Sentenza n. 418 del 1993

CONSULTA ONLINE

 

SENTENZA N. 418

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Raffaele Mazzaro, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice relatore Enzo Cheli.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel procedimento penale a carico di Raffaele Mazzaro il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 27 ottobre 1992 (R.O. n. 131 del 1993), ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale "nella parte in cui non prevede obbligatoriamente la notifica dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio al difensore dell'indagato ovvero, in caso di sua mancanza, la previa nomina di un difensore d'ufficio, per contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione".

 

Nell'ordinanza di rinvio si premette che l'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale prescrive che, in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione, "il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato".

 

In tale norma, quindi, il difensore della persona sottoposta alle indagini non é menzionato tra i soggetti destinatari dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio fissata dal giudice per le indagini preliminari che non abbia provveduto de plano sulla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero.

 

Aggiunge poi il giudice a quo che l'obbligo di notificare l'avviso dell'udienza in camera di consiglio anche al difensore dell'indagato non può essere desunto dalla disposizione (sempre contenuta nell'art. 409, secondo comma, del codice di rito) secondo cui "il procedimento si svolge nelle forme previste dall'art. 127" del codice di procedura penale.

 

Il richiamo all'art. 127, infatti, non si estenderebbe alla disciplina degli avvisi perchè l'art. 409, secondo comma, del codice di rito contiene una specifica e autonoma elencazione dei destinatari dell'avviso dell'udienza, elencazione che risulterebbe del tutto inutile in caso di incondizionato rinvio all'art. 127 che, al primo comma, prevede l'avviso "alle parti, alle altre persone interessate ed ai difensori".

 

Tanto premesso, il giudice a quo prospetta il dubbio che il diritto di difesa, sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, risulti violato dalla mancata inclusione del difensore della persona sottoposta alle indagini tra i destinatari dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio prevista dall'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale.

 

Ripercorrendo le complessive modalità di svolgimento del procedimento in camera di consiglio regolate dall'art. 127 del codice di rito, il giudice remittente menziona le norme che garantiscono l'audizione e la partecipazione dell'indagato e del suo difensore; sottolinea che le disposizioni relative agli avvisi (comma primo), alla partecipazione dei soggetti avvisati ed all'audizione dell'indagato detenuto (comma terzo), alla necessità del rinvio per legittimo impedimento dell'imputato (comma quarto), sono previste a pena di nullità; ricorda infine che l'ordinanza di archiviazione é ricorribile per cassazione solo per tali casi di nullità (art. 409, sesto comma, c.p.p.).

 

Da questo contesto normativo il giudice a quo trae la conclusione che - per consentire le dichiarazioni dell'indagato che intende partecipare all'udienza prevista dall'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale - la difesa della persona sottoposta alle indagini deve essere, in tale sede, adeguatamente garantita. Ed a tal fine chiede alla Corte di dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma denunciata "nella parte in cui non prescrive che comunque debba assicurarsi l'assistenza tecnica di un difensore cui va inviato l'avviso dell'udienza".

 

La questione prospettata é considerata rilevante, dal momento che in camera di consiglio non si é provveduto a dare avviso al difensore che, sul punto, ha proposto eccezione: con la conseguenza che "decidere negativamente" su tale eccezione "comporterebbe un'ipotesi di nullità" del procedimento in caso di accoglimento della censura di incostituzionalità della norma denunciata.

 

2. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

Considerato in diritto

 

l.-II giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dubita della legittimità costituzionale dell'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale, ritenendo che tale norma si ponga in contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto non prevede la notifica al difensore della persona sottoposta alle indagini dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio fissata in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero.

 

II giudice remittente chiede, pertanto, che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma denunciata nella parte in cui essa non prescrive l'invio al difensore dell'indagato dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio : e ciò al fine di assicurare comunque alla persona sottoposta alle indagini l'assistenza tecnica di un difensore anche nel procedimento in questione.

 

2. - Nei termini in cui è prospettata, la questione è da ritenere infondata.

 

Nella sua ordinanza di rinvio il giudice a quo parte dall'assunto che l'art.409, secondo comma, del codice di rito identifichi come destinatari esclusivi dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio il pubblico ministero, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa dal reato ed escluda perciò l'obbligo di inviare detto avviso anche al difensore dell'indagato.

