Sentenza n. 224 del 1993

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SENTENZA N. 224

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo

Giudici

Dott. Francesco

Prof. Gabriele

Avv. Ugo

Prof. Vincenzo

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato

Prof. Giuliano

Prof. Francesco

Prof. Cesare

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 24 luglio 1985, n.406 (Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti alle preture e degli esami per la professione di procuratore legale), in relazione all'art.25 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento della professione di avvocato e procuratore), convertito, con modificazioni, con la legge 22 gennaio 1934, n.36, promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1992 dalla Corte di cassazione - Sezioni unite civili - sul ricorso proposto da Valentino de Castello contro il Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori legali di Belluno ed altri, iscritta al n. 770 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.52, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1993 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

l. - Nel corso del giudizio promosso dal dott.Valentino de Castello per l'annullamento della decisione del Consiglio nazionale forense con la quale era stato rigettato il suo ricorso avverso la reiezione della domanda di iscrizione nell'albo dei procuratori tenuto dal Consiglio dell'ordine di Belluno, la Corte di cassazione, con ordinanza del 20 marzo 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 16, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 24 luglio 1985, n. 406 (Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti alle preture e degli esami per la professione di procuratore legale), in relazione all'art. 25 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), convertito, con modificazioni, con la legge 22 gennaio 1934, n. 36.

Queste disposizioni prevedono l'iscrizione esclusivamente in un albo compreso nel distretto della Corte di appello presso cui é stato sostenuto l'esame di procuratore legale e il divieto di trasferimento ad altra sede se non siano decorsi almeno due anni dall'iscrizione stessa.

La Corte di cassazione - rilevato che la iscrizione del dott. de Castello nell'albo dei procuratori di Belluno, circoscrizione di residenza, era stata rifiutata in quanto l'interessato aveva sostenuto gli esami di procuratore legale presso la Corte d'appello di Firenze e non era stato iscritto per almeno due anni in un albo circondariale nell'ambito di questo distretto - ricorda che, a seguito delle modifiche all'ordinamento forense introdotte dalla legge 4 marzo 1991, n. 67, il superamento degli esami di procuratore legale consente l'iscrizione nel relativo albo nell'ambito del Tribunale nella cui circoscrizione l'interessato risiede, anche se in un distretto di Corte d'appello diverso da quello nel quale é stato sostenuto l'esame.

La nuova disciplina, tuttavia, é ritenuta non applicabile al caso in esame, in quanto l'iscrizione é regolata dalla legge del tempo in cui la relativa domanda é stata presentata.

Ad avviso del giudice rimettente il combinato disposto degli artt. 25 del regio decreto- legge n. 1578 del 1933 e 3, secondo comma, della legge n.406 del 1985 contrasterebbe con gli artt. 3, 4 e 16, primo comma, della Costituzione, perché realizza una violazione del principio di parità di trattamento e di ragionevolezza della legge, una lesione del principio di facilitazione delle condizioni di accesso al lavoro e del suo svolgimento ed una ingiustificata limitazione alla libertà di residenza.

Considerato in diritto

l. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione riguarda il vincolo, per coloro che hanno superato gli esami di procuratore legale, di iscriversi esclusivamente in un albo circondariale nell'ambito del distretto della Corte d'appello presso la quale é stato sostenuto l'esame.

Questa limitazione - introdotta dall'art. 3, secondo comma, della legge 24 luglio 1985, n. 406 - si é combinata e cumulata con il preesistente obbligo di permanenza minima della iscrizione in un albo, per almeno un biennio, perché possa essere chiesto il trasferimento ad altra sede nella quale l'interessato intende fissare la propria residenza (art. 25 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578).

Il limite di legittimazione al trasferimento era stato disposto nel contesto di un ordinamento della professione forense che prevedeva, per la iscrizione nell'albo dei procuratori, un numero di posti limitato, la cui consistenza e disponibilità (per l'assegnazione mediante concorso per esami o per trasferimento) dovevano essere annualmente determinate anche in ragione del numero degli affari giudiziari.

Si era dunque in presenza di un sistema unitario (con la possibilità che unica fosse la sede di esami, presso il Ministero di grazia e giustizia), connotato da interessi di carattere pubblico, inerenti al servizio giudiziario, che si affermavano anche nella fase della distribuzione sul territorio di quanti esercitavano la professione di procuratore. Questo sistema é stato "temporaneamente sospeso" dal decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1944, n. 215, ma sostanzialmente abbondato per il consolidarsi della sua mancata applicazione.

