Ordinanza n.280 del 1993

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ORDINANZA N. 280

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 51 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, promosso con ordinanza emessa il 30 settembre 1992 dal Pretore di Vicenza - Sezione distaccata di Arzignano nel procedimento penale a carico di Panarotto Umberto ed altro, iscritta al n. 802 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 21 aprile 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto che nel corso di un processo penale il Pretore di Vicenza - Sezione distaccata di Arzignano solleva, con l'ordinanza indicata in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell'art. 51 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, in riferimento agli articoli 24, secondo comma, 76, 97, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione;

 

che il giudice rimettente premette: che pubblico ministero e difesa non hanno prestato il loro consenso alla verbalizzazione riassuntiva, a norma dell'art. 567, comma 3, c.p.p., ed anzi hanno chiesto la verbalizzazione integrale a mezzo trascrizione delle registrazioni ovvero a mezzo stenotipia; che tale opzione per la verbalizzazione integrale è giustificata in ragione della delicatezza e della complessità del procedimento, non potendosi ravvisare l'ipotesi del "contenuto semplice" o della "limitata rilevanza" degli atti da documentare (ipotesi cui consegue l'adozione della verbalizzazione in forma riassuntiva a norma dell'art. 140, comma 1, c.p.p.); e che neppure ricorre, nel caso, l'ipotesi, prevista dalla citata norma in via alternativa alla precedente, della "contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici", giacchè a) l'ufficio a quo dispone dei necessari strumenti di riproduzione, b) con gli ausiliari tecnici (estranei all'amministrazione) è stato stipulato apposito contratto, a norma dell'art. 51 disp. att. c.p.p., contratto la cui efficacia è stata tuttavia sospesa a tempo indeterminato, con provvedimento del capo dello stesso ufficio giudiziario, a causa del rifiuto di registrazione di analoghi contratti da parte della Corte dei Conti;

 

che riguardo a tale ultimo profilo, in particolare, il giudice rimettente espone le vicende amministrative che hanno originato l'accennato rifiuto di registrazione di contratti con imprese esterne per il servizio di documentazione tecnica degli atti processuali;

 

che, in punto di fatto, il giudice a quo adduce altresì l'impossibilità di procedere a verbalizzazione integrale con il sistema di scrittura manuale, data la quantità di imputati e testimoni da interrogare ed esaminare, alla stregua di criteri di esperienza maturati in procedimenti di analogo spessore; mentre assume, quale presupposto interpretativo della questione di legittimità costituzionale, il dato per cui non è consentito dal sistema processuale effettuare la verbalizzazione stenotipica o comunque non manuale attraverso l'applicazione delle disposizioni in tema di perizia (artt. 220 e seguenti del c.p.p.), a loro volta richiamate, quanto a "forme, modi e garanzie" di espleta mento, dall'art. 268, comma 7, c.p.p., concernente la trascrizione delle intercettazioni telefoniche;

 

che, tutto ciò premesso, il giudice a quo reputa in conclusione che la norma dell'art. 51 delle norme di attuazione del c.p.p., nella parte in cui appunto non consente al giudice - una volta rilevata l'esigenza di avvalersi di personale tecnico esterno all'amministrazione, e sempre che non siano "operanti" a tal fine contratti con imprese esterne - di effettuare le riproduzioni fonografiche o la verbalizzazione stenotipica (integrale) "con le forme, i modi e le garanzie" previsti per l'espletamento delle perizie (analogamente a quanto disposto dal richiamato art. 268, comma 7, c.p.p.), si ponga in contrasto con i seguenti parametri costituzionali:

 

1) art. 24, secondo comma, della Costituzione, per compressione del diritto di "difendersi provando" giacchè l'impossibilità del ricorso a strumenti meccanici determinerebbe di necessità la sospensione a tempo indeterminato del dibattimento;

 

