Sentenza n. 431 del 1993

CONSULTA ONLINE

SENTENZA N. 431

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 11, quinquies, della legge 11 novembre 1983, n. 638 (di conversione del d.l. n.463/83 recante misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria) promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1992 dal Pretore di Napoli nel procedimento civile vertente tra Manetta Anna Maria ed ENASARCO iscritta al n. 335 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1992;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Ritenuto in fatto

1. In un giudizio civile, promosso da una pensionata ENASARCO per sentir dichiarare l'illegittimità del comportamento dell'ente il quale pretendeva (ed aveva iniziato ad operare) il recupero di importi di pensione ad essa indebitamente erogati per esclusivo errore dell'ente stesso, l'adito Pretore di Napoli, con ordinanza del 14 aprile 1992 - rilevato che la fattispecie trovava specifica disciplina nell'art. 6, comma 11 quinquies, della l. 638/83, il quale autorizza le gestioni previdenziali, tra cui quella ENASARCO, a procedere al recupero sul trattamento di pensione delle somme erogate in eccedenza ancorché percepite in buona fede dal pensionato; onde in applicazione di detta norma la domanda dell'attrice avrebbe dovuto essere respinta - ha ritenuto rilevante di conseguenza, e non manifestamente infondata ed ha per ciò sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questione incidentale del predetto art. 6, nella parte appunto in cui non esclude la ripetibilità delle erogazioni corrisposte dall'ENASARCO in misura superiore al dovuto per errore imputabile all'ente non causato da dolo dell'interessato.

Secondo il Pretore, risulterebbe infatti nella specie innanzitutto violato il precetto costituzionale dell'eguaglianza per irragionevole discriminazione dei pensionati ENASARCO nei confronti sia dei beneficiari delle prestazioni INPS che dei pubblici impiegati per i quali, rispettivamente, l'art. 52 della l. 88/1989 (interpretato autenticamente dall'art. 13 l. 412/91) e l'art. 206 d.P.R. 1973 n. 1092 stabiliscono, nell'identica situazione, l'irripetibilità invece dei ratei non dovuti in buona fede dall'assistito.

E sembrerebbe inoltre vulnerato anche l'art. 38 Cost., perché la ripetibilità dell'importo - come incondizionatamente sancita dalla norma denunciata - non terrebbe conto della natura alimentare e della funzione (di garantire un'esistenza libera e dignitosa) cui assolvono le prestazioni previdenziali.

2. Nel giudizio innanzi alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per contrastare, sotto ogni profilo, la fondatezza della questione sollevata.

Considerato in diritto

udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice relatore Renato Granata l.-Il Pretore di Napoli dubita della legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 11, quinquies, della l. 11 novembre 1983 n. 638 (di conversione del d.l. n. 463/83 recante misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria), <nella parte in cui non esclude nei confronti dei beneficiari di erogazioni ENASARCO la ripetibilità delle prestazioni pensionistiche per l'I.V.S. corrisposte per errore di qualsiasi natura imputabile all'ente non causato da dolo dell'interessato>.

Ed ipotizza il duplice contrasto della norma denunciata:

-con l'art. 3 Cost., sotto il profilo di una irragionevole discriminazione dei pensionati ENASARCO nei confronti sia dei beneficiari delle prestazioni INPS che dei pubblici impiegati per i quali, rispettivamente, l'art. 52 della l. 88/1989 (interpretato autenticamente dall'art. 13 l. 412/91) e l'art. 206 d.P.R. 1973 n.1092 stabiliscono, nell'identica situazione, l'irripetibilità invece dei ratei non dovuti percepiti in buona fede dallo assistito;

-e con l'art. 38 Cost., sul rilievo che la ripetibilità dell'importo-come incondizionatamente sancita dalla norma denunciata-non terrebbe conto della natura alimentare e della funzione (di garantire un'esigenza libera e dignitosa) cui assolvono le prestazioni previdenziali.

2.l.-La questione così prospettata è però inammissibile, in ragione dei noti limiti che i poteri decisori di questa Corte incontrano in materia di sentenze additive a soluzione non obbligata, come quella che sostanzialmente, nella specie, richiede il giudice a quo.

2.2.-Ed infatti è pur vero che, nel quadro di disciplina delle pensioni pubbliche (ex art. 206 t.u. 1092/1973 cit., come anche interpretato dall'art. 8 d.P.R. 8 agosto 1986 n. 538), e del pari in quello delle pensioni private gestite dall'INPS (già con l'art. 80 del r.d. n. 1924, poi seguito dai richiamati artt. 52 l.88/1989 e 13 l. 412/1998) si è affermato ed è venuto via via consolidandosi un principio di settore, secondo il quale-in luogo della generale regola codicistica di incondizionata ripetibilità dell'indebito (art. 2033 c.c.)-trova applicazione la diversa regola, propria di tale sottosistema, che esclude viceversa la ripetizione in presenza di una situazione di fatto (variamente articolata, ma comunque) avente come minimo comun denominatore la non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta.

