Sentenza n. 400 del 1993

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SENTENZA N. 400

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 100, 103 e 104 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 (Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto), promosso con ordinanza emessa l'11 marzo 1993 dal Tribunale di Pavia nel procedimento civile vertente tra l'Azienda Servizi Municipalizzati di Pavia e Forlini Pietro ed altri, iscritta al n. 224 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di costituzione di Comizzoli Mario e dell'A.S.M. di Pavia nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 ottobre 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi gli avvocati Luciano Ventura per Comizzoli Mario, Ferruccio Carboni per l'A.S.M. di Pavia e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

l. Nel corso del giudizio di appello promosso dall'Azienda Servizi Municipalizzati di Pavia avverso la sentenza pretorile 19 febbraio 1992, che l'aveva condannata a corrispondere ai ricorrenti la retribuzione prevista dall'art.17, lett. c), del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, il Tribunale di Pavia, con ordinanza dell'11 marzo 1993, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 100, 103 e 104 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, attuativo della delega legislativa conferita al Governo dalla legge 6 dicembre 1978, n. 835, "nella parte in cui dispongono l'abrogazione del (citato) r.d.l. n. 2328 del 1923 senza farne salva la vigenza quale norma transitoria anche per le categorie di servizi di trasporto diverse da quelle indicate nell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 753 del 1980".

Ad avviso del giudice remittente, le norme denunciate sono viziate da eccesso di delega in relazione: a) all'art. 1, lett. c), della legge n. 835 del 1978, che demanda al Governo di "provvedere al riordinamento e all'aggiornamento delle disposizioni per la polizia, la sicurezza e la regolarità dei servizi di trasporto terrestre" limitatamente a quelli, diversi dalle ferrovie in concessione, rimasti di competenza degli organi dello Stato o trasferiti alla competenza delle Regioni, esclusi pertanto i servizi gestiti dalle aziende municipalizzate;b) all'art. 1, lett. a), che demanda al Governo di provvedere all'aggiornamento e al riordino delle norme contenute nel "Regolamento circa la polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle strade ferrate", approvato con r.d. 31 ottobre 1873, n. 1687, restando perciò estranea alla delega la materia dei tempi di "lavoro effettivo" e dei relativi parametri retributivi, non compresa nell'art. 10 del citato regolamento e disciplinata dall'art. 17 del r.d.l. n. 2328 del 1923;c) all'art. 1, lett. e), che autorizza il Governo ad "abrogare tutte le disposizioni vigenti nelle materie oggetto di delega in contrasto con la futura normativa", dai cui destinatari sono escluse, ai sensi della precedente lett. c), le aziende municipalizzate.

Sul punto della rilevanza della questione il Tribunale precisa che gli accordi aziendali, cui rinvia l'art. 4/A del c.c.naz. 23 luglio 1976 per gli autoferrotranvieri, non contemplano una disciplina convenzionale che possa ritenersi assorbente del diritto di retribuzione previsto dall'art. 17 del r.d.l. n. 2328 del 1923. I detti accordi disciplinano soltanto "i c.d. tempi accessori, istituto ben diverso da quello previsto dal menzionato art. 17".

2.l. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituita l'Azienda Servizi Municipalizzati di Pavia sostenendo, soprattutto nella memoria integrativa dell'atto di costituzione, l'irrilevanza della questione, e chiedendo in subordine una dichiarazione di infondatezza.

La questione sarebbe irrilevante perchè, in dipendentemente dall'abrogazione o no del decreto del 1923, la causa oggetto del giudizio a quo "avrebbe dovuto essere decisa sulla base della normativa applicabile al rapporto di lavoro dei dipendenti dell'Azienda Municipalizzata, ossia il r.d. n. 148 del 1931 e gli accordi collettivi ai quali il medesimo rinvia".

