Sentenza n. 350 del 1993

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SENTENZA N. 350

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 54, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1992 dalla Corte d'Appello di Roma nel procedimento civile vertente tra il Monte dei Paschi di Siena e la liquidazione coatta amministrativa della s.p.a. La Secura Assi popolare ed altro, iscritta al n. 111 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di costituzione del Monte dei Paschi di Siena e della liquidazione coatta amministrativa della s.p.a. La Secura Assipopolare;

udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 1993 il Giudice relatore Renato Granata;

uditi l'avv. Saverio Casulli per il Monte dei Paschi di Siena e l'Avv.Adriano Rossi per la liquidazione coatta amministrativa della s.p.a. La Secura Assipopolare.

Ritenuto in fatto

 A seguito di opposizione allo stato passivo della società La Secura Assipopolare S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, opposizione proposta dal Monte dei Paschi di Siena, in qualità di esattore del Comune di Roma, che aveva chiesto di essere ammesso al passivo per imposte non pagate, oltre soprattasse, interessi ed indennità di mora, il Tribunale di Roma con sentenza del 13 febbraio 1988 ammetteva, tra l'altro, in via chirografaria, anzichè in sede privilegiata, il credito per interessi relativi ai crediti tributari assistiti da privilegio, interessi maturati prima del provvedimento che aveva ordinato la liquidazione coatta amministrativa della società.

In relazione (tra l'altro) a tale punto della decisione il Monte dei Paschi di Siena proponeva appello, insistendo per l'ammissione in sede privilegiata degli interessi sui crediti suddetti; nel corso del giudizio di gravame la adita Corte d'appello ha sollevato (con ordinanza del 14 aprile 1992) questione incidentale di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 54, comma 3, r.d. 16 marzo 1942 n.267 (legge fallimentare) nella parte in cui non prevede l'estensione del diritto di prelazione agli interessi garantiti da privilegio nei limiti stabiliti dall'art. 2749 c.c.

Osserva la Corte rimettente che l'art. 54, comma 3, - richiamando solo gli artt. 2788 e 2855 cod. civ., che riguardano i crediti assistiti da pegno e da ipoteca, e non anche l'art.2749 cod. civ. relativo ai crediti assistiti da privilegio - ha l'effetto di precludere l'estensione della causa di prelazione anche agli interessi dei crediti privilegiati; interpretazione questa che, a suo avviso, sarebbe stata accolta dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (Cass. 19 marzo 1982 n.1786) e che troverebbe riscontro nella stessa giurisprudenza di questa Corte (sent. nn. 204 e 408 del 1989 che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 54, comma 3, e 55, comma 1, legge fallimentare nella parte in cui non estendono la prelazione agli interessi dovuti sui crediti di lavoro e su quelli delle società o enti cooperativi di produzione e lavoro).

Ciò premesso, la Corte sospetta la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) per l'ingiustificato trattamento deteriore riservato ai crediti privilegiati rispetto ai crediti garantiti da pegno od ipoteca giacchè per questi ultimi l'estensione della causa di prelazione agli interessi sui crediti garantiti è generalizzata, mentre per i primi è limitata soltanto ad alcuni crediti (quelli di lavoro ed equiparati); tale diversità di disciplina si appalesa ingiustificata anche perchè per i crediti privilegiati la causa di prelazione è accordata direttamente dalla legge in considerazione della causa del credito, mentre per i crediti ipotecari e pignoratizi è, di norma, stabilita dalla volontà delle parti; inoltre talora è lo stesso legislatore ad accordare preferenza ai crediti privilegiati rispetto a quelli ipotecari e pignoratizi (artt.2748, 2781, 2779 c.c.).

La Corte rimettente - che è consapevole della dichiarazione di manifesta infondatezza di analoga questione di costituzionalità già pronunciata da questa Corte (ord. n.227 del 1989) - ritiene che la questione debba essere riconsiderata proprio per la successiva estensione del privilegio agli interessi dovuti sui crediti delle cooperative di produzione e lavoro (sent.n. 408 del 1989 cit.), crediti che, se per alcuni aspetti possono essere assimilati a quelli del lavoratore subordinato, non possono tuttavia essere con essi totalmente identificati.

In questa linea di progressiva estensione della prelazione sugli interessi nelle procedure concorsuali la Corte rimettente chiede una pronuncia additiva che completi tale estensione generalizzando a tutti i crediti privilegiati (compresi, quindi, quelli tributari) la prelazione stessa.

