Sentenza n. 232 del 1993

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SENTENZA N. 232

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della delibera legislativa della Regione Molise riapprovata il 24 marzo 1992 dal Consiglio regionale avente per oggetto:"Interpretazione autentica dell'art. 27 della legge regionale 7 febbraio 1990, n. 5, recante l'ordinamento organizzativo dell'Ente risorse idriche del Molise, lo stato giuridico e il trattamento economico del personale", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 28 aprile 1992, depositato in cancelleria il 6 maggio successivo ed iscritto al n. 48 del registro ricorsi 1992.

 

Visto l'atto di costituzione della Regione Molise;

 

udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

 

uditi l'Avvocato dello Stato Stefano Onofrio per il ricorrente, e l'avv. Paolo Tesauro per la Regione.

 

Ritenuto in fatto

 

l.- Con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri è sollevata, in via principale, questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa della Regione Molise, approvata una prima volta il 3 febbraio 1992 e quindi, a seguito del rinvio governativo, una seconda volta il 24 marzo 1992 nell'identico testo, recante "Interpretazione autentica dell'art. 27 della legge regionale n. 5 del 7 febbraio 1990: ordinamento organizzativo dell'Ente risorse idriche Molise; stato giuri dico e trattamento economico del personale".

 

Il ricorrente ricorda che l'art. 147 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno), nel prevedere il trasferimento alle regioni del personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno impegnato nell'esercizio di opere realizzate da detta Cassa, ha disposto per tale personale la conservazione dei "diritti acquisiti sotto forma di assegno personale assorbibile dai futuri miglioramenti ...e comunque [del]le posizioni economiche e di carriera nonchè [del]la complessiva anzianità di servizio maturata". Ricorda altresì che la Regione Molise, nel dare attuazione tardiva a tale disposizione, con l'art. 24 della propria legge 7 febbraio 1990, n. 5, ha inquadrato "il personale ex dipendente della Cassa per il Mezzogiorno", in servizio alla data del 17 febbraio 1990, nei ruoli dell'Ente risorse idriche Molise (ERIM) "a far tempo dal 1° novembre 1983", distinguendo al secondo comma la decorrenza giuridica da quella economica e prevedendo che quest'ultima sia "fissata alla data di inquadramento" ovverosia in un momento successivo; l'art. 27 della stessa legge regionale ha, poi, individuato il trattamento economico da conservare nel "maturato economico in godimento all'entrata in vigore della presente legge [ovverosia al 17 febbraio 1990], derivante dall'applicazione dei contratti di provenienza operanti alla suddetta data".

 

Ad avviso della difesa dello Stato, la delibera legislativa ora impugnata, asseritamente di "interpretazione autentica", ma in realtà di sostanziale modifica anche retroattiva dell'art. 27 cit., nel precisare che i contratti di provenienza sono "anche quelli relativi all'Agenzia per la promozione del Mezzogiorno", intenderebbe migliorare ulteriormente, in modo illegittimo, il trattamento economico del personale in questione considerandolo come se fosse rimasto in servizio per oltre un decennio presso la Cassa per il Mezzogiorno e da questa fosse transitato non già alla Regione ma all'Agenzia (subentrata alla Cassa) e solo in un momento successivo alla Regione o meglio all'Ente da essa dipendente e ciò in considerazione del fatto che (come si legge nella relazione illustrativa della delibera regionale) "al detto personale sarebbe stato mantenuto per oltre otto anni lo stesso trattamento economico goduto nel 1983>>.

 

Nel considerare invece che il proprio "blocco" delle retribuzioni al 1983 avrebbe sostanzialmente dato attuazione al riassorbimento previsto dal citato art. 147 del testo unico delle leggi sul Mezzogiorno, l'Avvocatura generale dello Stato rileva che la rimozione anche retroattiva del detto blocco (che intenderebbe operare la legge ora impugnata) con parametri di riferimento estranei ai connotati specifici del rapporto di lavoro con l'ERIM, oltre a sollecitare pesanti richieste di arretrati, contrasterebbe proprio con il principio del riassorbimento e con i principi di omogeneizzazione e perequazione.