L'infondatezza è sostenuta per un verso con argomenti analoghi a quelli svolti dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 6089 del 1991, per altro verso sul riflesso che l'abrogazione del decreto del 1923 "non ha affatto travolto la normativa degli autoferrotranvieri dipendenti dalle aziende municipalizzate, in quanto è rimasto in vigore il r.d. n. 148 del 1931, del quale l'art. 104 in questione ha abrogato soltanto l'art. 8, sesto comma".

Nel merito l'Azienda si riporta ai motivi della sentenza appena citata, che ha ritenuto la questione manifestamente infondata. Non vi sarebbe eccesso di delega, secondo la Corte di cassazione, perchè tra le norme del regolamento del 1873, che il Governo è stato delegato ad aggiornare e riordinare, vi è l'art. 10 che obbliga le società esercenti a "fissare l'orario di servizio del personale in modo da lasciare a questo le ore necessarie di riposo continuato", cioè una norma afferente alla medesima materia regolata dal r.d.l. n. 2328 del 1923, sicchè la delega comprende anche il potere di incidere sul rapporto di lavoro, quanto meno per la disciplina degli orari e dei turni di lavoro.

2.2. Si è pure costituita una delle parti private chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme impugnate per i motivi esposti nell'ordinanza di rimessione, che sono stati poi sviluppati e integrati in un'ampia memoria depositata in prossimità dell'udienza di discussione.

La difesa del prestatore di lavoro osserva che oggetto della disciplina di cui all'art. 17, lett. c), del regolamento del 1923 non è tanto la durata dell'orario effettivo di lavoro del personale di scorta ai treni, quanto piuttosto le modalità del suo calcolo e i riflessi economici del medesimo, cioè una materia non compresa nella delega, onde appare inconferente il riferimento all'art. 10 del r.d. n.1687 del 1873, il quale non tocca il trattamento economico del personale.

D'altra parte, la norma regolamentare non può dir si superata dall'art. 1 del r.d. n. 148 del 1931, essendo invece rimasta in vigore in funzione di minimo legale di trattamento non derogabile dai contratti collettivi.

In particolare, per quanto riguarda l'art. 1, lett. e), della legge n. 835 del 1978, la parte privata rileva che questa disposizione, letta nel contesto complessivo della delega, "non autorizza affatto il Governo ad abrogare qualsiasi norma che abbia a che vedere con l'esercizio ferroviario". Il potere abrogativo conferito al Governo incontra il duplice limite del riferimento della delega non a tutti i pubblici servizi di trasporto, ma soltanto a quelli specificati nell'art. 1, lett. c, e della condizione che le norme abrogate siano in contrasto con la futura normativa.

La violazione di tale limite ha comportato che l'abrogazione "secca" del r.d.l. n. 2328 del 1923, senza il temperamento previsto dall'art. 103 del decreto delegato, inapplicabile alle aziende municipalizzate, lascia priva di ogni regolamentazione legislativa per il personale di queste aziende la materia delle modalità temporali delle prestazioni di lavoro e del computo nel lavoro effettivo dei tempi oc correnti per l'avvicendamento dei turni di guida, materia per la quale l'art. 36 Cost. prevede una riserva di legge.

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

Inammissibile perchè, per quanto riguarda il trattamento retributivo del personale delle aziende municipalizzate, la disciplina legale previgente è stata sostituita dalla contrattazione collettiva ai sensi dell'art. 1, secondo comma, del r.d. n. 148 del 193l. Infondata per le ragioni illustrate nella sentenza n. 6089 del 1991 della Corte di cassazione più volte citata.

Considerato in diritto

l. Il Tribunale di Pavia ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 100, 103 e 104 del d.P.R. 11 luglio 1980, n.753 - attuativo della delega legislativa conferita al Governo dalla legge 6 dicembre 1978, n. 835, per l'emanazione di nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto - "nella parte in cui dispongono l'abrogazione del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328, senza farne salva la vigenza, quale norma transitoria, anche per le categorie di servizi di trasporto diverse da quelle indicate nell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 753 del 1980".

