Ordinanza n. 445 del 1993

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ORDINANZA N. 445

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimìtà costituzionale dell'art. 18 del regolamento della Camera dei deputati, promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1992 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Scala Gennaro e Pannella Giacinto, iscritta al n. 238 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile promosso nei confronti di un deputato per il risarcimento dei danni derivanti da dichiarazioni, formulate dal parlamentare in due distinti episodi, ritenute dagli attori di contenuto diffamatorio, il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 del regolamento della Camera dei deputati, in riferimento all'art. 24 della Costituzione;

 

che il rimettente rileva come - nonostante un diniego di autorizzazione a procedere in sede penale ex art. 68, secondo comma, della Costituzione, nel testo allora in vigore, in relazione ad uno dei due episodi asseritamente diffamatori -non vi sia in concreto, in ordine ai fatti dedotti nel giudizio, alcuna deliberazione della Camera dei deputati in merito alla qualificazione funzionale delle opinioni espresse dal par lamentare, ai sensi e per i fini dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; e che, d'altra parte, nella disciplina positiva solo al giudice penale è data facoltà di adire direttamente la giunta per le autorizzazioni a procedere, a norma dell'art. 18 del richiamato regolamento nonchè delle disposizioni del codice di procedura penale che regolano la materia;

 

che, ad avviso del giudice rimettente, i concomitanti fattori sopra riportati determinano una situazione confliggente con il diritto di difesa dei soggetti danneggiati, poichè, alla stregua della affermata spettanza alla Camera di appartenenza del potere di valutare le condizioni dell'insindacabilità (sent. n. 1150 del 1988), dovrebbe essere pronunciata dal medesimo giudice a quo l'improcedibilità della domanda giudiziale;

 

che detta causa di improcedibilità non può essere rimossa o superata proprio a causa della mancata attribuzione alla giunta di cui all'art. 18 del regolamento della Camera dei deputati (anche) della competenza alla verifica della qualificazione funzionale delle opinioni in vista della prerogativa dell'insindacabilità, ond'è che è sotto questo profilo che, in conclusione, il Tribunale sottopone a scrutinio di costituzionalità detta norma;

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione.

 

Considerato che è sottoposta al giudizio di questa Corte una norma del regolamento della Camera dei deputati;

 

che, come già affermato da questa Corte nella sentenza n. 154 del 1985, il problema dell'ammissibilità del sindacato di costituzionalità sui regolamenti parlamentari va risolto, alla stregua dell'art. 134 della Costituzione, in senso negativo, giacchè nella competenza del giudice delle leggi, quale stabilita dal richiamato articolo, non possono comprendersi i regolamenti parlamentari, nè espressamente nè in via di interpretazione;

 

che, in assenza di diverse e nuove prospettazioni sul punto da parte del giudice rimettente, si deve pertanto ribadire l'insindacabilità dei regolamenti parlamentari, con conseguente preliminare dichiarazione di manifesta inammissibilità della questione proposta;

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 18 del regolamento della Camera dei deputati, sollevata, in riferimento all'articolo 24 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/12/93.

 

Francesco PAOLO CASAVOLA, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 16/12/93.