Sentenza n. 447 del 1993

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SENTENZA N. 447

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Emilia-Romagna riapprovata il 20 luglio 1993 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: < Misure eccezionali e transitorie per la riorganizzazione del sistema sanitario regionale>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 4 agosto 1993, depositato in cancelleria il 12 successivo ed iscritto al n. 35 del registro ricorsi 1993.

 

Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia Romagna;

 

udito nell'udienza pubblica del 16 novembre 1993 il Giudice relatore Enzo Cheli;

 

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'avv.Giandomenico Falcon per la Regione.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 4 agosto 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Emilia-Romagna, riapprovata dal Consiglio regionale il 20 luglio 1993 a seguito di rinvio da parte del Governo, recante "Misure eccezionali e transitorie per la riorganizzazione del sistema sanitario regionale", per violazione dell'art. 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e 44, quinto comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.

 

Il ricorrente deduce che la disciplina impugnata dispone, in via eccezionale e transitoria, fino all'attuazione del riordino del sistema sanitario nazionale e regionale, la facoltà per la Giunta regionale di avvalersi del personale dirigente del servizio sanitario nazionale, nel numero massimo di dieci unità, con permanenza a carico delle unità sanitarie locali del relativo trattamento economico e di missione. Tali disposizioni, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, si porrebbero in contrasto - oltre che con l'art. 47 della legge n. 833 del 1978, che riserva alla legge statale la disciplina dello stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali - con i principi di cui al citato art. 44 del d.P.R. n. 761 del 1979, dove si prevede espressamente che, per particolari esigenze dei servizi sanitari regionali e per tempo determinato, il personale delle unità sanitarie locali possa essere comandato presso le Regioni, ma con assunzione da parte di quest'ultime dei relativi oneri finanziari.

 

Il contrasto tra la normazione regionale impugnata ed i principi della legislazione statale in materia sussisterebbe, quindi, sia in relazione al ricorso all'istituto dell'"avvalimento" anzichè a quello del "comando", sia alla conseguente disciplina dei relativi oneri.

 

Tale contrasto - sempre secondo il Presidente del Consiglio dei ministri - determinerebbe una lesione dell'art. 117 della Costituzione, posto che in materia di disciplina dello stato giuridico ed economico del personale del servizio sanitario nazionale, a fronte della competenza statale, sancita dall'art. 47 della legge n. 833 del 1978, residuano alla Regione solo funzioni di tipo meramente attuativo.

 

Nè la norma impugnata potrebbe giustificarsi in relazione ad esigenze di carattere eccezionale e transitorio, in quanto le richiamate disposizioni della legge statale, che si assumono violate, sono specificamente rivolte a regolare proprio i casi in cui si manifestano per le Regioni particolari esigenze di carattere temporaneo.

 

2. - La Regione Emilia-Romagna si é costituita nel giudizio per dedurre l'infondatezza del ricorso in relazione sia all'asserita insussistenza di un contrasto tra la norma impugnata e la Costituzione, sia alla nuova configurazione delle competenze regionali, operata con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sia al carattere eccezionale, delimitato e temporaneo della misura prevista dalla legge impugnata.

 

In prossimità dell'udienza la Regione ha presentato una memoria nella quale afferma che l'art. 44, quinto comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, nel prevedere lo strumento del comando per l'utilizzazione del personale sanitario da parte delle Regioni, non escluderebbe la possibilità per le stesse Regioni di ricorrere eventualmente anche ad altri strumenti di mobilità di detto personale, sulla base di espresse previsioni normative, qualora ciò si renda necessario in relazione a peculiari esigenze per le quali lo strumento del comando appaia inadeguato.

 

Nel caso di specie, la creazione di un regime speciale, riferito esclusivamente ai dirigenti, con rigide delimitazioni numeriche e temporali, si sarebbe resa necessaria per garantire alle poche unità di personale di vertice interessate una più adeguata valorizzazione professionale e condizioni non svantaggiose per ciò che attiene sia al mantenimento dei compensi speciali inerenti alle rispettive posizioni giuridiche nelle unità sanitarie di appartenenza sia al trattamento economico di missione.

 

Per quanto attiene agli oneri economici, la difesa regionale deduce che nel nuovo assetto giuridico e finanziario del sistema sanitario, determinato dal decreto legislativo n. 502 del 1993, le unità sanitarie locali sono divenute aziende regionali, finanziate interamente dalla Regione attraverso il Fondo sanitario nazionale. Inoltre, l'art. 13 dello stesso decreto legislativo n. 502 ha attribuito a carico della Regione il ripiano del disavanzo delle unità sanitarie locali derivante dalle scelte organizzative regionali. In tal modo, la spesa per le unità sanitarie locali verrebbe a confluire nella generale spesa per le attività sanitarie, con la conseguente possibilità per la legge regionale di stabilire - nei limiti della ragionevolezza - la più opportuna imputazione di una spesa comunque attinente al settore delle attività sanitarie.

