Sentenza n. 150 del 1993

 

SENTENZA N. 150

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 21 novembre 1991, n. 374 ("Istituzione del giudice di pace"), promosso con ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta notificato il 20 dicembre 1991, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi 1991.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1993 il Giudice relatore Renato Granata;

uditi l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione autonoma Valle d'Aosta e l'avv. dello Stato Giorgio d'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

l. Con ricorso depositato in data 24 dicembre 1991 la regione Valle d'Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge 21 novembre 1991 n.374 (Istituzione del giudice di pace) e comunque dei suoi artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40 e 41 (terzo comma), 45 e 47 per violazione dell'art. 116 Cost. e delle norme e principi dello Statuto speciale della Valle d'Aosta (l. cost. 26 febbraio 1948 n.4) ed in particolare del suo art. 41.

Premette la difesa della regione che l'art. 41 dello Statuto contempla la potestà del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa, di istituire gli uffici di conciliazione. Inoltre, in base al secondo comma del medesimo art. 41, il Presidente della giunta ha il potere, su delega necessaria del Presidente della Repubblica, di provvedere a tutti gli atti concernenti il rapporto giuridico dei giudici conciliatori e dei vice conciliatori. Infine dalla medesima norma statutaria è attribuito al Presidente della giunta il potere di autorizzare all'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere i soggetti che ne posseggono i requisiti. La legge impugnata - osserva la regione - sopprime (formalmente) il giudice conciliatore. Così facendo comprime illegittimamente le competenze regionali mediante eliminazione del suo presupposto.

In realtà però - prosegue la ricorrente - la legge impugnata ha modificato la disciplina del giudice conciliatore, come risulta in particolare dall'art. 39, che espressamente prevede che in tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le espressioni "conciliatore", "giudice conciliatore e viceconciliatore" ovvero "ufficio di conciliazione", queste devono essere sostituite da "giudice di pace" e "ufficio del giudice di pace"..

Peraltro, anche in questa prospettiva di continuità tra giudice conciliatore e giudice di pace, sì che la disciplina di quest'ultimo si qualifica come modifica della disciplina del primo, risulta la compressione delle competenze regionali previste dallo Statuto ed in particolare dal suo art. 41. Infatti l'art. 2 della legge n. 374/91 prevede la istituzione ex lege degli uffici del giudice di pace in ogni capoluogo degli ex-manda menti giudiziari e non più con decreto del Presidente della giunta regionale previa deliberazione di questa; inoltre sono istituite sedi distaccate mediante decreto del Presidente della Repubblica, su parere del Ministro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario ed i comuni interessati e non più con decreto del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa. Altresì un'illegittima compressione delle competenze regionali vi è quanto alla nomina dei magistrati onorari addetti a funzioni di giudice di pace; è infatti previsto che tale nomina avvenga con decreto del Presidente della Repubblica su mera proposta del Presidente della giunta e non più con decreto del Presidente della giunta su delega necessaria del Presidente della Repubblica.

2. Si è costituito il Presidente del Consiglio rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo il rigetto del ricorso.

L'Avvocatura premette che le disposizioni statutarie della Regione Valle d'Aosta relative al giudice conciliatore non prevedono poteri di istituzione o soppressione di magistrature onorarie, nè costituzionalizzano in parte qua l'ordinamento giudiziario quanto alla figura magistratuale del giudice conciliatore nella anzidetta regione, ma contemplano poteri (di nomina, vigilanza, decentramento) esercitabili nei confronti di tale figura se ed in quanto prevista dall'ordinamento giudiziario. Una volta quindi venuta meno la figura del giudice conciliatore le norme statutarie non trovano più il loro presupposto applicativo senza che per ciò solo vi sia lesione delle prerogative regionali.

Nè tali prerogative sono esercitabili in relazione al giudice di pace atteso che quest'ultimo è figura del tutto nuova e diversa rispetto al giudice conciliatore, come può desumersi da una serie di elementi: la mancata modifica della competenza del giudice conciliatore in sede di riforma del processo civile (legge n.353/90) come espressione della volontà del legislatore di non rivitalizzare l'istituto; la competenza a carattere generale del giudice di pace ; il riferimento istituzionale del decentramento e della sede (non più al Comune, ma al mandamento giudiziario e la Pretura); l'assunzione degli oneri inerenti al funzionamento di tale nuova magistratura; l'esercizio delle funzioni di cancelleria e di notificazione; la non gratuità dell'ufficio; il procedimento ed i requisiti per la nomina dei giudici di pace; l'attribuzione di una competenza penale; il parametro di giudizio costituito dalle regole di diritto, salvo che per cause di minor valore; la previsione di un regime impugnatorio delle sentenze analogo a quelle delle sentenze del Pretore, al quale il giudice di pace è equiordinato come giudice di primo grado; la necessità del ministero e dell'assistenza del difensore.