Le limitazioni alla mobilità dei procuratori legali successivamente introdotte non riguardano la quantificazione e la distribuzione dei posti, ma tendono a determinare la Corte d'appello presso la quale gli esami possono essere sostenuti e collegano a tale luogo la possibilità di iscrizione all'albo. Così é per l'obbligo di sostenere gli esami nel distretto nel quale si é svolta la pratica professionale; così é, anche, per la possibilità di iscrizione esclusivamente in un albo nell'ambito del distretto di Corte di appello presso la quale l'esame é stato sostenuto (art. 3, rispettivamente primo e secondo comma, della legge n. 406 del 1985).

2. - La Corte di cassazione ritiene che la disciplina sopra descritta possa essere in contrasto con gli artt. 3, 4 e 16, primo comma, della Costituzione.

In particolare, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, il giudice rimettente deduce l'irragionevolezza di una disciplina che pone coloro che hanno superato l'esame e hanno mutato successivamente la propria residenza nell'impossibilità di iscriversi nell'albo del luogo di nuova residenza, rimanendo di conseguenza esclusi dall'esercizio della professione.

L'ordinanza di rimessione sottolinea che la legge 406 del 1985 ha inteso "arginare il fenomeno delle migrazioni dei praticanti procuratori verso sedi di esame ritenute più vantaggiose". Ma a tale scopo - osserva la Corte di cassazione - sarebbe sufficiente l'obbligo di sostenere l'esame presso la Corte d'appello nel cui distretto si é svolta la pratica professionale, essendo del tutto improbabile che al fine di scegliere una sede di esame il praticante procuratore trasferisca altrove la propria residenza per i due anni della durata minima della pratica professionale.

3. - Il limite posto dall'art. 3, secondo comma, della legge n. 406 del 1985 per la prima iscrizione in un albo dei procuratori, unito all'obbligo (che deriva dall'art. 25 del regio decreto- legge n. 1578 del 1933) di non chiedere il trasferimento per almeno due anni, é così assoluto da non ammettere, nell'interpretazione che é stata data alle disposizioni stesse, alcuna possibilità di deroga, neppure quando il mutamento di residenza non sia affatto elusivo delle finalità della legge ma sia invece dovuto a necessità effettive e sopravvenute, o anche necessario per evitare incompatibilità che l'esercizio della professione nel distretto nel quale si é tenuti ad iscriversi e rimanere iscritti per almeno due anni potrebbe determinare. Il vincolo che così si cumula, in un sistema altrimenti ispirato alla libera scelta della circoscrizione nella quale l'interessato può iscriversi per esercitare la professione, eccede, nel suo modo di essere, le finalità perseguite con l'imposizione del vincolo stesso. Difatti nell'attuale ordinamento forense non sussistono gli originari limiti nel numero e nella distribuzione degli iscritti agli albi delle diverse circoscrizioni, che davano ragione della rigorosa regolamentazione, anche in funzione delle esigenze del servizio giudiziario, della mobilità dei professionisti.

Inoltre l'obbligo di prima iscrizione nell'ambito del distretto nel quale sono stati sostenuti gli esami, previsto come assoluto ed inderogabile, non si giustifica adeguatamente né in rapporto al momento genetico (del collegamento con la sede di esami per l'abilitazione all'esercizio della professione) né in relazione all'aspetto funzionale (dell'esercizio della professione stessa). Sotto il primo profilo la iscrizione all'albo potrebbe avvenire anche a notevole distanza di tempo dal superamento degli esami senza che, secondo il tenore letterale dell'art. 3 della legge n. 406 del 1985, cessi l'obbligo di prima iscrizione nell'ambito del distretto. Sotto il secondo profilo l'esigenza, anche prospettata, di assicurare almeno per un arco di tempo adeguato e prefissato la rappresentanza di chi affida il mandato al procuratore, non sussiste certamente per la prima iscrizione, che costituisce essa stessa il presupposto per il verificarsi della situazione che si ritiene poi di dover proteggere.

La questione di legittimità costituzionale é pertanto fondata e va dichiarata l'illegittimità costituzionale delle disposizioni denunziate per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Gli altri profili dedotti dall'ordinanza di rimessione sono assorbiti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 24 luglio 1985, n. 406 (Modifiche alla disciplina del patrocinio davanti alle preture e degli esami per la professione di procuratore legale) in relazione all'art. 25 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), convertito, con modificazioni, con la legge 22 gennaio 1934, n. 36.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/04/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 07/05/93.