Sentenza n. 406 del 1993

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SENTENZA N. 406

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648 (rectius 642) ( Disciplina dell'imposta di bollo), promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1992 dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra la S.p.A. SUPERBOX e l'Amministrazione delle Finanze, iscritta al ne 149 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Udito nella camera di consiglio del 6 ottobre 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Bologna - nel corso di un giudizio avente ad oggetto rimborsi d'imposte di bollo corrisposte mediante "visto per bollo", nel corso del quale era stata eccepita l'inammissibilità delle domande, per non essere state previamente e tempestivamente impugnate le decisioni negative dell'intendenza di finanza - con ordinanza 24 novembre 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648 (rectius 642), nella parte in cui subordina l'esperimento dell'azione giudiziaria per il rimborso dell'imposta di bollo, al previo ricorso al ministero delle finanze.

Nell'ordinanza si osserva che, a norma dell'art. 33, primo comma, le controversie riguardanti le imposte di bollo e relative soprattasse sono decise in via amministrativa dalle intendenze di finanza, con provvedimento avverso il quale é dato ricorso al ministero delle finanze se l'ammontare controverso delle imposte e sovrattasse supera le centomila lire. Avverso la decisione definitiva del ricorso é promovibile l'azione giudiziaria e, solo qualora entro centottanta giorni dalla presentazione del ricorso non sia intervenuta la relativa decisione, il contribuente può promuovere l'azione giudiziaria anche prima della notificazione della decisione stessa.

Secondo il giudice remittente, in base al citato art. 33, anche ove la controversia riguardi un rimborso d'imposta, nel caso in cui la richiesta non sia accolta dall'intendenza di finanza, il contribuente ha l'onere di proporre ricorso al ministero delle finanze entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento reiettivo e solo dopo la notifica della decisione ministeriale, ovvero dopo il decorso di centottanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che intervenga tale notifica, può accedere alla tutela giurisdizionale.

Ciò contrasterebbe con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, essendo impedito all'interessato di avvalersi del diritto di difesa garantito dall'art. 24, nonchè della tutela giurisdizionale contro gli atti della P.A. garantita dall'art. 113, senza avere prima percorso la via amministrativa. Inoltre, tale disciplina concreterebbe una violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto il contribuente, sussistendo i requisiti per la restituzione, verrebbe a trovarsi inserito in un rapporto paritario nei confronti dell'amministrazione, nell'ambito del quale sarebbe irragionevolmente compresso il suo diritto alla tutela giurisdizionale.

Dinanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente del consiglio dei ministri, per cui la causa é stata fissata per l'esame in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Considerato in diritto

l.-La Corte è chiamata a decidere se l'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 - nella parte in cui subordina l'esperimento dell'azione giudiziaria per il rimborso dell'imposta di bollo, al previo ricorso gerarchico al ministero delle finanze - violi: a) gli artt. 24 e 113 della Costituzione, impedendo l'esperimento dell'azione giudiziaria sino alla notificazione del provvedimento ministeriale ovvero, in mancanza, per centottanta giorni dalla proposizione del ricorso; b) l'art. 3 della Costituzione, perchè la posizione paritaria del privato e dell'Amministrazione nel rapporto attinente al rimborso d'imposta, non giustifica la necessità del previo esperimento del ricorso gerarchico.

2. - La questione è fondata.

Va premesso che l'art. 37 del d.P.R. n. 642 del 1972 stabilisce che la restituzione delle imposte corrisposte in modo virtuale e delle relative soprattasse deve essere richiesta entro il termine di decadenza di tre anni a decorrere dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento. Non si fa luogo alla restituzione delle imposte pagate mediante versamento in conto corrente postale, nè è ammesso il rimborso delle imposte pagate in modo ordinario o straordinario, salvo il caso in cui si tratti: a) di imposta assolta con bollo a punzone su moduli divenuti inutilizzabili per sopravvenute disposizioni legislative o regolamentari; b) di imposta corrisposta, anche parzialmente, mediante visto per bollo.

In tali casi la domanda di rimborso deve essere presentata, a pena di decadenza, all'intendenza di finanza, entro un anno dalla data di entrata in vigore delle sopravvenute disposizioni legislative o regolamentari per l'ipotesi di cui alla lettera a), e dalla data del pagamento dell'imposta corrisposta a mezzo visto per bollo per l'ipotesi di cui alla lettera b).

A norma dell'art. 33, comma primo, dello stesso d.P.R. 26 ottobre 1972, n.642, le controversie riguardanti l'applicazione delle imposte di bollo e delle relative soprattasse sono decise in via amministrativa dalle intendenze di finanza con provvedimento motivato, avverso il quale è dato ricorso al ministero delle finanze nel termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento stesso se l'ammontare controverso delle imposte e soprattasse supera centomila lire. Avverso il provvedimento ministeriale, che decide il ricorso, è esperibile l'azione giudiziaria nel termine di novanta giorni dalla data di notificazione del provvedimento stesso. L'azione è del pari esperibile qualora, entro centottanta giorni dalla data di presentazione, il ricorso non sia stato deciso (art. 33, ultimo comma).

Il giudice a quo ritiene che tale normativa si applica anche in materia di rimborsi d'imposta, con la conseguenza che, in caso di diniego del rimborso, ove sia trascorso il termine per ricorrere in via amministrativa senza proporre il ricorso, è preclusa la possibilità di esperire l'azione giudiziaria.

Questa Corte ha costantemente affermato (cfr. da ultimo le sentenze n. 154 del 1992; n. 15 del 1991; n. 470 del 1990; n. 530 del 1989) che gli artt. 24 e 113 della Costituzione non impongono una correlazione assoluta tra il sorgere del diritto e la sua azionabilità, la quale può essere differita ad un momento successivo ove ricorrano esigenze di ordine generale e superiori finalità di giustizia. Tuttavia, anche nel concorso di queste circostanze, il legislatore è sempre tenuto ad osservare il limite imposto dall'esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa, in conformità al principio della piena attuazione della garanzia stabilita dalle suddette norme costituzionali.

In coerenza con tali premesse sono state dichiarate illegittime disposizioni che comportavano compressioni del diritto di azione, ostacolandone l'esercizio, in particolare comminando la sanzione della decadenza in relazione al mancato esperimento di ricorsi amministrativi (cfr., specificamente, le sentenze n. 15 del 1991 e n. 530 del 1989).

Circa la fattispecie, oggetto di esame, deve affermarsi, quindi, che la previsione, in materia di rimborsi dell'imposta di bollo, della decadenza dall'azione giudiziaria in conseguenza della mancata proposizione del ricorso amministrativo, si pone in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. Inoltre, vertendosi in materia di rimborsi su accertamenti documentali, una volta che questi siano stati compiuti con esito negativo, non si profilano esigenze che possano giustificare il differimento dell'esperibilità dell'azione giudiziaria.

Ne discende che l'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 va dichiarato illegittimo, per il contrasto con l'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, in materia di rimborsi d'imposta, l'esperibilità dell'azione giudiziaria, anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo), nella parte in cui non prevede, in materia di rimborsi d'imposta, l'esperibilità dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/11/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/11/93.