Quindi sotto l'aspetto sia qualitativo che quantitativo il giudice di pace non corrisponde al giudice conciliatore; come peraltro risulta anche dalla coesistenza, in via temporanea e transitoria, del giudice conciliatore e del giudice di pace sino all'esaurimento delle cause pendenti innanzi al primo.

Nè in senso contrario rileva la disposizione di chiusura dell'art. 39 legge n. 374/1991, per cui, nelle disposizioni di legge in cui vengono usate, le espressioni "conciliatore", "giudice conciliatore", "vice conciliatore", "ufficio di conciliazione", queste sono sostituite con le espressioni "giudice di pace" ed "ufficio del giudice di pace".

Osserva ancora l'Avvocatura che dalle disposizioni statutarie non è desumibile un principio di carattere generale riferibile ad ogni e qualsiasi figura di giudice onorario; la salvaguardia di superiori principi costituzionali impone la stretta interpretazione delle norme statutarie, apparendo queste derogative di regole generali poste a presidio dell'indipendenza dei giudici; infatti la scelta dei giudici conciliatori era so stanzialmente operata in via esclusiva dall'autorità regionale.

L'ampliamento di tale potere di scelta, ove riferito al giudice di pace, unitamente al potere di vigilanza, si collocherebbe fuori dai principi costituzionali generali applicabili in tema di garanzia dell'indipendenza del giudice.

L'Avvocatura pertanto ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

3. La difesa della Regione Valle d'Aosta ha poi depositato una memoria in cui, nel contestare le deduzioni dell'Avvocatura generale dello Stato, ribadisce la tesi secondo cui le competenze amministrative regionali contemplate dallo Statuto di autonomia sono perfettamente compatibili con la riserva di legge statale in materia di ordinamento giudiziario ed insiste nel negare che il legislatore ordinario statale possa eliminare il presupposto per l'esercizio di competenze regionali, costituzionalmente garantite in quanto recepite nello Statuto d'autonomia.

Considerato in diritto

1. La regione ricorrente ha sollevato una duplice questione di costituzionalità.

In via principale ed in riferimento all'art. 116 Cost., nonchè alle norme dello Statuto speciale della Valle d'Aosta (l. cost.26 febbraio 1948 n.4) e segnatamente del suo art. 41, censura la legge 21 novembre 1991 n.374 (Istituzione del giudice di pace) e comunque i suoi artt. 1, 2, 4, 7, 17, 39, 40 41 (terzo comma), 45 e 47 nella parte in cui, sopprimendo il giudice conciliatore ed istituendo in suo luogo il giudice di pace, comportano la caducazione di specifiche competenze regionali costituite dal potere del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa, di istituire gli uffici di conciliazione; dal potere del Presidente della giunta di provvedere, su delega necessaria del Presidente della Repubblica, a tutti gli atti concernenti il rapporto giuridico dei giudici conciliatori e dei vice conciliatori; dal potere del Presidente della giunta di autorizzare all'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere i soggetti che ne posseggano i requisiti.

La medesima legge e, comunque, le suddette norme citate sono censurate di incostituzionalità , in riferimento ai medesimi parametri, ma sul diverso presupposto che la figura del giudice conciliatore sia stata non già soppressa, ma soltanto modificata in quella del giudice di pace, in quanto illegittimamente risulterebbero compresse le stesse competenze regionali essendo previste la istituzione ex lege degli uffici del giudice di pace in ogni capoluogo degli ex-mandamenti giudiziari (e non più in forza di decreto del Presidente della giunta regionale previa deliberazione di questa), la istituzione di sedi distaccate mediante decreto del Presidente della Repubblica, su parere del Ministro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario ed i comuni interessati (e non più con decreto del Presidente della giunta, su deliberazione della stessa), ed, infine, la nomina dei magistrati onorari addetti a funzioni di giudice di pace con decreto del Presidente della Repubblica su mera proposta del Presidente della giunta (e non più con decreto del Presidente della giunta su delega necessaria del Presidente della Repubblica).

2. Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilità della questione sollevata dalla regione Valle d'Aosta nei confronti dell'intera legge n. 374 del 1991 non essendo consentita, secondo la giurisprudenza più volte ribadita da questa Corte (sentenze nn. 483/91, 360/91, 49/91, 85/90, 459/89, 1111/88), una indistinta censura nei confronti di una legge nel suo complesso.

