Sentenza n. 459 del 1993

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SENTENZA N. 459

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1991 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da FUSCO Giulia contro la U.S.L. RM/11, iscritta al n. 661 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.42, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti l'atto di costituzione di Fusco Giulia nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 16 novembre 1993 il Giudice relatore Massimo Vari;

 

udito l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Fusco Giulia, coordinatore dell'Ufficio legale della U.S.L. RM/11, impugnava, innanzi al TAR Lazio, la deliberazione n.s.p. 853 prot. 5772 del 31 maggio 1991, con la quale era stato disposto il suo collocamento a riposo per limiti di età (65 anni), lamentando, tra l'altro, la omessa considerazione, da parte del provvedimento, del mancato raggiungimento, al compimento del 65o anno di età, del massimo della pensione.

 

Con ordinanza emessa il 18 novembre 1991 (pervenuta alla Corte Costituzionale il 22 settembre 1992), il predetto Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione.

 

Secondo il giudice remittente, la previsione per cui i dipendenti delle U.S.L. debbono essere collocati a riposo al raggiungimento del 65o anno di età contrasta con i parametri invocati, consentendo che siano collocati a riposo anche gli avvocati delle U.S.L. (come, nella specie, la ricorrente, coordinatore dell'ufficio legale della U.S.L. RM/11). Ad avviso del TAR, non si può revocare in dubbio che i fini degli enti pubblici abbiano in comune con quelli dello Stato il perseguimento del pubblico interesse, mentre sussiste una sostanziale parità - o comunque indubbia similitudine - tra le funzioni che i legali degli enti pubblici sono chiamati a svolgere nei settori di loro competenza e quelle attribuite dalla vigente normativa agli avvocati dello Stato.

 

I primi dovrebbero godere del medesimo trattamento degli avvocati dello Stato, che possono andare a riposo al compimento del 70°o anno di età, attesa la sostanziale parità di funzioni, nel comune perseguimento del pubblico interesse.

 

Nel presente giudizio si è costituita la ricorrente, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Ettore Verino, il quale ha depositato una memoria, insistendo per l'accoglimento della questione.

 

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della medesima, osservando come non sia sufficiente una pretesa omogeneità di posizioni per pretendere l'estensione di norme in deroga alla regola generale del collocamento a riposo al 65o anno di età, mentre del tutto improprio appare il riferimento all'art.38, secondo comma, della Costituzione, norma invocabile solo quando il collocamento a riposo impedisca il raggiungimento del minimo pensionistico.

 

Considerato in diritto

 

Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il TAR Lazio dubita della legittimità costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.761, norma che, nello stabilire, per i dipendenti delle U.S.L., il collocamento a riposo al raggiungimento del 65o anno di età, assoggetta ad una siffatta regola anche gli avvocati.

 

Secondo il giudice remittente risulterebbero, in pari tempo, violati sia il principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione, a causa del trattamento irragionevolmente deteriore riservato agli avvocati degli enti pubblici rispetto agli avvocati dello Stato, i quali ultimi vengono collocati a riposo a 70 anni, sia il principio del massimo di effettività della garanzia del diritto sociale alla pensione, riconosciuto a tutti i lavoratori dal secondo comma dell'art.38 della Costituzione.

 

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nella parte in cui non prevede l'elevazione a 70 anni dell'età pensionabile, al fine di far conseguire il massimo della pensione, è da reputare non fondata, secondo l'orientamento più volte espresso da questa Corte (v., da ultimo, ordinanza n. 362 del 1992).

 

Muovendo, per ragioni di logica espositiva, dal secondo dei richiamati parametri costituzionali, la Corte torna a rammentare il ripetuto proprio insegnamento secondo il quale, nel vigente quadro di riferimento normativo, sono affidati alla discrezionalità del legislatore la determinazione dell'ammontare delle prestazioni previdenziali, il rafforzamento della tutela previdenziale, le variazioni dei trattamenti, salvo l'assicurazione, per tutti i lavoratori, della pensione minima, cui è finalizzato il lavoro prestato e la determinazione dell'età lavorativa, per la tutela delle esigenze di vita e la soddisfazione dei bisogni (v. sentenza n. 440 del 1991).

 

In altre parole, va apprezzato e protetto il prolungamento dell'età lavorativa perchè al lavoratore sia garantita la pensione al minimo e, in questo senso, la Corte ha già provveduto a dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma qui impugnata, nella parte in cui non consente al personale ivi contemplato che, al raggiungimento del limite di età per il collocamento a riposo, non abbia compiuto il numero degli anni necessari per ottenere il minimo della pensione, di rimanere, a richiesta, in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il 70o anno di età (v. sentenza n.90 del 1992).

 

Non può, invece, godere di eguale protezione e garanzia il raggiungimento di un trattamento pensionistico massimo che è obiettivo non rientrante in finalità costituzionalmente protette, ma solo in linee di tendenza allo stato giustificate da situazioni peculiari e particolari, mentre non importa lesione del precetto di cui all'art.38, secondo comma, della Costituzione, la mancata garanzia del raggiungimento di tale pensione massima indiscriminatamente per tutti i dipendenti pubblici.

 

Fermo quanto sopra e passando a valutare l'ulteriore doglianza del giudice a quo, in relazione alla lamentata disparità rispetto agli avvocati dello Stato che vengono collocati a riposo al 70o anno di età, deve escludersi che la disciplina generale dell'art.53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 contrasti con l'art.3 della Costituzione, per non aver apprestato analogo trattamento in favore degli avvocati delle Unità sanitarie locali.

 

L'ordinanza di rimessione si dilunga ad illustrare le affinità che, sul piano funzionale, connotano le due categorie di avvocati qui considerate. Ma trascura la peculiarità propria dell'ordinamento degli avvocati dello Stato, nell'ambito del quale il cennato principio del collocamento a riposo a 70 anni è coerente, tra l'altro, con la disposta equiparazione ai magistrati dell'Ordine giudiziario nei limiti dell' art. 23 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e risponde, in ogni caso, a discrezionale apprezzamento del legislatore.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Massimo VARI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 23/12/93.