 

La nuova delibera legislativa regionale, infatti, concederebbe un secondo ed autonomo beneficio rispetto alla previsione dell'art. 27 della precedente legge regionale n.5 del 1990, che avrebbe anch'essa aggirato il principio del riassorbimento disponendo che "l'eventuale eccedenza" di retribuzione, goduta al 17 febbraio 1990 (data di entrata in vigore della legge regionale da ultimo citata), sia consolidata nella nuova retribuzione mediante l'artificiosa attribuzione di scatti o altre modalità di progressione economica. Ma mentre tale previsione, dopo il riferito prolungato blocco, ha avuto un'incidenza relativamente contenuta e forse per ciò è stata "tollerata" in sede di controllo, del tutto diversa è la portata della nuova norma che si vorrebbe introdurre e che per di più determinerebbe nei ruoli dell'Ente la compresenza di dipendenti con retribuzioni differenziate a parità di qualità e quantità di lavoro, tale da innescare probabili rincorse salariali. Nè la delibera regionale può trovare alcuna giustificazione nel ritardo, attribuibile solo alla Regione, con cui essa ha dato attuazione alla norma statale (art. 147 cit.).

 

Sarebbero, in conclusione, violati gli artt. 97 e 117 Cost. e le "norme interposte" offerte dall'art. 4 della legge quadro 29 marzo 1983, n. 93 e dall'art. 147 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, nonchè dall'art. 3 della citata legge n. 93 del 1983 "dal momento che la legge si sostituirebbe all'accordo" nella determinazione del trattamento economico di quel personale.

 

Per completezza l'Avvocatura dello Stato osserva che, ove occorresse, la Corte potrebbe sollevare dinanzi a sè stessa la questione di legittimità costituzionale degli artt. 24, comma 2, e 27 della menzionata legge regionale n. 5 del 1990, pur rilevando che tale incidente può non apparire necessario se la delibera legislativa in esame sia dichiarata incostituzionale e non abbia quindi la possibilità di "potenziare" i contenuti delle menzionate norme della legge regionale precedente.

 

2.- Si è costituita in giudizio la Regione Molise eccependo in via preliminare la inammissibilità delle questioni sollevate in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione, in quanto non suffragate da articolate motivazioni.

 

Nel merito afferma che la delibera impugnata, lunghi dal modificare l'art.27 cit., ne chiarisce il significato e la portata originaria al fine di eliminare i dubbi interpretativi sorti in ordine alla concreta individuazione dei "contratti di provenienza operanti" cui fare riferimento, e che, per effetto della legge regionale n. 5 del 1990, erano già quelli in essere alla data del 17 febbraio 1990 e quindi mai quelli operanti nel 1983, come asserito dalla parte ricorrente.

 

Dopo aver ricordato che il ritardo nell'inquadramento ha alterato le posizioni giuridiche ed economiche del personale già dipendente dalla Cassa, al quale non sono stati corrisposti nè gli aumenti dei dipendenti regionali nè quelli dei dipendenti della Cassa stessa, la Regione Molise osserva che la normativa regionale in argomento ha proceduto ad un diretto trasferimento del personale in questione dalla Cassa all'ERIM, prescindendo dall'inquadramento nei ruoli regionali; ciò sarebbe comprovato dall'art. 24 della legge n. 5 del 1990 che fissa la data di decorrenza dell'inquadramento a fini giuridici presso l'Ente del personale ex Cassa al 1° novembre 1983, data che coincide appunto con quella di trasferimento di detto personale dalla Cassa per il Mezzogiorno, mentre la decorrenza dell'inquadramento a fini economici è fissata al momento dell'unico reale inquadramento previsto presso l'ERIM, avvenuto in una data successiva alla legge n. 5 del 1990 cit., che ne ha dettato la specifica disciplina.

 

La Regione medesima osserva che, dopo la soppressione e messa in liquidazione della Cassa, la posizione degli ex dipendenti fino al loro definitivo inquadramento in altri enti o presso l'Agenzia per il Mezzogiorno è stata disciplinata, senza soluzione di continuità giuridica ed economica, con delibere del Commissario liquidatore prima e dell'Agenzia poi, come continuazione dei contratti già in atto precedenti la messa in liquidazione non ancora ultimata. Tale disciplina contrattuale deve quindi essere osservata come parametro di riferimento, essendo l'Agenzia subentrata alla Cassa, e ciò nel rispetto dell'art. 147 del testo unico delle leggi sul Mezzogiorno.

 

Nè, ad avviso della stessa Regione, può sostenersi che i contratti di provenienza, cui si riferisce l'art. 27 cit., debbano essere quelli operanti per i dipendenti regionali alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 5 del 1990, perchè, se così fosse, la distinzione temporale tra inquadramento a fini giuridici e inquadramento a fini economici non avrebbe ragione d'essere, dal momento che il trattamento economico del personale ERIM è equiparato a quello dei dipendenti regionali e nessuna differenza economica può sussistere tra le due posizioni. Diversamente, se si posticipa la decorrenza economica solo per i dipendenti ex Cassa, nell'assunto che questi fossero divenuti già dipendenti regionali, ne deriverebbe per essi un inammissibile trattamento peggiorativo determinato solo dal ritardo nell'inquadramento.