  1. - Quanto poi alle censure nei confronti delle singole disposizioni - premesso che con la citata legge n. 374/91 (la cui efficacia è stata differita in massima parte al 3 gennaio 1994 dall'art. 1 legge 4 dicembre 1992 n. 477) il legislatore ha istituito il giudice di pace, come magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario e con poteri giurisdizionali in materia sia civile che penale, dettando nel contempo una complessa normativa sia organizzativa (inerente alla nomina, allo status e all'ufficio del giudice di pace) che processuale (riguardante il procedimento innanzi al medesimo) - deve preliminarmente esaminarsi la questione interpretativa posta dalla difesa della regione a presupposto della sua duplice censura essendo il conseguente scrutinio di costituzionalità condizionato dalla soluzione data alla questione stessa; occorre cioè, in particolare, stabilire se il giudice di pace sia un "nuovo" giudice onorario ovvero sia null'altro che la riedizione, con modifiche, del giudice conciliatore.

Vari elementi esegetici inducono a ritenere corretta la prima soluzione, che è quella prospettata in via principale dalla stessa difesa della regione, ed alla quale aderisce anche l'Avvocatura di Stato.

4. Innanzi tutto dal combinato disposto degli artt. 43 e 44 risulta che in via di prima attuazione della legge il giudice di pace ed il giudice conciliatore coesistono, rimanendo quest'ultimo ancora in vita per tutto il tempo necessario per esaurire le cause pendenti, anche se attribuite dalla legge medesima alla competenza del giudice di pace. La coesistenza di tali due figure di magistrati onorari rappresenta già di per sè sola sicuro indizio della diversità delle stesse.

Inoltre le differenze di disciplina sono così radicali e profonde, da rendere manifesto che l'intenzione del legislatore - il quale, dopo aver abbandonato l'originario disegno di ridefinire ed attualizzare il giudice conciliatore, ha deliberatamente omesso di elevare la competenza di quest'ultimo in sede di riforma del processo civile (legge n. 353 del 1990) - sia stata quella di delineare una nuova, del tutto autonoma, figura di giudice onorario.

Ed infatti al giudice di pace è riconosciuta una competenza ben più ampia di quella del giudice conciliatore sia perchè è estesa alla materia penale (per le contravvenzioni ed alcuni tipi di delitti dalla delega di cui all'art. 35 legge n. 374/91) sia perchè la stessa competenza civile è completamente ridisegnata, con la specifica individuazione di attribuzioni funzionali.

Inoltre l'aver limitato il giudizio secondo equità (che per il giudice conciliatore rappresentava la regola) alle cause il cui valore non superi quello di due milioni di lire (art. 21) implica una maggiore professionalità tecnica del giudice di pace, che poi si è tradotta anche nella prescrizione di più specifici e rigorosi requisiti per la nomina (art. 5) e nell'estensione dei doveri prescritti per i magistrati ordinari con conseguente responsabilità disciplinare (art. 10), sicchè è mutato anche il regime della sorveglianza, che sul giudice conciliatore era esercitata dal pretore e dal presidente del tribunale (art. 29 dell'ordinamento giudiziario) mentre sul giudice di pace è esercitata dal Consiglio superiore della magistratura (art. 16 legge n. 374/91).

Per altro verso la maggiore professionalità richiesta per il giudice di pace ha comportato che la sua attività - a differenza di quella del giudice conciliatore - non sia gratuita, essendo prevista un'indennità per l'esercizio delle funzioni (art. 11).Coerentemente poi alla marginalizzazione del giudizio secondo equità il legislatore (art.20) ha previsto che normalmente le parti non possano stare in giudizio se non con il ministero e l'assistenza di un difensore (mentre per il giudice conciliatore la difesa personale della parte rappresentava la regola). Lo stesso regime delle impugnazioni testimonia il carattere radicale del mutamento: mentre, infatti, le sentenze del conciliatore erano da ultimo soltanto ricorribili per cassazione, e quando - prima della legge 30 maggio 1984 n.399 - erano (per difetto di giurisdizione o per incompetenza) soggette ad appello, giudice di questo era il pretore, invece per le sentenze del giudice di pace - ad eccezione di quelle pronunziate secondo equità - è dettata la regola della appellabilità innanzi al tribunale, così rendendosi il giudice di pace equiordinato al pretore.

