Ordinanza n. 220 del 1993

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ORDINANZA N. 220

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 425 e 577 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 aprile 1992 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento penale a carico di Dolazza Riccardo ed altro, iscritta al n. 708 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di costituzione di Kamenetzki Michele nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1993 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

uditi l'avv. Corso Bovio per Kamenetzki Michele e l'Avvocato dello Stato Paolo Di Tarsia di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Dolazza Riccardo e Kamenetzki Michele, imputati del delitto di diffamazione a mezzo stampa in danno di Vimercati Gianni, la Corte di appello di Milano, il 29 aprile 1992, con ordinanza ha ritenuto non manifestamente infondate le eccezioni di incostituzionalità degli articoli 425 e 577 codice di procedura penale prospettate dalle parti; che il giudice remittente ha premesso di avere già sollevato analoga questione di legittimità costituzionale e di aver rimesso gli atti alla Corte costituzionale per la sua risoluzione; che, in considerazione dell'assenza di nuovi e diversi argomenti idonei a far modificare la valutazione espressa in precedenza e della rilevanza delle questioni anteriormente sollevate, ha sospeso il giudizio sino alla pronuncia relativa alla questione già rimessa senza trasmettere gli atti a questa Corte, sulla base dell'asserita sostanziale identità tra le questioni odierne e quelle già al suo esame sulla base dei provvedimenti di trasmissione precedenti;

che con successiva ordinanza in data 3 giugno 1992 la Corte milanese, in risposta alla memoria presentata dalla difesa del Kamenetzki, vista la propria ordinanza che disponeva soltanto <la sospensione del giudizio fino alla pronuncia della Corte costituzionale sulle questioni di costituzionalità degli articoli 425 e 577 del codice di procedura penale>, ha disposto, a modifica del precedente provvedimento, la trasmissione degli atti a questa Corte;

che si è costituito nel presente giudizio l'imputato Kamenetzki, con atto a firma dei suoi difensori, con il quale ha chiesto il rigetto della questione di costituzionalità dell'articolo 425 codice di procedura penale, proposta in relazione all'articolo 76 della Costituzione, sulla base del rilievo che la norma impugnata deve essere interpretata in misura più ampia di come l'abbia interpretata la Corte remittente, e l'accoglimento della seconda questione di legittimità costituzionale, quella con la quale si è sottoposto al vaglio della Corte l'articolo 577 del codice di rito, per violazione, ad un tempo, degli artt.3 e 112 della Costituzione.

Considerato che con la prima ordinanza, pronunziata in data 29 aprile 1992, la Corte d'appello di Milano, senza aver formalmente sollevato le questioni di legittimità costituzionale delle quali fa cenno nel corpo della motivazione e, asserendo di averle già rimesse a questa Corte con due distinti provvedimenti dello stesso ufficio giudiziario, ha irritualmente sospeso il giudizio <sulle questioni di costituzionalità sollevate da quella stessa Corte con ordinanze 11 marzo 1992 e 24 gennaio 1992>;

che con la seconda ordinanza, pronunciata in data 3 giugno 1992, <a parziale modifica> della prima, ha disposto l'invio alla Corte costituzionale di <tutti gli atti processuali del procedimento> de quo;

che, anche a volerle considerare come sostanzialmente sollevate, le due questioni di costituzionalità riferite per relationem ad altri provvedimenti dello stesso ufficio (peraltro, in uno dei due casi, diversamente composto) sono prive di qualunque, anche minima, motivazione;

che la seconda ordinanza con la quale la Corte remittente ha inteso dare sostegno alla prima, del tutto priva degli elementi costitutivi e necessari a delimitare il thema decidendum (non potendosi certo questo ricavare soltanto dall'accostamento delle norme parametro con quelle <impugnate>), nulla ha sostanzialmente aggiunto, essendosi limitata a trasmettere gli atti del procedimento de quo a questa Corte;

che, pertanto la questione è manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 425 e 577 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt.76, 3, 77 e 112 della Costituzione, dalla Corte di appello di Milano con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/04/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 05/05/93.