 

Considerato in diritto

 

l. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna in via principale l'art. 1 della legge della Regione Emilia Romagna, riapprovata dal Consiglio regionale il 20 luglio 1993 e recante < Misure eccezionali e transitorie per la riorganizzazione del sistema sanitario regionale>.

 

Con tale disposizione la Regione ha stabilito la facoltà per la Giunta regionale di avvalersi, in via eccezionale e transitoria, del personale dirigente del servizio sanitario nazionale, nel numero massimo di dieci unità, per esigenze di riorganizzazione del sistema sanitario fino all'attuazione del suo riordino in sede nazionale e locale, ponendo a carico delle unità sanitarie locali di appartenenza gli oneri relativi al trattamento economico di detti dirigenti nonchè l'eventuale trattamento di missione, in caso di loro spostamento dalla sede di servizio.

 

Secondo il Presidente del Consiglio questa disciplina si porrebbe in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, con riferimento all'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, concernente la disciplina dello stato giuridico ed economico del personale delle unità sanitarie locali, nonchè all'art. 44 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, dove si prevede che per particolari esigenze dei servizi sanitari regionali il personale delle unità sanitarie possa essere comandato presso la Regione per tempo determinato, ma con assunzione da parte della stessa Regione dei relativi oneri finanziari.

 

2. - La questione è fondata.

 

L'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, ha riservato allo Stato, per evidenti esigenze di uniformità - ripetutamente richiamate dalla giurisprudenza costituzionale (v., di recente, sentt. nn. 355 e 366 del 1993, 28 del 1992, 484 del 1991, 308 e 112 del 1990)-la disciplina dello stato giuridico ed economico del personale sanitario, riconoscendo in tale ambito alle Regioni il potere di emanare solo norme per l'attuazione della legge statale, ai sensi dell'art.117, ultimo comma, della Costituzione. Più di recente, questa Corte ha anche riconosciuto che < < il nuovo inquadramento delle unità sanitarie locali disposto con l'art. 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (in tema di riordino della disciplina in materia sanitaria) non ha fatto venir meno quelle esigenze di uniformità che hanno a suo tempo indotto il legislatore statale a riservare alla propria sfera di competenza la disciplina del personale sanitario> (sent. n. 359 del 1993).

 

Ne consegue che le Regioni, anche successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, non hanno acquisito il potere di emanare in questa materia norme che esulino dall'ambito della attuazione o della integrazione di discipline poste da parte della legge statale.

 

Ora, per quanto concerne l'utilizzazione in via eccezionale di personale delle unità sanitarie locali da parte delle Regioni, il d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, - che ha regolato lo stato giuridico ed economico del personale di tali unità in attuazione della delega disposta dalla legge n.833 del 1978 - all 'art. 44 ha previsto la possibilità di comandare, per tempo determinato, il personale in questione presso gli uffici regionali, ma pur sempre con assunzione dei relativi oneri da parte della Regione.

 

In contrasto con questa precisa disposizione, la norma impugnata-- anche al di là dell'impreciso riferimento all'istituto dell'avvalimento, che afferisce più propriamente ai rapporti tra Regione ed uffici degli enti locali, ai sensi dell'art. 118, terzo comma, della Costituzione-ha, invece, stabilito che la Regione possa porre alle proprie dipendenze funzionali un limitato numero di dirigenti delle unità sanitarie locali, mantenendo peraltro a carico di queste ultime il trattamento economico goduto dagli interessati nonchè l'eventuale trattamento economico di missione.

 

Nè tale contrasto tra la norma statale e la norma regionale può ritenersi superato in relazione alla nuova disciplina finanziaria del sistema sanitario, di cui al già ricordato decreto legislativo n. 502 del 1992, dal momento che il richiamo a questa disciplina non è tale da giustificare una attribuzione indifferenziata o una commistione fra le risorse attribuite alle unità sanitarie locali e quelle destinate al funzionamento degli uffici regionali che operano nel campo delle attività sanitarie.

 

Così come non può essere apprezzato il rilievo, formulato dalla Regione, che la norma statale sul comando del personale delle unità sanitarie locali ben difficilmente potrebbe trovare applicazione nei confronti del personale dirigente, in quanto questo verrebbe in tal modo a perdere alcune indennità integrative del trattamento economico e non potrebbe, d'altro canto, beneficiare del trattamento di missione: è evidente, in fatti, che tale rilievo investe valutazioni di mera opportunità, insuscettibili di incidere sulla valutazione della legittimità della disposizione impugnata.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Emilia-Romagna riapprovata dal Consiglio regionale della stessa Regione il 20 luglio 1993 e recante < Misure eccezionali e transitorie per la riorganizzazione del sistema sanitario regionale>.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 20/12/93.