei ruoli centrali dell'amministrazione del tesoro o per vincita di concorso o in applicazione dell'art. 200 del T.U. n. 3 del 1957".

 

Ad avviso del giudice a quo, detta omissione normativa risulterebbe "fortemente ed iniquamente lesiva" avuto riguardo - da un lato alla coincidenza dei requisiti di accesso (concorso articolato su tre prove scritte ed una orale) e delle mansioni conferite ed espletate nell'ambito di ruoli diversi della stessa amministrazione; dall'altro all'"intento perequativo manifestato dal legislatore con le leggi n. 427 del 1985 e n.890 del 1986 prima e successivamente con le leggi 24 maggio 1989, n. 193 e 4 agosto 1990, n. 238".

 

Invero la "ratio" ispiratrice degli artt. 8 della l. n.427 del 1985 e 3 della l. n. 890 del 1986 starebbe nella necessità di "attribuire benefici coincidenti a dipendenti il cui rapporto di impiego abbia caratteristiche simili" ed in quest'ottica il dato cui attribuire rilievo sarebbe costituito dagli analoghi requisiti di accesso, avendo i dipendenti "transitati" nei ruoli centrali, di cui si è detto, superato un concorso articolato su tre prove scritte ed un colloquio.

 

Il che renderebbe "assolutamente incomprensibile" il disfavore del legislatore nei confronti di questi ultimi.

 

2. Si sono costituiti gli interessati, che avevano proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale remittente, i quali chiedono preliminarmente che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della l. n. 890 del 1986 sia dichiarata infondata in quanto detto art. 3 sarebbe suscettibile di interpretazione estensiva nei confronti di quanti siano transitati dai ruoli periferici al ruolo centrale del ministero, essendo sufficiente che gli stessi abbiano ottenuto l'accesso alla carriera mediante il superamento di un concorso articolato su tre prove scritte e abbiano svolto mansioni uguali a quelle corrispondenti all'ex carriera speciale.

 

L'intento del legislatore con la normativa di cui è discorso, sarebbe quello di estendere i benefici di cui godeva il personale della ex carriera speciale in virtù del d.P.R. n. 319 del 1972 agli impiegati delle carriere ordinarie di concetto, i quali - svolgendo identiche mansioni ed avendo superato identico concorso - potrebbero vantare "almeno sul piano sostanziale" un identico rapporto di servizio.

 

In subordine gli stessi chiedono l'accoglimento della questione riproponendo sostanzialmente le argomentazioni contenute nell'ordinanza di remissione.

 

Considerato in diritto

 

1. Questa Corte è chiamata a vagliare la legittimità costituzionale dell'art. 3 della l. n. 890 del 1986 nella parte in cui - disponendo l'estensione dei benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R. n. 319 del 1972 al personale della soppressa carriera ordinaria di concetto delle Direzioni provinciali del tesoro - esclude dal proprio ambito previsionale i dipendenti già appartenenti alle carriere speciali ed ordinarie di concetto delle suddette Direzioni, nel frattempo transitati nelle carriere di concetto dei ruoli centrali della Amministrazione del tesoro o per superamento di concorso o in applicazione dell'art. 200 T.U. n.3 del 1957.

 

Detta esclusione, introducendo una irrazionale disparità di trattamento tra le due categorie di personale, violerebbe gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

Alla base delle dedotte censure vi è sostanzialmente una particolare connotazione della legge n. 890 del 1986, caratterizzata, secondo il giudice a quo, da "finalità perequative", in quanto intesa ad attribuire benefici coincidenti a dipendenti il cui rapporto di impiego abbia caratteristiche simili. Nella specie il rapporto di impiego dei dipendenti "transitati" nei ruoli centrali della Amministrazione del tesoro sarebbe senz'altro "coincidente" con quello dei dipendenti rimasti in servizio presso le Direzioni provinciali dello stesso ministero.

 

Coincidenza che il giudice a quo individua in un duplice ordine di dati: a) i requisiti di accesso nella carriera di concetto (concorso articolato su tre prove scritte ed una orale); b) mansioni conferite ed espletate "coincidenti" pur nell'ambito di ruoli diversi della stessa amministrazione.

 

In altri termini il "transito" ai ruoli centrali della Amministrazione del tesoro dei dipendenti già appartenenti alla Direzione provinciale e muniti dei requisiti surrichiamati non introdurrebbe elementi di rilievo tali da connotare diversamente le situazioni tra le due categorie del personale succitato e da giustificare un correlativo trattamento differenziato.

