Sentenza n. 239 del 1993

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SENTENZA N. 239

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 48, quarto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 29 giugno - 12 settembre 1990 dalla Commissione tributaria di 1° grado di Milano sui ricorsi proposti dalla s.p.a. Italtel Sistemi impianti e progettazione e da Ladina Ettore contro l'Intendenza di Finanza di Milano, iscritte ai nn. 343 e 344 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di costituzione della s.p.a. Italtel Sistemi impianti e progettazione e di Ladina Ettore nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 marzo 1993 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi gli avvocati Paolo M. Tabellini e Franco Gallo per la s.p.a. Italtel Sistemi impianti e progettazione e per Ladina Ettore e l'Avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

l.- Con due ordinanze, con contenuto pressochè identico, emesse il 29 giugno-12 settembre 1990 (pervenute alla Corte costituzionale il 10 giugno 1992) la Commissione tributaria di primo grado di Milano ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 48, quarto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nella parte in cui dispone che anche le indennità e i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, esclusi i rimborsi per spese di trasporto comprovati da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione.

Nei relativi giudizi si controverte in ordine ad istanze di rimborso di versamenti diretti di imposta effettuati al suddetto titolo.

Si rileva nelle ordinanze innanzitutto come il quarto comma dell'art. 48 del T.U.I.R. preveda, per i lavoratori dipendenti, l'esclusione, ancorchè parziale, dalla base imponibile di tutte le indennità ed i rimborsi spese percepiti per le trasferte fuori del territorio comunale.

Tenuto conto dell'identica natura della remunerazione o rimborso corrisposto al "trasfertista" extra comunale rispetto a quello comunale, si ritiene che il differente criterio di tassazione realizzi violazione del principio di parità (art. 3 della Costituzione), del principio di proporzionalità di contribuzione tributaria (art. 53 della Costituzione) e di quello di difesa (art. 24 della Costituzione).

Le posizioni contrattuali dei cosiddetti trasfertisti si appaleserebbero infatti connotate da una sostanziale identità giuridica sia sul piano delle prestazioni, sia su quello conseguente degli istituti retributivi, compensativi o reintegrativi, pur con le varianti derivanti dalla diversa onerosità soggettiva delle trasferte.

Tali diversità non sarebbero rilevanti nel caso in esame, posto che "la commessa indagine riguarda solamente il proporsi e l'atteggiarsi dei connotati unitari rilevanti del rapporto di lavoro verso il conseguente rapporto tributario dell'intera categoria dei trasfertisti".

Invero, si osserva, la "retribuzione ed il corrispettivo contrattuale alle categorie dei trasfertisti (che costituiscono il presupposto tributario reddituale) sono connotati in parte da una voce indennitaria e reintegrativa di meri esborsi connessa al momento territoriale delle prestazioni senza che su di essa incida in alcun modo la loro natura ed il loro contenuto di scambio".

Infine, il previsto sistema di detrazioni, pur essendo un giusto correttivo, non inciderebbe sulle situazioni soggettive alle quali in via esclusiva deve essere ricondotto il concetto normativo di capacità contributiva, retta dal principio di uguaglianza, data l'unica natura giuridica (indennitaria) del corrispettivo spettante alla categoria di "trasfertisti".

2.- Si sono costituiti nei rispettivi giudizi i ricorrenti (Ladina Ettore e Italtel Sistemi s.p.a.) con distinte memorie di identico contenuto.

A sostegno della fondatezza della questione si mettono in evidenza le seguenti circostanze: circa il 70-90% degli spostamenti effettuati dai "trasfertisti" avviene all'interno della cerchia urbana; ai trasfertisti viene consentito di utilizzare indifferentemente l'autoveicolo personale ovvero quello messo a disposizione dall'azienda.

Chiarita la natura delle indennità di trasferta, quali "erogazioni tese a rimborsare forfettariamente il dipendente delle spese sostenute nel corso di trasferimenti", si rileva che fu l'interpretazione da parte dell'Amministrazione a distinguere tra "spese sostenute nel Comune = spese di produzione", e "spese sostenute fuori del Comune = spese di trasferta", introducendo un principio poi recepito nella norma impugnata.

In particolare, la violazione dell'art. 3 della Costituzione si evincerebbe dalla "assoluta disomogeneità demografica, sociale, economica e territoriale" dei Comuni, classificati infatti dalla Statistica Nazionale in 12 classi demografiche.

Ciò porterebbe, in definitiva, a penalizzare il lavoratore che presta la propria opera in Comuni di grande estensione ed elevata densità demografica, non avendo il legislatore provveduto, quanto meno, a graduare l'intensità dell'imposizione "in funzione della densità del Comune di stanza".