Complessivamente può dirsi che, mentre il giudice conciliatore era per più ragioni un giudice minore, il giudice di pace si affianca - limitatamente al giudizio di primo grado - alla magistratura ordinaria nell'auspicata prospettiva che questo più elevato livello, così realizzato, consenta una risposta più adeguata, da parte dell'ordine giudiziario nel suo complesso, alla sempre crescente domanda di giustizia.

5. - A conclusioni diverse non può condurre il richiamo all'art. 39 legge n. 374/91 - invocato dalla difesa della regione per sostenere le (pressoché identiche) censure di incostituzionalità sul diverso presupposto esegetico della identificabilità del giudice di pace come riedizione, modificata ed aggiornata, del giudice conciliatore - a norma del quale in tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le espressioni "conciliatore", "giudice conciliatore" e "vice conciliatore" ovvero "ufficio di conciliazione", queste debbano intendersi sostituite rispettivamente con le espressioni "giudice di pace" e "ufficio del giudice di pace". Si tratta, invero, di una norma di chiusura che vale soltanto a recuperare residualmente - ossia al di là della disciplina completamente ridisegnata del giudice onorario - ulteriori disposizioni che facciano riferimento al giudice conciliatore, la cui mancata previsione avrebbe richiesto la verifica, ad opera del legislatore, di ogni singola disposizione ulteriore per sostituire al giudice conciliatore il giudice di pace. Essa, quindi, non può essere valorizzata ed enfatizzata per significare l'identificazione di tali due figure di giudice onorario. Sicché - può subito dirsi - l'accoglimento della ricostruzione appena fatta del giudice di pace come nuovo giudice onorario, distinto e diverso dal giudice conciliatore, rende evidentemente infondate le censure della regione ricorrente basate sull'opposto presupposto della continuità dei due istituti e della sostanziale assimilabilità del giudice di pace al giudice conciliatore.

6.1. - La questione di costituzionalità, all'esame della Corte, si focalizza quindi nel quesito se il legislatore, nel porre mano ad istituire una nuova figura di giudice onorario, fosse, o meno, vincolato a far salve le attribuzioni regionali già previste per il giudice conciliatore nell'art. 41 Statuto Valle D'Aosta, tenendosi al riguardo presente la diversa collocazione nella gerarchia delle fonti delle due normative (l'art. 41 Statuto Valle d'Aosta, da una parte; la legge n.374/91, e segnatamente il suo art. 40, dall'altra) che, nella prospettazione della difesa della regione, sarebbero fra loro in conflitto.

La forza di legge costituzionale della prima le attribuisce la resistenza tipica di tale categoria di fonti normative sicchè la seconda, che invece ha forza di legge ordinaria, non potrebbe che cedere, risultando viziata dal contrasto con l'altra.

La questione di costituzionalità viene quindi ad incentrarsi sull'interpretazione dell'art. 41 Statuto Valle d'Aosta e sull'esatta determinazione del suo ambito e della sua portata.

6.2. - Il titolo VII dello Statuto di autonomia della Valle d'Aosta, rubricato come "Ordinamento degli uffici di conciliazione", prevede nella sua unica norma (l'art. 41) determinate attribuzioni, di natura amministrativa, in favore del Presidente della Giunta, nonché della Giunta stessa, attribuzioni concernenti sia l'istituzione degli uffici di conciliazione (che è disposta con decreto del Presidente della Giunta previa deliberazione di questa); sia la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa dall'ufficio dei giudici conciliatori e viceconciliatori (che è disposta dal Presidente della Giunta in virtù di delegazione del Presidente della Repubblica); sia, infine, l'esercizio delle funzioni di cancelliere e di usciere (che è autorizzato anch'essa dal Presidente della Giunta).

Orbene, il significato limitativo espresso dal tenore testuale della previsione statutaria riferentesi esclusivamente - sia nella rubrica del titolo, sia nella formulazione della sua unica norma - al giudice conciliatore ed al suo ufficio, e non al "giudice onorario" in generale, trova conforto non solo nella considerazione che la più ampia figura, appunto, del "giudice onorario" - ricomprendente in sé quella del "giudice conciliatore" già all'epoca esistente nell'ordinamento giudiziario - non poteva non essere presente al legislatore costituente, essendo la Carta costituzionale (che tale figura "generale" conosce ed ammette: art. 106, secondo comma) antecedente, sia pure di poco, allo Statuto di autonomia, ma trova conferma anche in altre varie e concorrenti ragioni.

6.3. - La norma statutaria, per il suo contenuto precettivo, incide sull'ordinamento giudiziario e sullo status di un giudice dell'ordine giudiziario.