2. L'Azienda Servizi Municipalizzati di Pavia ha eccepito l'irrilevanza della questione sul riflesso che la causa oggetto del giudizio a quo "avrebbe dovuto essere decisa sulla base della normativa applicabile al rapporto di lavoro dei dipendenti delle aziende municipalizzate di trasporto, ossia il r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, e gli accordi collettivi ai quali il medesimo rinvia, prescindendo dall'applicabilità diretta dell'art.17 del r.d.l. n. 2328 del 1923. Si trattava, quindi, di valutare se la normativa collettiva nazionale e quella aziendale riservano un trattamento adeguato alle prestazioni dei conducenti di linea per quanto concerne sia i c.d. tempi accessori in senso stretto, sia le prestazioni relative ai cambi di veicoli".

Analoga eccezione è stata formulata dall'Avvocatura dello Stato, ad avviso della quale l'art. 1, secondo comma, del r.d. n.148 del 1931 ha "sostituito la disciplina normativa previgente con la contrattazione collettiva per quanto riguarda l'aspetto retributivo".

L'eccezione non può essere accolta. Poichè le norme del r.d.l. 2328 del 1923 concernenti il trattamento economico del personale non possono ritenersi abrogate dall'art. 1, secondo comma, del r.d. n. 148 del 1931, ma sono rimaste in vigore come minimi legali non derogabili (in peius) dalla contrattazione collettiva (art. 7 disp. prel. cod. civ.), la tesi proposta sembra debba intendersi nel senso che il giudice a quo, una volta accertato che la contrattazione collettiva si occupa soltanto dei c.d. tempi accessori, che sono cosa di versa dai "tempi di cambio", avrebbe dovuto mettere a confronto le due discipline, legale e collettiva, per valutare, col metodo globale, se la seconda sia complessivamente più favorevole ai lavoratori, così da potersi considerare assorbito il beneficio previsto dall'art.17, lett. c), del r.d.l. del 1923. Va replicato che - a parte la questione se il metodo globale di confronto, con cui si applica il criterio della fonte più favorevole nei rapporti tra contratto individuale di lavoro e contratto collettivo (art. 2077 cod.civ.), sia applicabile anche ai rapporti tra contratto collettivo e legge o regolamento - la detta valutazione è espressamente respinta dall'ordinanza di rimessione: "non si può ritenere - afferma il giudice a quo - che dagli accordi aziendali cui rinvia il contr.coll.naz. del 23 luglio 1976 per gli autoferrotranvieri discenda una disciplina convenzionale del rapporto di lavoro degli appellati con l'ASM di Pavia assorbente del diritto alla retribuzione prevista dall'art. 17 del r.d.l. n. 2328 del 1923".

3. In relazione agli artt. 1, 100 e 103 del d.P.R. n. 753 del 1980 la questione è inammissibile perchè queste norme non incidono sulla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle aziende municipalizzate.

L'art. 1, terzo comma, in conformità del- l'art. 1, lett. c), della legge di delega, estende le norme comunque riguardanti le ferrovie in concessione a tutti gli altri servizi collettivi di pubblico trasporto terrestre di competenza degli organi dello Stato e, se concernenti la polizia e la sicurezza dell'esercizio, anche a quelli di competenza delle regioni. Nel novero di questi servizi pubblici non rientrano le aziende municipalizzate di trasporto. Queste aziende sono estranee anche al campo di applicazione degli artt. 100 e 103, esso pure limitato ai servizi pubblici indicati nell'art. 1, terzo comma. Va soggiunto che in relazione all'art. 103 la questione è formulata in termini palesemente contraddittori, in quanto muove a questa norma la censura di non avere fatta salva la vigenza, in via transitoria, del r.d.l. n. 2328 del 1923 "anche per le categorie diverse da quelle indicate nell'art.1, terzo comma, del d.P.R. n. 753 del 1980", cioè per le categorie non comprese tra i destinatari della funzione legislativa delegata al Governo.