 

Sicchè la mancata espansione della normativa censurata alla categoria analoga dei dipendenti "transitati" integrerebbe - attesa la finalità perequativa della norma censurata - gli estremi di un trattamento irrazionale con palese violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

 

2. Preliminarmente occorre esaminare il contesto normativo su cui poggiano gli elementi richiamati e censurati dal giudice a quo. Al riguardo questa Corte ha già affermato (sent. n. 190 del 1992) che la legge n. 890 del 1986 (unitamente alle leggi n. 17 e 427 del 1985) ha carattere derogatorio, introducendo "eccezioni fondate su uno specifico e circoscritto apprezzamento del legislatore". Invero, il sistema normativo richiamato, posto come elemento di raffronto del giudizio di comparazione ai fini della estensione dell'art. 3, della l. n. 890 del 1986, vale a dire le norme concernenti le carriere speciali, la loro soppressione nonchè la "sistemazione" successiva del personale da esse provenienti, attuata con il d.P.R. n. 319 del 1972 (particolarmente art. 4), rappresentano un quadro normativo totalmente estraneo alle situazioni disciplinate dalla norma, oggetto del giudizio di costituzionalità.

 

Le carriere speciali erano state istituite a suo tempo presso varie amministrazioni statali ed, in particolare, presso il ministero del tesoro (per il personale delle Ragionerie provinciali dello Stato e per il personale delle Direzioni provinciali del tesoro: artt. 195 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nonchè il quadro 84 ad esso al legato). Dal punto di vista organizzativo tali carriere si contraddistinguevano per il fatto che in esse il personale direttivo ed il personale di concetto non era ripartito in due ruoli distinti (come nelle carriere ordinarie), ma era compreso in un unico ruolo suddiviso in due tronconi: di concetto per le prime tre qualifiche (iniziali) e direttivo per le ulteriori quattro qualifiche (terminali). Al troncone direttivo si accedeva per pubblico concorso per esami riservato agli impiegati del troncone di concetto e articolato su tre prove scritte (a carattere teorico - pratico) ed una orale (art. 196, d.P.R. n. 3 del 1957). Sotto il profilo funzionale le carriere speciali erano caratterizzate dalla sostanziale omogeneità delle funzioni affidate agli impiegati appartenenti ai due tronconi.

 

Occorre sottolineare a questo punto che esse nacquero dalla esigenza di tutelare gli impiegati che, muniti di titolo di studio di scuola secondaria svolgevano funzioni identiche rispetto a quelli del gruppo A (muniti di diploma di laurea), ma ciononostante venivano relegati nella carriera di gruppo B, corrispondente a quella ordinaria di concetto senza poter oltrepassare l'allora grado VI. Fu così che fu considerata la possibilità di operare una commistione fra le due carriere, prendendo dall'una, la direttiva, le qualifiche più elevate e dall'altra (quella di concetto), le qualifiche inferiori. Ne risultarono le c.d. carriere speciali cui venne applicato il principio della non distinzione, per i gradi minori, fra le carriere direttive e le carriere di concetto e l'attribuzione di qualifiche direttive soltanto agli impiegati che svolgessero compiti direttivi. Ne conseguiva che le carriere speciali comprendevano attribuzioni che, nel sistema allora vigente, erano in parte direttive ed in parte di concetto.

 

Le ora dette carriere speciali furono soppresse e trasformate in corrispondenti carriere ordinarie in virtù dell'art. 147 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077.

 

Evidentemente, siffatta soppressione non poteva non porre il problema del personale proveniente dalle carriere speciali nel senso che - avuto riguardo alle peculiarità che - come si è dianzi rilevato - connotavano queste ultime ed, in particolare, alla loro "natura mista" - non lo si poteva far confluire nelle corrispondenti carriere ordinarie senza al contempo svantaggiarlo. E di fatti l'art. 147 più volte richiamato istituì ruoli organici di carriere ordinarie direttive e (in via provvisoria) di concetto, ma con riserva di sistemazione successiva del personale proveniente dalle ex carriere speciali di concetto. A tale sistemazione definitiva si è provveduto con il d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319 il quale all'art. 4 ha disposto - a certe condizioni - l'inquadramento nelle rispettive carriere direttive di tutti gli appartenenti alle ex carriere speciali, nonchè il conseguente avanzamento di carriera e la connessa valutazione economica della pregressa anzianità di servizio (art. 6).

 

Con queste disposizioni si uniformava lo stato giuridico di gran parte del personale statale nel senso che il relativo ordinamento perdeva, con riguardo a qualifiche, progressione in carriera ecc., ogni carattere di specialità: correlativamente tutto il personale rientrava in dotazioni organiche ordinarie, abbandonandosi la logica degli "inquadramenti speciali", che rispondevano ad esigenze superate dal fine del riordinamento, possibilmente omogeneo, della pubblica amministrazione.

