Sentenza n. 369 del 1993

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SENTENZA N. 369

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 6 ottobre 1967, n. 949 (Integrazioni e modificazioni alla legge 18 agosto 1962, n.1357, sul riordinamento dell'Ente nazionale di assistenza e previdenza dei veterinari, E.N.P.A.V.), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1992 dal Pretore di Viterbo nel procedimento civile vertente tra Laurenti Lucio ed altri e l'E.N.P.A.V., iscritta al n.16 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Udito nella camera di consiglio del 5 maggio 1993 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto in fatto

l. Laurenti Lucio ed altri, veterinari iscritti negli albi professionali, proponevano domande contro l'E.N.P.A.V. (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Veterinari) innanzi al Pretore di Viterbo, giudice del lavoro. L'Ente, costituitosi in giudizio, eccepiva l'incompetenza del pretore adito, ai sensi dell'art. 9 della legge 6 ottobre 1967, n.949, in base al quale per tutte le controversie che riguardano l'E.N.P.A.V. il foro competente è esclusivamente quello di Roma. Il Pretore di Viterbo sollevava quindi, d'ufficio, questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 9 della citata legge 6 ottobre 1967, n. 949.

Ritiene il giudice a quo che, per il principio di specialità, tale norma non sia stata abrogata dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, che ha sostituito l'art. 444 del codice di procedura civile, fissando in via generale la competenza per le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Osserva il rimettente che la rilevanza è in re ipsa (il giudicante non potrebbe entrare nel merito della controversia, stante il disposto della norma denunziata).

Vi sarebbe lesione dell'art. 3, per l'irragionevole disparità di trattamento degli iscritti all'Ente rispetto ai soggetti di tutti gli altri rapporti previdenziali ed assistenziali, e dell'art. 24 della Costituzione, in quanto lo spostamento di competenza territoriale rispetto alla regola generale incide sul diritto degli iscritti ad agire in giudizio.

il giudice rimettente richiama, in particolare, la sentenza di questa Corte n. 117 del 1990, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 23 della legge 17 maggio 1985, n.210, ed aggiunge che la norma in esame pone una disciplina ancora più accentratrice di quella del foro erariale, dal momento che devolve qualsiasi controversia al giudice di Roma, prescindendo anche dall'organizzazione distrettuale dell'Avvocatura dello Stato, determinando una deroga, unica in materia previdenziale, alla disciplina generale introdotta dall'art. 444 del codice di procedura civile.

2. Non si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l. Dubita il Pretore di Viterbo che sia legittima la deroga, introdotta dall'art. 9 della legge n. 949 del 1967, alla regola generale sulla competenza per le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie posta dall'art. 444 del codice di procedura civile, come novellato dalla legge 11 agosto 1973, n. 533: vi sarebbe una posizione di privilegio dell'E.N.P.A.V., lesiva e del principio di eguaglianza e del diritto ad agire in giudizio (artt. 3 e 24 della Costituzione).

La questione è fondata.

Per le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, l'art. 444, primo comma, codice di procedura civile, prevede la competenza del Pretore che ha sede nel capoluogo della circoscrizione del Tribunale ove risiede l'attore: in questo modo si realizza una opportuna razionalizzazione, nel senso di accentrare la trattazione delle controversie davanti al pretore <di città>, spogliandone - come osserva la dottrina - il pretore <di campagna>.

Ora, la deroga che a tale sistema reca l'art. 9 della citata legge n. 949 del 1967 non è sorretta da alcun apprezzabile interesse: il principio della tutela del lavoratore porta a valutare con disfavore l'adozione di un foro particolare (v. nella giurisprudenza di questa Corte, le sentenze nn. 117 del 1990 e 4 del 1969), ed è evidente che nel caso dell'E.N.P.A.V. non sussiste quella posizione guarentigiata del soggetto pubblico che può dare fondamento giustificativo a discipline derogatorie (v., con riguardo alla deroga alla regola generale del foro della sede di servizio operata dalla legge 12 aprile 1990, n. 74, la sent. n. 189 del 1992).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 6 ottobre 1967, n. 949 (Integrazioni e modificazioni alla legge 18 agosto 1962, n.1357, sul riordinamento dell'Ente nazionale di assistenza e previdenza dei veterinari, E.N.P.A.V.).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/06/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 07/10/93.