Sentenza n. 202 del 1993

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SENTENZA N. 202

 

ANNO 1993

Commento di

 Maria Alessandra Sandulli

Per la Corte costituzionale non c’è incertezza sui termini per ricorrere nel rito appalti: la sentenza n. 204 del 2021 e il creazionismo normativo dell’Adunanza plenaria

 per g.c. di Federalismi.it

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 del d.l.16 marzo 1991, n. 83, convertito con modificazioni nella legge 15 maggio 1991, n. 154 (Disposizioni in materia di repressione delle violazioni finanziarie e per definire le relative pendenze), promosso con ordinanza emessa il 27 novembre 1991 dal Tribunale di Savona nel procedimento penale a carico di Podestà Maria Liana, iscritta al n. 475 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1993 il Giudice relatore Renato Granata;

 

Ritenuto in fatto

 

l. In un giudizio penale a carico di un soggetto imputato del reato di cui all'art. 3 della legge 7 agosto 1982 n. 516, per non avere annotato sull'apposito registro alcuni stampati, il Tribunale di Savona procedente ha sollevato, con ordinanza del 27 novembre 1991, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8 del d.l. 16 marzo 1991 n. 83, convertito in legge 15 maggio 1991 n. 154 - nella parte in cui esclude il reato in parola dalla sanatoria amministrativa, ivi prevista - per contrasto con l'art. 3 della Costituzione: violato - a suo avviso - in ragione della ingiustificata disparità del trattamento, così riservato, alle infrazioni sub art. 3 l.516/82 cit. rispetto alle analoghe violazioni formali pure costituenti reato e "di gravità certamente non inferiore", di cui agli artt. 1, comma sesto e 2, commi secondo e terzo, della stessa legge 516/1982 nonchè 3, comma quinto, della legge 17 febbraio 1985 n. 17, alle quali la norma denunciata viceversa estende la suddetta sanatoria.

 

2. L'Avvocatura dello Stato, per l'intervenuto Presidente del Consiglio dei Ministri, ha eccepito l'infondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

l. Il Tribunale di Savona dubita con riferimento all'art. 3 della Costituzione, della legittimità dell'art. 8 del d.l. 16 marzo 1991 n.83 convertito in legge 15 maggio 1991 n. 154 (recante disposizioni in materia di repressione delle violazioni tributarie e per definire le relative pendenze), nella parte in cui detta norma esclude la definibilità (alle condizioni e nelle forme ivi previste) delle violazioni formali, costituenti reato, di cui all'art. 3, secondo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 516 (< < stampa, fornitura acquisto o detenzione di stampati per la compilazione di documenti di accompagnamento o ricevute fiscali senza la prescritta annotazione>>).

 

l trattamento così riservato alle richiamate violazioni sarebbe infatti - ad avviso dell'autorità rimettente - ingiustificatamente deteriore (donde la violazione del precetto dell'eguaglianza) rispetto a quello previsto per le < < certo non meno gravi>> violazioni, pure esse di rilievo penale, di cui agli articoli 1, comma sesto, l. 516/82 [irregolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie], 2, commi secondo e terzo, l.516 cit. [omessa dichiarazione ed omesso versamento da parte del sostituto d'imposta) e 3, comma quinto, d.l. 1984 n. 83 conv. in l. 17/85 [omessa tenuta del repertorio della clientela], alle quali la stessa norma denunciata viceversa estende la suddetta definizione.

 

2. La questione non è fondata.

 

Va premesso che, nel suo complessivo impianto, la legge n. 154 del 1991, nella logica della duplice perseguita finalità di rimodulazione e decongestione del settore della giustizia penale tributaria, ha, tra l'altro, previsto due distinti meccanismi di c.d. sanatoria: quello, sub art. 8, per la definizione delle infrazioni amministrative (previo pagamento della somma di un milione per ciascun periodo d'imposta interessato); e quello, di cui al precedente art. 7, che consente (in deroga al principio di ultrattività delle norme penali tributarie di cui all'art. 20 della legge 1929 n. 4) l'applicazione retroattiva delle disposizioni innovative, più favorevoli, concernenti infrazione di rilievo penale semprechè - e qui sta il raccordo tra le due disposizioni - per i periodi di imposta cui anche queste ultime violazioni si riferiscono, < < si provveda alla regolarizzazione nei modi di cui all'art.8>>.

 

Ora le violazioni tributarie assunte a parametro dal Tribunale rimettente rientrano appunto nel novero di quelle che, in dipendenza di una loro operata ridefinizione in termini di minor gravità sul piano penale, sono state ammesse a fruire del beneficio della immediata applicabilità della norma più favorevole ex art. 7 co. 2 l. cit. (vedi sent. n. 178 del 1992).

 

E ciò spiega perchè - per esse - sia stata espressamente prevista, sub art. 8, (anche) la regolarizzazione amministrativa, che all'applicazione di quel beneficio è - come si è detto - strumentale.

 

Per ogni altra infrazione tributaria avente carattere penale lo stesso art.8 ha, invece, escluso l'accesso alla sanatoria amministrativa: cui non ha quindi di regola inteso ricollegare effetti estintivi penali.

 

E tale esclusione - che coinvolge anche la contravvenzione per cui si procede nel giudizio a quo - è, di conseguenza, nel quadro normativo evidenziato, pienamente razionale e coerente.

 

Del resto, per quanto più specificamente attiene alle omesse annotazioni sub art. 3, comma secondo, l. 516/1982, per cui è questione, non sfugge la particolare insidiosità delle correlati ve fattispecie, attesa la potenziale attitudine dei comportamenti incriminati a preparare o coprire future evasioni tributarie. Il che dà ulteriore giustificazione della valutazione di maggior gravità, nei riguardi di tali violazioni compiuta, a monte, dal legislatore del 1991 e del trattamento conseguenzialmente differenziato ad esse riservato agli effetti della sanatoria in parola: senza che possa, per ciò, ipotizzarsi alcuna lesione del precetto costituzionale dell'eguaglianza.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.8 del d.l. 16 marzo 1991 n. 83, convertito con modificazioni nella legge 15 maggio 1991 n. 154 (Disposizioni in materia di repressione delle violazioni finanziarie e per de finire le relative pendenze), sollevata, in riferimento all'art.3, comma primo, della Costituzione, dal Tribunale di Savona, con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/04/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Renato GRANATA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 29/04/93.