4. La questione è ammissibile in relazione all'art. 104, nella parte in cui dispone l'abrogazione del r.d.l. n. 2328 del 1923. In questi termini, che prospettano una sentenza puramente caducatoria, e nei limiti della rilevanza per la decisione del giudizio a quo, la questione è anche fondata.

L'argomento contrario, desunto dalla sentenza n. 6089 del 1991 della Corte di cassazione, non può essere condiviso.

Si sostiene che l'art. 1, lett. a), della legge n. 835 del 1978, nel delegare il Governo a provvedere all'aggiornamento e al riordino delle norme contenute nel regolamento circa la polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle strade ferrate approvato con r.d. 31 ottobre 1873, n.1687, attrae indirettamente nell'ambito della delega anche il r.d.l. n.2328 del 1923, avente per oggetto "la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione", ossia un oggetto coincidente con quello dell'art. 10 del citato regolamento del 1873, il quale demandava alle società concessionarie di "fissare l'orario di servizio del personale in modo da lasciare a questo le ore necessarie di riposo continuato".

Ma il confronto tra i due testi normativi contraddice l'asserita coincidenza di oggetto: l'art. 10 del regolamento del 1873 si proponeva soltanto, in funzione della sicurezza dell'esercizio delle strade ferrate, di evitare che gli ad detti fossero sottoposti a turni di lavoro eccessivamente lunghi e gravosi senza l'alternanza di congrui periodi di riposo, mentre il regolamento del 1923 allarga il proprio oggetto al trattamento economico del personale in ordine ai criteri di computo del lavoro effettivo al quale va commisurata la retribuzione.

L'interpretazione estensiva della delega, sostenuta dall'Azienda in causa e dall'Avvocatura dello Stato, porta all'assurdo di ritenere che, mentre per i servizi pubblici indicati nell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. n. 753 del 1980 l'art. 103 del decreto medesimo ha mantenuto in vigore, in via transitoria, il r.d.l. n. 2328 del 1923, invece per le aziende municipalizzate la disciplina legale degli orari e dei turni di servizio, cui rinvia l'art. 1, primo comma, del r.d. n. 148 del 1931, sarebbe stata abrogata tout court senza alcuna misura di diritto transitorio. Poichè deve essere scartata, quando è possibile un'interpretazione diversa, l'interpretazione che ascrive a un enunciato normativo un significato assurdo o irragionevole, si deve ritenere che pure in relazione ai punti a) e b) dell'art. 1 della legge n. 835 del 1978 la delega legislativa è limitata ai servizi pubblici di trasporto specificati nel punto c). In questo senso, ma senza trarne la dovuta conseguenza in ordine ai limiti del potere abrogativo previsto nel punto e), si è orientato lo stesso legislatore delegato nell'attuazione della direttiva di cui al punto b) (tit. IX del d.P.R. n. 753 del 1980), e in particolare nell'art. 100, n. 5, che per le ferrovie in concessione, e quindi nell'ambito normativo definito dall'art.1, terzo comma, del decreto, autorizza il Ministro dei tra sporti a emanare norme regolamentari riguardanti la formazione dei turni per il personale addetto a mansioni interessanti la sicurezza e la regolarità del servizio.

Del resto, pur ammesso che, attraverso l'art. 10 del regolamento del 1873, l'oggetto della delega investa anche il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri relativamente alla disciplina dell'orario e dei turni di servizio, il potere dell'organo delegato sarebbe comunque limitato, secondo la lettera dell'art. 1 della legge n. 835 del 1978, alle norme interessanti la sicurezza e la regolarità del servizio, restandone esclusa in ogni caso la materia del trattamento economico del personale, alla quale appartiene l'art. 17 del r.d.l. n. 2328 del 1923.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 104 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 (Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto), nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art. 17, lett. c.), del r.d.l. 19 ottobre 1923, n. 2328;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 100 e 103 del medesimo d.P.R. n.753 del 1980, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dal Tribunale di Pavia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/11/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 18/11/93.