Sentenza n. 428 del 1993

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SENTENZA N. 428

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), 14 del r.d. 27 giugno 1933, n. 703 (Norme per la liquidazione delle pensioni presso l'amministrazione dello Stato e per il relativo controllo della Corte dei conti), 72 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), e 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), promosso con ordinanza emessa L'8 aprile 1992 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Capogrosso Vincenzo contro il Ministero della Difesa, iscritta al n. 174 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso di un giudizio promosso da Vincenzo Capogrosso contro il Ministero della difesa al fine di ottenere l'equo indennizzo per infermità dipendente da causa di servizio, la Corte dei conti, con ordinanza del 18 aprile 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 5 aprile 1993) ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, 14 del r.d. 27 giugno 1933, n. 703, 72 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, e 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in riferimento agli artt. 3, secondo (recte primo) comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 Cost., "nella parte in cui non attribuiscono alla giurisdizione della Corte dei conti il contenzioso in materia di equo indennizzo".

 

Premesso che la Corte di cassazione, a sezioni unite, ha sempre attribuito tali controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il giudice remittente ritiene la mancata attribuzione al giudice contabile contraria al principio di razionalità, coordinato col diritto di difesa, col principio di buon andamento dell'amministrazione e col principio della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica amministrazione, sotto tre profili: a) i molteplici elementi di connessione tra l'equo indennizzo previsto dall'art. 68 del d.P.R. n. 3 del 1957 e la pensione privilegiata prevista dall'art. 64 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092; b) le incongruenze e le disposizioni che l'attuale sistema di giurisdizione ripartita produce nell'applicazione pratica; c) la più ampia tutela che, rispetto al giudice del rapporto di impiego, può essere offerta dal giudice delle pensioni in materia medico-legale.

 

L'art. 3 sarebbe violato anche sotto l'aspetto del principio di eguaglianza perché la possibilità che sui presupposti dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata, che sono identici, si pronunzino rispettivamente il giudice amministrativo e il giudice contabile, i quali hanno differenti poteri d'indagine, crea situazioni di disuguaglianza giuridica tra cittadini invalidi.

 

2. Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

L'interveniente osserva che "l'ordinanza di rimessione non prospetta, in riferimento all'asserita lesione del principio di eguaglianza, alcuna argomentazione tale da far ritenere superato il rilievo di fondo della diversità delle situazioni giuridiche attribuite dall'ordinamento rispettivamente alla giurisdizione del giudice amministrativo e alla Corte dei conti", essendo "del tutto accidentale ed ininfluente il fatto che i due trattamenti abbiano la medesima causa genetica". Non sono pertinenti né il parametro dell'art. 97 Cost., posto che la materia della giurisdizione esula dal concetto di amministrazione, della quale la norma costituzionale mira a garantire il buon andamento e l'imparzialità, né quello degli artt. 24 e 113 Cost., i quali non escludono la legittimità di forme differenziate di tutela giurisdizionale.

 

Considerato in diritto

 

l.-La Corte dei conti ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, 14 del r.d. 27 giugno 1933, n. 703, 72 del r.d. 13 agosto 1933, n.1038, e 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in riferimento agli artt. 3, secondo (recte primo) comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 Cost., nella parte in cui, secondo l'interpretazione costante delle Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr.sentenze nn. 3601 del 1986, 2091 del 1989, 5988 del 1992), attribuiscono alla giurisdizione del giudice amministrativo, anzichè della Corte dei conti, le controversie in materia di equo indennizzo agli impiegati civili dello Stato per infermità o perdita dell'integrità fisica dipendente da causa di servizio.

 

2. - La questione non è fondata.

 

Fuori dalle materie di contabilità pubblica e di responsabilità amministrativa la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie specificate dalla legge (art. 103 Cost.), tra le quali non rientra l'equo indennizzo previsto dall'art. 68 del d.P.R. n. 3 del 1957. La mancata interpositio del legislatore non può essere censurata di irrazionalità sul riflesso che al buon andamento dell'amministrazione converrebbe l'unificazione della giurisdizione nelle materie dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata di cui all'art. 64 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092, il primo avendo in comune con la seconda il medesimo presupposto di fatto, cioè la noxa patogena causata dal servizio, nonchè le procedure per l'istruttoria e la decisione sulla domanda. Queste connessioni non incidono sulla natura dei due istituti, che rimane diversa, e quindi non giustificano una deroga, in ordine al primo, al criterio regolatore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L'equo indennizzo è un istituto del rapporto di pubblico impiego, dal quale ripete il suo titolo immediato, mentre la pensione privilegiata è un istituto previdenziale che attribuisce un trattamento speciale di quiescenza e perciò presuppone la cessazione del rapporto d'impiego.

 

La censura di irrazionalità non riceve maggior forza dal coordinamento con l'art. 97 Cost. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione, pur applicabile anche all'aspetto organizzativo degli uffici preposti all'attività giurisdizionale, non concerne l'esercizio della funzione giurisdizionale, la quale non è compresa nel concetto di < organizzazione giudiziaria> in senso stretto (sent. nn. 140 del 1992 e 376 del 1993).

 

3. -Poichè la differenza di regime processuale dei due istituti non può dirsi irrazionale, non è nemmeno possibile ravvisare contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 113 Cost., i quali di per sè non precludono al legislatore di differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo alle particolarità del rapporto da regolare (cfr. sentenza n. 249 del 1974), sia sotto il profilo dell'organo investito della giurisdizione, sia sotto il profilo dei poteri di indagine e di valutazione del giudice, sia infine sotto il profilo delle modalità di accesso alla giustizia. In particolare, la gratuità del giudizio davanti al giudice delle pensioni e la non occorrenza di difesa tecnica non possono essere addotti come argomento di contrasto della disciplina delle controversie afferenti all'equo indennizzo con l'art. 24, terzo comma, Cost. Il precetto costituzionale di soccorso dei non abbienti è adempiuto, nel procedimento davanti al giudice amministrativo, dall'istituto del gratuito patrocinio.

 

Per la medesima ragione il regime processuale delle controversie concernenti la pensione privilegiata non può fungere da tertium comparationis per censurare la diversa disciplina delle controversie in materia di equo indennizzo come causa di < situazioni di disuguaglianza giuridica tra cittadini invalidi> lesiva del principio dell'art. 3 Cost.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt.13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), 14 del r.d. 27 giugno 1933, n. 703 (Norme per la liquidazione delle pensioni presso l'amministrazione dello Stato e per il relativo controllo della Corte dei conti), 72 del r.d. 13 agosto 1933, n.1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), e 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, secondo (recte primo) comma, 24, primo e terzo comma, 97 e 113 della Costituzione, dalla Corte dei conti con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/11/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Luigi MENGONI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 03/12/93.