Anche sotto il profilo di una violazione dell'art. 53 della Costituzione vi sarebbe, quindi, un'imposizione di "ricchezze fittizie o solo apparenti", risultando la semplificazione operata dal legislatore viziata da "arbitrarietà ed irrazionalità".

Si tratterebbe in sostanza di una presunzione juris et de jure su spese di produzione, senza possibilità, quindi, di fornire prova contraria (art. 24 della Costituzione).

3.- É intervenuta nei rispettivi giudizi l'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'infondatezza della questione.

Lo stesso art. 48, si osserva, ha stabilito che viene considerato reddito (sia pure nei limiti di un terzo) quell'indennità corrisposta con rimborso a piè di lista per spese di alloggio.

In ogni caso, non esistendo costi da reintegrare per le trasferte (che tali non sono) entro il territorio comunale, i relativi compensi avrebbero natura retributiva e non indennitaria, non risultando comparabile l'indennità in questione con l'indennità di trasferta vera e propria.

Considerato in diritto

l.- Con le ordinanze di rimessione n. 343 e 344, emesse il 29 giugno - 12 settembre 1990 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.28, prima serie speciale, dell'anno 1992, la Commissione tributaria di 1° grado di Milano dubita della costituzionalità dell'art. 48, quarto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi), nella parte in cui dispone che anche le indennità e i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, esclusi i rimborsi per spese di trasporto comprovati da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito, in quanto contrastante con gli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione; in relazione da un lato, all'identica natura delle remunerazioni o rimborsi corrisposti al "trasfertista" extra comunale ovvero a quello comunale, e dall'altro, al differente criterio di tassazione di tali rimborsi, in violazione del principio di parità (art. 3 della Costituzione), del principio di proporzionalità di contribuzione tributaria (art. 53 della Costituzione) e di quello di difesa (art. 24 della Costituzione).

2.- La questione -che va esaminata unitariamente con riguardo alle tre norme costituzionali cui si fa riferimento- appare a questa Corte destituita di fondamento.

Giova premettere che, alla luce dei chiarimenti desunti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, i compensi dovuti ai lavoratori dipendenti si distinguono a seconda che abbiano: a) natura retributiva quando servono a soddisfare normali esigenze di vita del lavoratore remunerando le prestazioni da lui fornite, sia che si tratti di compensi in danaro o in natura, con carattere di base oppure integrativo, ma sempre con requisiti di determinatezza e di corrispettività dell'opera prestata; b) natura risarcitoria, quando sono diretti ad indennizzare il dipendente per particolari condizioni disagevoli alle quali egli va incontro in occasionali situazioni di lavoro; c) natura restitutoria, quando tendono a rimborsare al lavoratore l'anticipazione di costi di produzione del reddito del datore di lavoro.

Tenute presenti queste qualificazioni, la norma denunziata (art. 48, quarto comma, d.P.R. 917 del 1986), riguardante le trasferte ai fini tributari, stabilisce che le indennità percepite per trasferte fuori del territorio comunale non costituiscono retribuzione: a) per tutte le spese di viaggio (senza alcuna distinzione fra uso di mezzi propri o di altri vettori), nonchè per un terzo delle spese di alloggio, in quanto aventi natura restitutoria; b) per la parte non eccedente le o.60.000 al giorno, elevate a 100.000 per le trasferte all'estero, in quanto aventi natura risarcitoria a compenso di altre spese e soprattutto del disagio derivante dalla prestazione di lavoro in regime particolare. La parte dell'indennità eccedente i predetti limiti viene considerata di natura retributiva.

Per quanto, invece, riguarda le indennità per trasferte nell'ambito del territorio comunale, la norma in esame -recependo un orientamento emerso precedentemente in circolari ministeriali, contratti collettivi e dottrina- ha ritenuto di adottare una distinzione semplificata, qualificandole interamente di natura retributiva, "tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore" (con esclusione quindi di quelle sostenute per uso di mezzi propri del lavoratore), limitando così la natura restitutoria alle sole spese sicuramente documentate, ed escludendo la natura risarcitoria di eventuali compensi del disagio affrontato per gli spostamenti nell'ambito del territorio stesso.

3.- Prima di valutare se il differente trattamento previsto dalla legge tributaria per le indennità di trasferta nell'ambito del territorio comunale rispetto a quello per trasferte extracomunali sia o meno in contrasto con principi costituzionali, è necessario tener presenti due fondamentali distinzioni fatte dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel tema in esame. É stato cioè precisato che la trasferta in senso stretto -postulando la predeterminazione di un luogo fisso per la prestazione lavorativa ed un mutamento meramente provvisorio del luogo stesso (cosiddette missioni)- non è ravvisabile sia quando ci si trovi di fronte alla diversa situazione di un effettivo "trasferimento" del dipendente in altra sede di lavoro, sia quando -pur con fondamentale riferimento ad una sede aziendale fissa- la prestazione di lavoro, per sua natura, si svolga normalmente fuori della sede stessa. In questo secondo caso, si è costantemente ritenuto -in numerose decisioni della Cassazione- che la retribuzione imponibile comprende integralmente quanto corrisposto ai cosiddetti "trasfertisti", in quanto correlato alla causa tipica e normale del rapporto.