 

3. Il quadro di riferimento normativo surrichiamato è - come già detto - estraneo alla situazione disciplinata dalla norma censurata, nella quale non vengono in considerazione le carriere speciali. Infatti i benefici di cui al d.P.R. n. 319 del 1972 sono stati estesi dall'art. 3, l. n. 890 del 1986 (nonchè dall'art. 4, comma 14 bis, l. n. 17 del 1985 e dall'art. 8, sesto comma della l. n. 427 del 1985) al personale di concetto delle soppresse carriere ordinarie delle Direzioni provinciali del tesoro (nonchè dell'amministrazione finanziaria e della Ragioneria generale dello Stato) sulla base dei seguenti presupposti: a) supera mento dei concorsi di ammissione alla carriera articolati su tre prove scritte ed un colloquio; b) svolgimento di mansioni analoghe o identiche a quelle degli impiegati delle ex carriere speciali. In forza di questa estensione gli appartenenti alla carriera ordinaria hanno potuto usufruire dei benefici accordati dal d.P.R. n.319 del 1972 alle carriere speciali. Senonchè l'estensione di questa disciplina alle carriere ordinarie di concetto non è affatto riconducibile alla ratio che ha governato la disciplina delle carriere speciali, rispetto alla quale rappresenta, anzi, un elemento ostativo.

 

Si è, infatti, più volte rilevato, che la normativa di riordino delle carriere, posta con il d.P.R. n. 1077 del 1970 e proseguita con il d.P.R. n.319 del 1972, ha compiuto una operazione di "assimilabilità" alle carriere direttive delle sole carriere speciali di concetto, sulla base di determinati presupposti ed in ragione di particolari peculiarità connesse alle carriere speciali stesse.

 

Da questo quadro normativo è possibile trarre una regola generale: le carriere di concetto ordinarie non sono assimilabili a quelle speciali e quindi non danno titolo al trattamento previsto per queste ultime. La legge n. 890 del 1986 introduce una deroga alla norma generale, sostituendo ad essa una diversa, specifica disciplina.

 

Accertata la natura derogatoria della norma censurata, è evidente che essa non può avere "finalità perequativa".

 

Detta finalità, invero, presuppone un rapporto tra norme con finalità di aggiustamento; tra le due discipline non vi è frattura, ma un confluire a finalità correttive. Quando invece si verifica una rottura con la disciplina posta dalla norma generale, come avviene per effetto della norma in deroga, ne deriva che quest'ultima circoscrive la propria forza prescrittiva ai soggetti ed alle situazioni da essa disciplinati. E l'unica possibilità di applicazione è data dalla circostanza che tra il caso ricompreso e quello escluso ricorra l'eadem ratio, sicchè sia ingiustificato il restringersi della disciplina soltanto ad alcune delle ipotesi comprese nella sua ratio.

 

Nella specie non ricorre tale presupposto.

 

Infatti, l'art. 3 della l. n. 890 del 1986 circoscrive i benefici più volte richiamati agli impiegati delle soppresse carriere ordinarie di concetto delle Direzioni provinciali del tesoro. I dipendenti già appartenenti alle suddette Direzioni e nel frattempo "transitati" nelle corrispondenti carriere ordinarie dei ruoli centrali o, in virtù dell'art.200 T.U. n. 3 del 1957 o "a fortiori", in virtù di concorso, pur appartenendo alla stessa amministrazione, si qualificano per l'inquadramento in un'altra carriera caratterizzata da sue peculiarità.

 

Del resto, lo stesso art. 200 T.U. n. 3 del 1957, disciplinando il trasferimento degli impiegati da un ruolo ad un altro della stessa amministrazione, richiede l'elemento della corrispondenza tra la carriera di provenienza e quella di destinazione. Il che implica la diversificazione delle carriere stesse e, quindi, la peculiarità di ciascuna di esse.

 

Ne consegue che i dipendenti "transitati" hanno spezzato il loro legame con la carriera precedente delle Direzioni provinciali, cui si riferiscono i successivi interventi del legislatore, a seguito del loro confluire nei ruoli centrali della stessa amministrazione, perdendo così caratteristiche e trattamento propri della pregressa carriera.

 

Non è dunque, configurabile una prosecuzione giuridica (e quindi economica) destinata ad esplicarsi in una carriera, cui non si appartiene, dato che il "transito" ex art. 200 T.U. n. 3 del 1957 (o "a fortiori" su opzione per superamento di concorso) ai ruoli centrali ha bloccato la situazione, connessa a "quel" rapporto di impiego, al momento del passaggio.

 

Pertanto, i miglioramenti giuridici ed economici, propri alla precedente carriera, successivi a tale momento, non possono essere rivendicati dai dipendenti "transitati", in quanto connessi ad una situazione che, essendo cessata ad ogni effetto, non è suscettibile di ulteriori sviluppi.

 

Restano assorbite le censure sollevate con riguardo all'art. 97 della Costituzione che, del resto, non avevano autonomo svolgimento.

 

Deve, quindi, dichiararsi non fondata la questione relativa all'art. 3 della l. n. 890 del 1986 che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato con ordinanza del 2 luglio 1992.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 17 dicembre 1986, n.890 (Integrazioni e modifiche alle leggi 7 agosto 1985, n. 427 e n. 428, sul riordinamento della Ragioneria generale dello Stato e dei Servizi periferici del ministero del tesoro), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/12/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Gabriele PESCATORE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 30/12/93.