 

Quanto al presunto blocco delle retribuzioni al 1983, è lo stesso art.147 del testo unico cit. che non consente l'"automatico" riassorbimento stipendiale asserito dalla parte ricorrente. Infatti il richiamo, contenuto in quella norma, all'art. 12 del d.P.R. n. 1079 del 1970 rende manifesto che il riassorbimento può avvenire solo per l'attribuzione di successive classi di stipendio, per promozione o per passaggio di carriera, ovviamente previo l'inquadramento giuridico nei nuovi ruoli.

 

Quanto infine alla presunta disparità che si verrebbe a creare tra dipendenti dello stesso ente (ERIM), la Regione Molise osserva che, essendo il personale dell'ente composto anche da ex dipendenti dei disciolti consorzi del Molise, per essi è stata prevista l'analoga distinzione tra inquadramento giuridico e inquadramento economico ed è stata loro applicata la disciplina contrattuale derivante dalla contrattazione collettiva nazionale del settore vigente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 5 del 1990; e ciò confermerebbe l'illegittimità di un trattamento diverso e peggiorativo per i dipendenti ex Cassa nel senso voluto dal ricorrente.

 

Considerato in diritto

 

l.- É stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione, la delibera legislativa della Regione Molise riapprovata a seguito di rinvio governativo il 24 marzo 1992 che, qualificando si "di interpretazione autentica dell'art. 27 della legge regionale n. 5 del 7 febbraio 1990", ha stabilito che, ai fini della determinazione del trattamento economico del personale trasferito alla Regione dalla Cassa per il Mezzogiorno con decorrenza dal 1° novembre 1983, come "contratti di provenienza" debbono intendersi anche quelli relativi all'Agenzia per la promozione e per lo sviluppo del Mezzogiorno operanti alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 5 del 1990 citata.

 

2.l. - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Molise nell'assunto della genericità del ricorso, che non specificherebbe le ragioni del contrasto con gli artt. 97 e 117 della Costituzione.

 

Osserva in proposito la Corte che da tutto il contesto del ricorso tali motivi risultano in modo sufficientemente chiaro, atteso il preciso riferimento alle "norme interposte" costituite dagli artt. 3, n. 1, e 4 della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983 e dall'art. 147 del testo unico delle leggi sul Mezzogiorno approvato con d.P.R.n. 218 del 1978, rispetto alle quali il contrasto viene ravvisato appunto nel riferimento a contratti collettivi che non possono essere considerati tali in base ad una corretta interpretazione di dette norme statali.

 

2.2.- Quanto all'altra eccezione di inammissibilità - sollevata dalla stessa Regione nell'assunto che la legge impugnata offrirebbe l'unica interpretazione compatibile con l'art. 27 della legge regionale n. 5 del 1990, che non è stata a suo tempo impugnata - il suo esame potrà avvenire congiuntamente al merito della questione, perchè suppone risolto il problema interpretativo riguardante il complesso normativo cui la norma impugnata si collega.

 

3.- Nel merito il ricorso è fondato.

 

L'art. 147 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, dispose che "il personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno che alla data dell'entrata in vigore della legge 2 maggio 1976, n. 183 risulti impegnato nell'esercizio di opere [...] è trasferito alle Regioni" interessate conservando "i diritti acquisiti sotto forma di assegno personale assorbibile dai futuri miglioramenti [...] e comunque le posizioni economiche e di carriera, nonchè la complessiva anzianità di servizio maturata. Al personale [predetto] si applicano le norme transitorie previste dalle singole Regioni in ordine al primo inquadramento del personale statale trasferito alle regioni".

 

Successivamente la Regione Molise con l'art. 13 della legge 2 settembre 1980, n. 31, dispose: "Sono trasferite all'Ente risorse idriche del Molise [E.R.I.M.] le opere già realizzata dalla Cassa per il Mezzogiorno [...]. Il personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno impegnato nell'esercizio delle opere anzidette è del pari trasferito alla Regione ed assegnato all'E.R.I.M.[...]".

 

Come è risultato a seguito di istruttoria espletata da questa Corte, fu emanato, in attuazione di tali disposizioni, il decreto del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno in data 4 aprile 1983 di trasferimento del personale periferico della Cassa per il Mezzogiorno alla Regione Molise con decorrenza dal 1° novembre 1983, nonchè il decreto ministeriale 28 ottobre 1983, integrativo del primo.