Conformemente a questo orientamento, deve quindi ritenersi che, per i compensi corrisposti a questi lavoratori impropriamente indicati come "trasfertisti", non si versi in tema di indennità di trasferta, ma di retribuzione per le attività lavorative che comportino un continuo movimento del dipendente per raggiungere -con mezzi di solito messi a disposizione dal datore di lavoro- località diverse, determinabili sulla base delle opere da eseguire ovvero per la natura dell'attività (come quella di trasporto), oggetto stesso del rapporto di lavoro.

4.- Per quanto riguarda le indennità relative alle trasferte occasionali, come sopra precisate, deve anzitutto escludersi che, ove sia stabilito che dette indennità non entrano in tutto o in parte nel calcolo dei contributi previdenziali o nel calcolo della retribuzione ai fini pensionistici, debba questa disciplina normativa o collettiva essere rispettata anche dal legislatore tributario, il quale è invece tenuto a seguire propri criteri, fondati essenzialmente sul principio della capacità contributiva, e -con riferimento al reddito di lavoro dipendente- sul principio generale della onnicomprensività di "tutti i compensi, comunque denominati" (art. 48, primo comma, Testo unico 917 del 1986).

Va, inoltre, ricordata la giurisprudenza di questa Corte (ordinanze n. 948 del 1988 e n. 556 del 1987; sentenze n. 108 del 1983 e n. 134 del 1982), secondo cui la deducibilità dal reddito di determinati oneri sostenuti dal contribuente (come quello cui va incontro il lavoratore quando sia trasferito in comune diverso da quello dove prestava precedentemente la propria opera o dove risiede il proprio nucleo familiare) rientra nell'esclusiva competenza del legislatore, il quale, nella sua discrezionalità insindacabile, deve razionalmente valutare l'incidenza dell'onere sostenuto per la produzione del reddito, tenendo conto della necessità di conciliare le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quelli della vita individuale.

5.- Deve piuttosto considerarsi se sia o meno ragionevole la diversità di trattamento che il legislatore tributario ha stabilito circa l'esclusione dal reddito imponibile di tutta o parte delle indennità di trasferta fuori dal territorio comunale, rispetto alle trasferte nell'ambito di detto territorio.

La Corte ritiene che non sussista questa irragionevolezza, non solo perchè le vere e proprie trasferte sono quelle relative alla dislocazione temporanea oltre i confini (comunali) della sede di lavoro; ma perchè queste "missioni" si differenziano per la loro eccezionalità e la loro maggiore controllabilità, nonchè per la consistenza delle relative spese e del disagio che ne deriva al lavoratore.

Appare invece non irragionevole la più rigorosa indeducibilità di parte dell'indennità per le cosiddette trasferte nell'ambito territoriale del Comune dove ha sede l'azienda, sia per la considerazione della maggiore normalità del fenomeno, del più limitato disagio e delle minori spese, sia per il rischio di un più facile gonfiamento di spese non comprovate, cui potrebbe forse avere qualche interesse lo stesso datore di lavoro, sostituto d'imposta.

In proposito, va ricordata la giurisprudenza di questa Corte (ordinanze n.385 del 1989 e n. 108 del 1988) secondo cui il legislatore può, nella sua discrezionalità, dettare misure atte a prevenire l'inosservanza dei doveri di lealtà e correttezza da parte del contribuente, purchè non risultino superati i limiti della ragionevolezza; il che non accade nella specie.

Ritenuto, quindi, che tali limiti di ragionevolezza non sono stati superati dalla norma denunziata nel prevedere un diverso trattamento per le differenti situazioni degli spostamenti dei lavoratori nell'ambito del territorio comunale rispetto a quelli fuori di detto territorio, deve osservarsi che rientra nella discrezionalità del legislatore l'eventuale valutazione circa l'opportunità di differenziare ulteriormente il trattamento di detti spostamenti nel territorio comunale a seconda della classificazione dei Comuni proporzionata alla densità demografica.

In ogni caso, la legge tributaria già prevede, anche per i lavoratori dipendenti, la detrazione di una somma proporzionalmente determinata in relazione ad altri criteri, quale costo di produzione del reddito dei lavoratori stessi (art.13, Testo unico n. 917 del 1986).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi iscritti ai numeri 343 e 344 del registro ordinanze 1992, dichiara non fondate le questioni sollevate, relative alla legittimità costituzionale dell'art. 48, quarto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (Approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi), in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione sollevate dall'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 13/05/93.