Ordinanza n. 338 del 1993

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ORDINANZA N. 338

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 513 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1992 dal Pretore di Verona - sezione distaccata di Soave nel procedimento penale a carico di Fusi Luca ed altro, iscritta al n. 116 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 luglio 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che, con ordinanza del 25 maggio 1992 (pervenuta a questa Corte il 3 marzo 1993), il Pretore di Verona - sezione distaccata di Soave - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 513 del codice di procedura penale nella parte in cui non consente che sia data lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato alla polizia giudiziaria alla presenza del difensore, ai sensi dell'art.350 del codice medesimo;

che, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata da un lato viola l'art.3 della Costituzione in quanto la esclusione in essa prevista non trova razionale giustificazione, essendo l'atto della polizia giudiziaria assistito dalla garanzia difensiva della presenza del difensore, e, dall'altro, gli artt. 24 e 112 della Costituzione, ponendosi in contrasto con il diritto di difesa e con l'obbligo di esercizio dell'azione penale, "principi che coordinati tra loro devono tendere all'acquisizione come prove idonee alla decisione finale di tutti gli atti del procedimento acquisiti al contraddittorio delle parti";

che è intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della questione.

Considerato che, con sentenza n. 476 del 1992, questa Corte ha già dichiarato non fondata (e con ordinanza n. 176 del 1993 manifestamente infondata), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 513, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la possibilità di dar lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato alla polizia giudiziaria con l'assistenza del difensore ai sensi dell'art. 350 del codice medesimo;

che in dette pronunce si è osservato, in sintesi, che la norma impugnata, limitando la possibilità di lettura alle sole dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o al giudice con esclusione delle sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria ex art. 350 del codice di procedura penale, non è certamente irragionevole, in considerazione della sostanziale differenza - proprio sotto l'angolo visuale delle garanzie difensive dell'imputato (fra le quali è compresa la facoltà di non rispondere) - tra tale atto di indagine della polizia giudiziaria e l'interrogatorio effettuato dall'autorità giudiziaria, dovendo solo quest'ultimo essere svolto con le modalità garantistiche di cui all'art. 65 del codice di procedura penale;

che, in ordine, poi alla denunciata violazione degli artt.24 e 112 della Costituzione, va ribadito (cfr. le citate pronunce nn. 476 del 1992 e 176 del 1993) che la disciplina dettata dalla norma censurata concerne il regime di utilizzabilità, ai fini della decisione, di precedenti dichiarazioni provenienti dall'imputato ed attiene pertanto essenzialmente al tema delle garanzie difensive di quest'ultimo, per cui il generico richiamo agli anzidetti parametri costituzionali risulta, nei termini in cui è prospettato, del tutto inconferente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 513 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, dal Pretore di Verona, sezione distaccata di Soave, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/07/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/07/93.