2. La difesa del Monte dei Paschi di Siena, nel costituirsi, invoca la giurisprudenza di merito che ha ritenuto l'estensione della prelazione anche agli interessi maturati prima della dichiarazione di fallimento (o, come nella specie, del provvedimento che ne ordina la liquidazione coatta amministrativa) sui crediti assistiti da privilegio generale, sostenendo in particolare che il primo comma dell'art. 54 consente ai creditori garantiti da privilegio (oltre che da pegno e da ipoteca) di far valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese. Quindi non è esatto il presupposto interpretativo dal quale muove il giudice rimettente sicchè la questione è inammissibile.

3. La difesa della società Secura Assipopolare S.p.A., nel costituirsi in persona del commissario liquidatore, sostiene anch'essa (ma con diverse argomentazioni) l'inammissibilità o comunque l'infondatezza della questione di costituzionalità.

In particolare ritiene che non sia condivisibile la prospettazione dell'ordinanza di rimessione nella parte in cui sostiene che non sarebbe giustificabile un trattamento deteriore per gli interessi sui crediti assistiti da privilegio rispetto a quello riservato agli interessi sui crediti pignoratizi od ipotecari: si tratta infatti di una facoltà discrezionale del legislatore, non irragionevolmente esercitata perchè la maggior tutela accordata ai crediti pignoratizi od ipotecari si giustifica con l'esigenza di tutela del credito.

In una successiva memoria la società sostiene il difetto di rilevanza (e quindi l'inammissibilità) della questione di costituzionalità sotto il profilo che, controvertendosi unicamente di crediti per soprattasse per tardivo versamento delle ritenute alla fonte IRPEF, non vi sarebbe alcun diritto di prelazione mancando una specifica previsione legislativa della natura privilegiata dei crediti medesimi.

Considerato in diritto

 l. - É sollevata questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 54, comma 3, r.d.16 marzo 1942 n.267 (Disciplina del fallimento del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) nella parte in cui non prevede l'estensione del diritto di prelazione agli interessi garantiti da privilegio nei limiti stabiliti dall'art. 2749 c.c. per l'ingiustificato trattamento deteriore riservato ai crediti privilegiati rispetto ai crediti garantiti da pegno od ipoteca in quanto per questi ultimi l'estensione della causa di prelazione agli interessi sui crediti garantiti è generalizzata, mentre per i primi è limitata (in caso di fallimento od altra procedura concorsuale) soltanto ad alcuni crediti privilegiati (crediti di lavoro ovvero di cooperative di produzione e lavoro).

2. - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità della questione di costituzionalità, eccezione che la difesa della Secura Assipopolare s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa solleva sotto un duplice profilo.

Il primo (prospettato nella memoria di costituzione) attiene al merito, con esso sostenendosi la non comparabilità delle situazioni messe a raffronto.

Ed il secondo (prospettato nella memoria per l'udienza) è infondato nella premessa in fatto, risultando chiaramente dalla ordinanza di rimessione che la questione è sollevata con riferimento al capo di domanda per l'ammissione al passivo in via privilegiata degli <<interessi relativi a ratei di imposta>> e non già degli interessi su crediti per soprattasse.

3. - A sua volta la difesa del Monte dei Paschi di Siena, concessionario del servizio riscossione tributi, deduce che la questione sarebbe <<inammissibile per manifesta infondatezza>> attesa la (assunta) erroneità del presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo. Invero l'ordinanza di rimessione postula che de iure condito il privilegio dei crediti tributari non si estende ai relativi interessi fino alla dichiarazione di fallimento (disciplina questa che trova applicazione anche in caso di liquidazione coatta amministrativa). Oppone, invece, il Monte dei Paschi di Siena che per giurisprudenza consolidata, di merito e di legittimità, il privilegio - che ex art. 20 e 21 d.P.R. n. 602 del 1973 assiste gli interessi relativi alle imposte sui redditi - opererebbe <<fino alla dichiarazione di fallimento>>.

La Corte osserva che in realtà - mentre per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento è oggi ius receptum nella giurisprudenza della Corte di cassazione che gli interessi relativi ai crediti (anche) privilegiati (oltre che ipotecari e pignoratizi) continuano a decorrere, ma con collocazione chirografaria - quanto agli interessi maturati su tali crediti nel periodo prefallimentare manca una opzione interpretativa che possa dirsi sicuramente univoca.

Sulla specifica questione non risulta alcuna esplicita puntuale pronunzia della Corte di cassazione, e se da talune delle sue decisioni può forse trarsi la illazione di una implicita contrapposizione tra la disciplina relativa all'uno e quella relativa all'altro periodo (Cass. 17 luglio 1978 n. 3570), va però sottolineato che la maggior parte delle pronunzie - ormai da tempo, come si è detto, orientate nell'escludere la prelazione relativamente agli interessi successivi alla dichiarazione di fallimento sulla base del combinato disposto dell'art. 55, comma 1, ultima parte, e del precedente art. 54, comma 3, - argomentano in modo da lasciare chiaramente intendere una lettura unitaria di quest'ultima disposizione, ossia valevole per gli interessi sia precedenti che successivi alla dichiarazione di fallimento.

