Ordinanza n. 156 del 1993

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ORDINANZA N. 156

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1992 dal Pretore di Forlì nel procedimento penale a carico di Collini Azelio ed altra, iscritta al n. 676 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1993 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe il Pretore di Forlì dubita che l'art. 41 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al giudice ricusato di pronunciare la manifesta infondatezza della dichiarazione di ricusazione ove essa sia identica ad altre già dichiarate inammissibili dall'organo competente a provvedere su di esse, contrasti:

- con l'art. 3 Cost., in ragione della disparità di trattamento che si determinerebbe tra chi, reiterando le istanze, si sottragga di fatto al processo e chi vi si sottoponga per scelta di correttezza o per impossibilità di pagare le sanzioni di cui all'art. 44 cod. proc. pen.;

- con gli artt. 25, 97 e 112 Cost., perchè il reiterato impedimento alla prosecuzione del processo comporterebbe la sua sottrazione al giudice naturale, il blocco dell'attività giurisdizionale e che il reato contestato non venga perseguito, fino a poter giungere alla sua prescrizione;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

Considerato che nel sollevare la questione il giudice rimettente muove dall'erroneo presupposto per cui la presentazione della dichiarazione di ricusazione comporterebbe l'automatica sospensione dell'attività processuale;

che in realtà ai sensi del secondo comma dell'impugnato art.41, tale sospensione è preclusa nei casi - che il rimettente assume ricorrano nel giudizio a quo - di inammissibilità della dichiarazione di ricusazione, ed, è - al di fuori di questi - rimessa alla valutazione del giudice competente a decidere sul merito della ricusazione, il quale può disporre la sospensione temporanea di ogni attività processuale ovvero la limitazione di questa al compimento dei soli atti urgenti;

che al giudice ricusato è solo preclusa la pronuncia di sentenza fino a che la ricusazione non sia dichiarata inammissibile o rigettata (art. 37, secondo comma, cod. proc. pen.);

che, di conseguenza, la problematica prospettata trova già soluzione nella disciplina positiva, sicchè la questione si appalesa manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 41 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, 97 e 112 della Costituzione, dal Pretore di Forlì con ordinanza del 15 luglio 1992.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/04/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 08/04/93.