Ordinanza n. 292 del 1993

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ORDINANZA N. 292

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 146, n. 3 del codice penale, aggiunto dall'art. 4 del decreto-legge 12 novembre 1992, n. 431 (Disposizioni urgenti concernenti l'incremento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, il trattamento di persone detenute affette da infezione da HIV, le modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti e le norme per l'attivazione di nuovi uffici giudiziari) e dall'art. 12 del decreto-legge 12 gennaio 1993, n. 3, di identico contenuto, promossi con n. 8 ordinanze emesse dai Tribunali di Sorveglianza di Torino e Perugia, iscritte ai nn. 144, 145, 146, 164, 181, 182, 183, 184 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica n. 15 e 18, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha sollevato con sette distinte ordinanze questione di legittimità costituzionale dell'art. 146, n. 3, del codice penale, aggiunto dall'art. 4 del decreto- legge 12 novembre 1992, n. 431 (Disposizioni urgenti concernenti l'incremento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, il trattamento di persone detenute affette da infezione da HIV, le modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti e le norme per l'attivazione di nuovi uffici giudiziari), assumendo che la norma impugnata, nel prevedere il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena per i soggetti affetti da infezione da HIV nei casi previsti dall'art.286-bis, primo comma, del codice di procedura penale, inserito dall'art. 3 del medesimo decreto- legge n. 431 del 1992, viene a porsi in contrasto con:

1) l'art. 2 della Costituzione, in quanto smentisce "l'assunto di una generalizzata tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, quanto meno nei confronti di coloro i cui interessi risultano aggrediti da chi trovasi nelle condizioni descritte dal decreto stesso, che si vedono privati di efficace tutela penale in assenza dello strumento che ne assicura la necessaria forza intimidatrice";

2) l'art. 3 della Costituzione, perchè irragionevolmente discrimina i malati "comuni" rispetto alle persone affette da HIV, posto che la scienza medica riconosce i medesimi caratteri di gravità, irreversibilità ed ingravescenza in molte altre patologie;

3) l'art. 111 della Costituzione, giacchè risulta vanificata la funzione della magistratura di sorveglianza "di dirimere il conflitto tra il diritto dello Stato ad eseguire le sentenze di condanna a pene detentive" e il diritto del condannato al differimento della esecuzione della pena;

4) gli artt. 27, terzo comma, e 32, primo comma, della Costituzione, in quanto, tenuto conto dei caratteri di estrema dinamicità che presenta l'infezione da HIV e considerata la varietà di situazioni che la stessa determina, deve essere "concretamente provato che l'applicazione della pena leda il fondamentale diritto alla salute o si risolva in un trattamento contrario al senso di umanità";

che il Tribunale di Sorveglianza di Perugia ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art.12 del decreto-legge 12 gennaio 1993, n. 3 (Disposizioni urgenti concernenti l'incremento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, il trattamento di persone detenute affette da infezione da HIV, le modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti e le norme per l'attivazione di nuovi uffici giudiziari), che ha reiterato l'identica disposizione oggetto di impugnativa da parte del Tribunale di Sorveglianza di Torino;

che in alcuni dei giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile;

considerato che le ordinanze sottopongono alla Corte la medesima questione, ancorchè riferita a fonti normative diverse, e che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un unico provvedimento;

che il decreto-legge 12 novembre 1992, n.431, non è stato convertito in legge entro il termine prescritto, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 1993;

che altrettanto è accaduto per il decreto- legge 12 gennaio 1993, n. 3, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 1993;

che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (vedi, da ultimo, le ordinanze nn. 229, 116 e 51 del 1993), la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 146, n. 3, del codice penale, aggiunto dall'art. 4 del decreto-legge 12 novembre 1992, n. 431 (Disposizioni urgenti concernenti l'incremento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, il trattamento di persone detenute affette da infezione da HIV, le modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti e le norme per l'attivazione di nuovi uffici giudiziari) e dell'art. 12 del decreto-legge 12 gennaio 1993, n. 3, di identico titolo, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, 32, primo comma, e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Sorveglianza di Torino e dal Tribunale di Sorveglianza di Perugia con le ordinanze in epigrafe.

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/06/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/06/93.