Vero è altresì che, per identità di ratio, lo stesso principio di settore risulta ora esteso alle pensioni di guerra (v. art. 11 l. 1986 n. 656) ed è stato, in qualche misura, introdotto anche nella materia stipendiale, relativa al pubblico impiego, dalla giurisprudenza del giudice amministrativo.

2.3.-Ma tale premessa, attinente al complessivo quadro normativo di riferimento-mentre conforta le implicazioni che ne trae il Pretore rimettente in punto di negativa valutazione della legittimità della disposizione denunciata- non può anche condurre alla ulteriore conseguenza, dal medesimo auspicata, di una pronunzia direttamente attuativa della correlativa reductio ad legitimitatem.

Vale a dire che-per quanto riguarda il profilo meramente ricognitivo del rapporto tra la norma impugnata ed i parametri costituzionali invocati-questa Corte conviene sulla effettività della denunciata discriminazione di trattamento in danno dei pensionati ENASARCO non reputandola sufficientemente giustificata dalle peculiarità di struttura e funzionamento, che pur connotano questa particolare forma previdenziale, una volta che lo stesso principio (di non ripetibilità o limitata ripetibilità dell'indebito percepito dal pensionato senza dolo) circola, per quanto detto, all'interno di plurimi settori previdenziali a loro volta caratterizzati da non meno apprezzabili differenze interne.

Conclusione questa ulteriormente rafforzata dal canone (pure esso qui esattamente invocato) dell'art. 38 Cost. - che contestualmente, per altro, circoscrive la misura della garanzia costituzionale apprestata al principio di settore in questione-in funzione della soddisfazione di essenziali esigenze di vita della parte più debole del rapporto; che vengono ad essere contraddette dalla indiscriminata ripetibilità di prestazioni naturaliter già consumate in correlazione-e nei limiti - della loro destinazione alimentare.

3. - É però - ed in ciò appunto sta l'ostacolo alla richiesta pronuncia additiva-che il su richiamato principio vive nell'ordinamento positivo in forme e con articolazioni differenziate e variamente modulate, in senso sincronico oltrechè diacronico.

Ed infatti l'elemento soggettivo, riferito al percipiente, che preclude l'applicazione della regola codicistica di ripetibilità dell'indebito, varia dalla previsione, in negativo, della mancanza di dolo (v. artt. 80 r.d. 1422/1924; 52, S5 l. 88/1989; 13 l.412/1991) alla prescrizione, in positivo, della buona fede (art.11 l. 656/1989). Inoltre, alcune volte si richiede (art. 13 l. 412 cit.), altre no, che la erogazione indebita-e in alcuni casi anche la sua constatazione (art. 3 l. 428/1985) -siano consacrati in un provvedimento formale; di questo poi presupponendosi (art. 13 l.412/91), o non, la comunicazione all'interessato. Per di più, in talune ipotesi lo ius retentionis del percipiente è subordinato anche alla non dipendenza dell'erogazione indebita dalla inosservanza di un suo obbligo di comunicazione (artt. 11 l.656/1986; 13 l. 412/91), con limitazione, per altro, in un caso, ai soli fatti che non siano già di per sè conosciuti dall'ente erogante (art. 13 cit.).

II che rende evidente la pluralità delle scelte possibili in ordine alla puntuale configurazione della fattispecie preclusiva della ripetizione nel settore considerato: dovendosi anzi anche considerare che ulteriori variabili potrebbero essere ritenute opportune in ragione delle peculiarità proprie della previdenza ENASARCO.

E ciò appunto impone-come anticipato-la inammissibilità della questione sollevata, mentre la individuazione della soluzione più idonea ad eliminare la rilevata situazione non in sintonia con la Costituzione resta riservata alla scelta discrezionale del legislatore. Al quale la Corte non può, peraltro, non rivolgere l'invito a provvedere, al riguardo, con l'opportuna sollecitudine.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.6, comma 11, quinquies, della l. novembre 1983 n. 638 (di conversione del d.l. n. 463/83 recante misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria), <nella parte in cui non esclude nei confronti dei beneficiari di erogazioni ENASARCO la ripetibilità delle prestazioni pensionistiche per l'I.V.S. corrisposte per errore di qualsiasi natura imputabile all'ente non causato da dolo dell'interessato>, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Costituzione, dal pretore di Napoli, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/12/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 14/12/93.