 

La legge regionale 7 febbraio 1990 n. 5, recante l'ordinamento organizzativo dell' E.R.I.M. nonchè lo stato giuridico e il trattamento economico del personale dell'ente stesso, ha stabilito, all'art. 24, che il personale ex dipendente della Cassa per il Mezzogiorno trasferito alla Regione ed in servizio presso detto ente alla data di entrata in vigore della legge è "inquadrato nei ruoli dell'Ente a far tempo dal 1° novembre 1983, secondo le norme di cui alla legge regionale 29 aprile 1985, n. 13" (primo comma) e che "la decorrenza dell'inquadramento ai fini giuridici è fissata al 1° novembre 1983; la decorrenza ai fini economici è fissata alla data dell'inquadramento" (secondo comma). L'art. 27 della legge stessa (nel testo risultante dalla legge ora impugnata che nel titolo di chiara di interpretarlo autenticamente) ha disposto poi che, "in analogia a quanto previsto dagli artt. 34 e 36 del d.P.R. n. 268 del 13 maggio 1987, l'eventuale eccedenza tra il maturato economico in godimento all'entrata in vigore della presente legge derivante dall'applicazione dei contratti di provenienza, intendendosi come tali, nel caso del personale proveniente dalla Cassa per le opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno), anche quelli relativi all'Agenzia per la promozione e per lo sviluppo del Mezzogiorno, operanti alla suddetta data, viene corrisposta a tutti i dipendenti in dodicesimi e concorre ad incrementare la retribuzione individuale di anzianità".

 

4. - Muovendo dalla lettura congiunta degli artt. 24 e 27 citati, in collegamento con la normativa che li ha nel tempo preceduti e cui essi si richiamano, non può condividersi l'assunto della Regione che esclude, riferendosi all'espressa autoqualificazione interpretativa contenuta nel titolo della delibera legislativa impugnata, carattere innovativo alla precisazione di questa circa il significato da attribuirsi all'espressione "contratti di provenienza".

 

Anche a prescindere dal rilievo già formulato da questa Corte (sent. n.233 del 1988

) circa il carattere innovativo proprio di qualunque legge interpretativa, per l'inevitabile modificazione che essa produce nell'assetto normativo in cui si inserisce, va considerato che, nella specie, la delibera legislativa impugnata introduce certamente un elemento di novità rispetto alla legge regionale n. 5 del 1990, perchè in questa non risulta affatto pacificamente sottinteso che si voglia far assumere rilevanza, ai fini della determinazione del maturato economico, a contratti collettivi stipulati per il personale dipendente da enti o amministrazioni, come nella specie l'Agenzia, con le quali il personale, già appartenente alla Cassa per il Mezzogiorno e trasferito alla Regione, non abbia mai avuto alcun rapporto di lavoro.

 

Nè questo effetto può ritenersi insito nell'art. 24 della stessa legge regionale n. 5 del 1990 - cui l'art. 27 è collegato, come sostiene la Regione resistente - il quale distingue la decorrenza dell'inquadramento ai fini giuridici al 1° novembre 1983 e la decorrenza ai fini economici "alla data dell'inquadramento". La non univocità di questa formula ed il fatto che la locuzione "inquadramento" non ha alcun preciso riscontro nella normativa e nei provvedimenti ministeriali che hanno regolato il trasferimento del personale della Cassa per il Mezzogiorno alle regioni, fanno sì che non si possa attribuire a tale disposizione un significato che non risulti aderente ai principi generali che escludono la possibilità di attribuire trattamenti economici che non siano stati oggetto di contrattazioni tra le parti interessate, salvo che ciò non dovesse risultare da una norma prodotta da una fonte idonea a derogare a detti principi.

 

Ebbene, tra le possibili interpretazioni dell'art. 24 della legge regionale n. 5 del 1990, il significato più attendibile, da attribuirsi alla distinzione tra decorrenza ai fini giuridici e ai fini economici, è quello conforme a tali principi e, quindi, è da ritenersi che la distinzione fra le due decorrenze indicate in detto articolo possa essere stata fatta allo scopo di computare - per la determinazione del maturato economico da assumersi come base per stabilire il trattamento definitivo di detto personale, trasferito con effetto dal 1° novembre 1983 - anche eventuali miglioramenti che, ancorchè concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno (successivamente soppressa) dopo la data del trasferimento del suo personale periferico, abbiano avuto una decorrenza anteriore al trasferimento del personale in questione alle Regioni. Ciò può spiegare anche la ragione per cui, come è risultato dall'istruttoria (v. supra n. 3),la Regione Molise, pur dopo tale trasferimento, abbia ancora fatto riferimento in via provvisoria alle retribuzioni corrisposte dalla Cassa al proprio personale.