2) art. 76 della Costituzione, in riferimento all'art. 2, comma 1, punto 8) della legge-delega per il c.p.p. n.81 del 1987, per contrasto con i criteri e principi ivi definiti, quali rilevati nella sentenza n. 529 del 1990 della Corte costituzionale, circa la necessità di salvaguardare la possibilità del giudice di avvalersi della verbalizzazione integrale;

 

3) art. 97, primo comma, della Costituzione, poichè il buon andamento dell'amministrazione della giustizia risulterebbe ostacolato da una normativa che demanda all'iniziativa amministrativa la possibilità - o meno - di effettuare la verbalizzazione integrale con strumenti tecnici;

 

4) art. 101, secondo comma, della Costituzione, poichè anche la esclusiva soggezione del giudice alla legge sarebbe compromessa dal riferito condizionamento della forma di verbalizzazione all' iniziativa amministrativa;

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione, osservando che il legislatore, nel prevedere la possibilità di avvalersi di personale estraneo all'amministrazione per le varie forme di documentazione di atti (redazione di verbali, trascrizione di quelli stenotipici, riproduzioni fonografiche o audiovisive), ha stabilito, con criterio razionale nell'ambito della discrezionalità ad esso accordata, che l'opera di tale personale deve trovare fondamento nella preventiva stipulazione di contratti a termine con imprese specializzate, e che questa disciplina non lede in alcun modo le norme costituzionali invocate;

 

Considerato che, come esposto nella stessa narrativa dell'ordinanza di rimessione, lo svolgimento della verbalizzazione dibattimentale in forma integrale e a mezzo di strumenti tecnici è ostacolato dalle vicende che hanno determinato il capo dell'ufficio giudiziario di cui fa parte il rimettente a sospendere l'efficacia dei contratti appositamente stipulati con imprese specializzate esterne all'amministrazione;

 

che questa conseguenza deriva dal più generale problema che ha interessato i modi di approvazione di tali contratti in rapporto all'inclusione, o meno, delle relative spese tra quelle "di giustizia" a norma del r.d. 23 dicembre 1865 n. 2701;

 

che tale problema, manifestatosi in sede di controllo contabile e di determinazioni amministrative circa l'imputazione delle spese in argomento, non attiene all'ambito di applicazione della norma processuale denunziata, il cui contenuto è rappresentato dalla autorizzazione alla conclusione di contratti per la documentazione degli atti processuali;

 

che sotto tale profilo le vicende amministrative accennate risultano estranee alla verifica di legittimità costituzionale della norma, costituendo rispetto a quest'ultima delle evenienze o degli in convenienti applicativi, estranei alla disciplina processuale della verbalizzazione, che non possono trovare ingresso in sede di sindacato di costituzionalità delle leggi (ord. n. 23 del 1993; sentt. nn. 468, 333, 249 del 1992), ond'è che per questo aspetto la questione è manifestamente inammissibile;

 

che, sotto altro profilo, la richiesta addizione normativa nel corpo della disposizione attuativa del codice di procedura penale, oltre a non costituire in alcun modo una soluzione costituzionalmente obbligata a fronte degli inconvenienti lamentati, si basa sull'asserita impossibilità di ricorrere alla verbalizzazione manuale (e dunque sulla necessità di ricercare soluzioni normative nuove ed ulteriori); mentre, al contrario, il fondamentale principio della indefettibilità della funzione giurisdizionale impone in ogni caso il ricorso a detta modalità di documentazione (ord. n.23 del 1993

 cit.), non essendo ammissibile, proprio alla stregua dei principi costituzionali invocati, un impedimento dell'attività giurisdizionale a causa degli accennati ostacoli di ordine applicativo;

 

che, pertanto, anche sotto tale profilo si configura il rilievo di manifesta inammissibilità della questione proposta.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 51 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 76, 97, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione dal Pretore di Vicenza - Sezione distaccata di Arzignano, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/05/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 10/06/93.