 

A sostegno di questa ricostruzione il giudice remittente afferma che, nella disposizione impugnata, è contenuta una specifica ed autonoma elencazione dei destinatari dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio, senza menzione alcuna del difensore dell'indagato, con la conseguenza che il richiamo all'art. 127 del codice di procedura sarebbe da considerarsi limitato alle sole forme del procedimento camerale, senza estendersi alla disciplina degli avvisi.

 

Tale lettura della disposizione denunciata non appare, peraltro, condivisibile.

 

Nel ricostruire la normativa in discussione non si può infatti prescindere dalla disposizione dettata dall'art. 61 del codice di rito: una norma, questa, che-estendendo diritti e garanzie dell'imputato alla persona sottoposta alle indagini preliminari-sottolinea come le garanzie di difesa dell'indagato debbano operare- sia pure in forme diversificate- lungo tutta la fase delle indagini preliminari e, pertanto, anche in relazione allo snodo cruciale disciplinato dall'art 409, che può segnare alternativamente o l'epilogo definitivo del procedimento o la ripresa e l'approfondimento delle indagini sulla scorta delle indicazioni fornite dal giudice o la formulazione dell'imputazione su ordine del giudice.

 

Inoltre, la disposizione dettata dall'art. 99 del codice estende al difensore, sia esso dell'imputato o della persona sottoposta alle indagini, < le facoltà e i diritti che la legge riconosce all'imputato, a meno che essi siano riservati personalmente a quest'ultimo>: ed a tale norma è stata già ricollegata, nella giurisprudenza di questa Corte, la necessità di informativa al difensore in ordine ad una fase del procedimento-l'incidente probatorio-nella quale vengono compiute attività < che sottintendono ... un adeguato esercizio della difesa tecnica> (sent. n. 436 del 1990).

 

Alla luce di questi principi va quindi letta la norma impugnata che, nel menzionare specificamente il pubblico ministero, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa, ha inteso identificare, con la necessaria precisione, i protagonisti sostanziali del contraddittorio destinato a svolgersi nell'udienza in camera di consiglio, senza, peraltro, escludere la necessità dell'avviso al difensore dell'indagato. In questa chiave di lettura può, pertanto, risultare coerente anche il richiamo operato dall'art. 409 al procedimento camerale disciplinato dall'art 127 del codice, dove si prevede l'invio dell'avviso < < alle parti, alle altre persone interessate ed ai difensori>.

 

La scelta legislativa di regolare l'udienza sulla richiesta di archiviazione richiamandosi alla disciplina generale del < procedimento in camera di consiglio> rende, infatti, evidente la volontà di assicurare non solo la presenza del pubblico ministero, delle parti e delle altre persone interessate (nella specie la persona offesa) ma anche del difensore dell'indagato al fine di garantire, con certezza, il concreto esercizio del diritto di difesa e l'effettività del contraddittorio.

 

D'altro canto è appena il caso di ricordare che l'udienza disciplinata dall'art. 409, secondo comma, del codice di rito -finalizzata al controllo del giudice delle indagini preliminari sull'osservanza del principio di obbligatorietà dell'azione penale ed alla assunzione di decisioni di estremo rilievo sulla sorte del procedimento e dell'indagato-può realizzare compiutamente la sua funzione istituzionale solo se è assicurata l'assistenza tecnica della persona sottoposta alle indagini: il che presuppone l'invio del relativo avviso non solo all'indagato, ma anche al suo difensore (previa, naturalmente, la nomina di un difensore d'ufficio all'indagato che non abbia già nominato un difensore di fiducia).

 

In conclusione, la lettura coordinata degli artt. 409 e 127 ed il collegamento di tali disposizioni con le regole dettate dagli artt. 61 e 99 del codice inducono ad affermare che il difensore dell'indagato è ricompreso nel novero dei destinatari dell'avviso dell'udienza in camera di consiglio fissata dal giudice delle indagini preliminari per l'adozione di provvedimenti sulla richiesta di archiviazione.

 

Tale interpretazione conduce, di conseguenza, a escludere quella violazione dell'art. 24 della Costituzione che viene lamentata dal giudice a quo.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 409, secondo comma, del codice di procedura penale, in riferimento all 'art .24 della Costituzione, sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli con l'ordinanza di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/11/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 25/11/93.