 

In altri termini la distinzione fra le due decorrenze contenuta nell'art. 24 della legge del 1990 n. 5, può attendibilmente ritenersi dettata dalla considerazione che, se al momento del trasferimento il personale transitato alla Regione riceveva ancora un trattamento economico provvisorio in acconto su quello definitivo solo successivamente stabilito dalla Cassa, sia quest'ultimo trattamento - ancorchè determinato dalla Cassa stessa successivamente al trasferimento del personale alla regione - quello di cui si debba tener conto ai fini del computo del maturato economico ai sensi dell'art. 27 della legge stessa.

 

Essendo questo uno dei possibili effetti della distinzione, contenuta nell'art. 24 della legge regionale n. 5 del 1990, fra decorrenza giuridica e decorrenza economica, non può condividersi la tesi sostenuta dalla regione secondo cui per attribuire un significato alla norma sarebbe necessario far discendere da essa, come unico possibile effetto, la previsione, sia pure sottintesa, e poi esplicitata nella delibera impugnata, della rilevanza dei miglioramenti economici concessi dall'Agenzia.

 

Di conseguenza, sciogliendo la riserva, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso dello Stato avverso la delibera legislativa impugnata, dedotta nell'assunto che questa si sarebbe limitata soltanto a precisare il significato della formula "contratti di provenienza", adoperata nella legge regionale n. 5 del 1990, che già avrebbe sottinteso i contratti stipulati dall'Agenzia.

 

Osserva invece la Corte che questo significato è riconducibile, come si è rilevato, per la prima volta, in modo certo, alla delibera legislativa ora impugnata e non alla legge regionale n. 5 del 1990, perchè in questa la distinzione fra le due decorrenze non dà adito, per le ragioni anzidette, a far necessariamente ritenere che quanto stabilito nella delibera anzidetta, sul punto rispetto al quale si lamenta la violazione dei parametri invocati, fosse già enunciato nella legge del 1990 a suo tempo non impugnata.

 

5. - Nel merito sono fondate le censure formulate nel ricorso, perchè il far assumere rilevanza, ai fini della individuazione dei contratti di provenienza, a quelli stipulati dall'Agenzia per la promozione e lo sviluppo per il Mezzogiorno con i propri dipendenti, significa adottare termini di riferimento estranei ai connotati specifici del rapporto di lavoro con l'E.R.I.M. Il personale trasferito dalla Cassa per il Mezzogiorno alla Regione Molise non è difatti preventivamente transitato nell'Agenzia per la promozione e lo sviluppo per il Mezzogiorno, un ente, quest'ultimo, distinto dalla soppressa Cassa e costituito successivamente al già avvenuto trasferimento del personale alla Regione e nel quale è confluito solo il personale rimasto presso la Cassa perchè non transitato nè alle regioni nè altrove. Assumere come "contratti di provenienza" anche quelli stipulati dall'Agenzia con i propri dipendenti, costituisce un'insanabile contraddizione rispetto alla formula adoperata, perchè il personale in questione non proviene dall'Agenzia, e significa perciò attribuire al personale stesso un trattamento economico del tutto disancorato dalla disciplina e dai principi che hanno regolato le modalità del trasferimento.

 

6. - Quanto alla obiezione della Regione, secondo cui, assumendo come maturato economico quello riferito alla data del 1° novembre 1983, si determinerebbe per questo personale, una situazione deteriore, va rilevato che, una volta stabilito tale maturato come punto di partenza, risulta evidente che, in base ai principi, tutti i miglioramenti che da tale momento siano stati concessi ai dipendenti regionali (al cui trattamento economico, per ammissione della stessa Regione, è equiparato quello dei dipendenti dell'E.R.I.M.) dovranno essere computati per la determinazione del trattamento economico definitivo del personale in questione, a conguaglio dei miglioramenti che a titolo provvisorio siano stati ad esso nel frattempo corrisposti.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale della delibera legislativa della Regione Molise, riapprovata il 24 marzo 1992, recante "Interpretazione autentica dell'art. 27 della legge regionale n. 5 del 7 febbraio 1990: ordinamento organizzativo dell'Ente risorse idriche del Molise, stato giuridico e trattamento economico del personale".

 

Così deciso nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 13/05/93.