Nè alcuna distinzione emerge dalla motivazione delle sentenze di questa Corte dichiarative della illegittimità costituzionale degli artt. 54, comma terzo, e 55, comma primo, nella parte in cui non estendono la prelazione agli interessi sui crediti privilegiati di lavoro nelle diverse procedure concorsuali (sent. n.300/86; n. 408/89; n. 567/89).

Non uniformi sono poi la dottrina e la giurisprudenza di merito; in particolare in quest'ultima si rinvengono pronunzie diversamente orientate nei due sensi (pur in costanza di una prassi applicativa dei giudici fallimentari pressochè generalmente favorevole al riconoscimento della prelazione fino alla data del fallimento).

E - può ulteriormente considerarsi - se da un lato l'esclusione, in generale, della prelazione per gli interessi prefallimentari relativi ai crediti meramente privilegiati può incontrare difficoltà nel coordinamento tra il primo e il terzo comma dell'art. 54, dall'altro la opposta interpretazione, che afferma la operatività del privilegio per gli interessi maturati prima del fallimento, incontra a sua volta la difficoltà di spie gare la collocazione della disposizione in argomento - una volta che la si legga, appunto, come ordinata a disciplinare unicamente gli interessi successivi alla dichiarazione di fallimento - nel contesto dell'art. 54 relativo, invece, agli interessi fino alla dichiarazione di fallimento. Non senza considerare che nel disegno normativo offerto dalla seconda interpretazione rimarrebbe senza una ragionevole spiegazione il fatto che prima della dichiarazione di fallimento il trattamento dei crediti privilegiati sarebbe più favorevole di quello dei crediti pignoratizi e ipotecari (perchè per i primi l'estensione della prelazione agli interessi non incontrerebbe il limite temporale dell'art. 2749 cod. civ., mentre per gli altri opererebbe il limite di cui agli artt. 2788 e 2855 cod. civ.); invece dopo la dichiarazione di fallimento è viceversa più favorevole il trattamento dei crediti pignoratizi e ipotecari (giacchè l'estensione della prelazione agli interessi continua ad operare nei limiti degli artt. 2788 e 2855 cit.) rispetto a quello dei crediti privilegiati sui cui interessi la prelazione - secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale prima ricordato - viene meno del tutto.

Questo essendo il quadro di riferimento, che evidenzia la mancanza di un sicuro orientamento interpretativo del denunziato art. 54 comma 3, la Corte non può che attenersi alla lettura datane con ampia e non implausibile motivazione dal giudice a quo ed affrontare alla stregua di essa la questione sollevata.

4. - La questione - come proposta dal giudice rimettente - non è fondata.

Proprio con riferimento agli interessi (peraltro, in quel caso, maturati dopo l'apertura della procedura concorsuale) relativi ai crediti tributari, la ordinanza n. 227 del 1989, richiamando anche altri precedenti conformi, ha chiarito che la estensione del privilegio agli interessi è stata operata dalla giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla sentenza n. 300 del 1986, <<esclusivamente>> con riferimento alla violazione dell'art. 36 Cost. e cioé in favore dei crediti di lavoro, sul rilievo che è <<ingiustificatamente lesivo dell'art. 36 la disparità di trattamento determinata dalla denunziata omessa previsione della prelazione>> per gli interessi relativi a tali crediti (sent. n. 204 del 1989).

Nè una deviazione da questa linea verso un allargamento della estensione della prelazione agli interessi correlati a tutti i crediti privilegiati in quanto tali può ravvisarsi, contrariamente a quanto opinato dal giudice a quo, nella sentenza n. 408 del 1989, la quale fa leva - oltre che sull'art.45 Cost. - ancora sull'art. 36 Cost., in ragione delle profonde analogie ravvisate tra i crediti delle cooperative di produzione e lavoro (in quella occasione considerati) ed i crediti di lavoro.

Con riferimento per contro al solo art. 3 Cost., nella specie unicamente invocato dal giudice a quo, la denunziata disparità di trattamento degli interessi relativi ai crediti privilegiati in genere - e tributari in particolare - rispetto al trattamento degli interessi relativi ai crediti assistiti da pegno o da ipoteca trova adeguata giustificazione nella non irragionevole valutazione discrezionale del legislatore circa la ontologica diversità intercorrente tra le varie cause di prelazione considerate, differenza che si riflette - al di là e ben oltre lo specifico profilo qui in discussione - nel differenziato regime generale riservato a ciascuna di esse.

La questione va quindi dichiarata infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.54, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Roma con l'ordinanza in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/07/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 28/07/93.