Sotto il primo profilo (incidenza sull'ordinamento giudiziario), va innanzi tutto ribadito che in tale materia c'è riserva di legge (art. 108 Cost.) e questa Corte ha già più volte puntualizzato trattarsi di riserva di legge statale, con conseguente esclusione di qualsivoglia interferenza della normativa regionale (sent. n. 767 del 1988, n. 43 del 1982, n. 81 del 1976, n. 4 del 1956). Deve quindi ripetersi che alla legge statale "compete in via esclusiva disciplinare in modo uniforme per l'intero territorio nazionale e nei confronti di tutti (art. 3 della Costituzione) i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (artt. 24, primo comma, e 113 della Costituzione)" (sent n. 81 del 1976, cit.). Tale riserva abbraccia sia la disciplina degli organi giurisdizionali, sia la normativa processuale, anch'essa riservata esclusivamente alla legge statale (sent. n. 505 del 1991, n. 489 del 1991).

Come la legge processuale (secondo il disegno costituzionale del nostro ordinamento), così anche la normativa degli organi giurisdizionali non può che essere uniforme su tutto il territorio nazionale, dovendo a tutti essere garantiti pari condizioni e strumenti nel momento di accesso alla fruizione della funzione giurisdizionale, il cui esercizio è imprescindibilmente neutro, perchè insensibile alla localizzazione in questa o quella regione, oltre che neutrale, perchè svolto in posizione di terzietà rispetto ai poteri dello Stato, non escluso il potere esecutivo delle regioni.

Pertanto le attribuzioni regionali in materia di giudice conciliatore, in quanto incidenti in materia soggetta a riserva di legge statale, hanno carattere di specialità sicchè l'art. 41 dello Statuto si pone come deroga a tali principi, consentita soltanto dal rango costituzionale della norma stessa; deroga doppiamente eccezionale perchè contempla un'interferenza regionale in materia di esclusiva competenza statale e perchè tale interferenza nell'ordinamento giudiziario si realizza a livello non già di legge regionale, bensì esclusivamente di atti dell'esecutivo. Tale connotazione di eccezionalità non può che confinare la norma statutaria nel ristretto ambito del suo tenore letterale sicché in Valle d'Aosta è solo il "giudice conciliatore", e non anche il "giudice onorario" ex art. 106, 2° co., della Costituzione, ad essere in qualche misura diverso dal giudice conciliatore sul restante territorio del paese.

6.4. - Il rilevato carattere derogatorio si appalesa poi ancora più marcato se si considera il contenuto della norma statutaria, che - seppur su delegazione del Presidente della Repubblica - prevede una serie di provvedimenti di competenza dell'esecutivo della regione che incidono in radice sullo status di giudice conciliatore, condizionandone la nomina, la decadenza, la revoca e la dispensa. Anche sotto questo secondo profilo giova richiamare la giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato come la riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario è posta "a garanzia dell'indipendenza della magistratura" (sent. n. 72 del 1991); indipendenza che costituisce valore centrale per uno Stato di diritto, sicché l'eventuale difetto di presidi a sua difesa può ridondare in vizio di incostituzionalità (sent. n. 6 del 1970); indipendenza che è assicurata in generale, ma anche con specifico riferimento al giudice onorario, dalle competenze del Consiglio superiore della magistratura, sicché anche per la nomina dei giudici di pace è in generale prevista la previa deliberazione dello stesso (art. 4 legge n. 374/91).

Tale valore non è vulnerato dalla nomina di un giudice da parte dell'esecutivo (sent. n. 177 del 1973, n. 1 del 1967), ma occorre che il suo status non ne sia condizionato e che non si determini una situazione di soggezione formale o sostanziale ad altri soggetti (sent. n. 135 del 1982), non dovendo il giudice avere timore di alcun pregiudizio o aspettativa di alcun vantaggio per la sua attività (sent. n. 60 del 1969). In particolare - ravvisando un vulnus all'indipendenza della magistratura - la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma che prevedeva il potere di proposta del Ministro dell'agricoltura e foreste per la designazione del Commissario agli usi civici (sent. n. 398 del 1989); della disposizione che contemplava, la possibilità di riconferma nell'incarico dei componenti delle Commissioni comunali di prima istanza per i tributi locali nominati dal Consiglio comunale (sent. n. 281 del 1989); della norma che prevedeva la riconferma ad opera della giunta regionale dei membri del consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana (sent. n. 25 del 1976); analoghe dichiarazioni di incostituzionalità hanno riguardato il comandante di porto (sent. n. 121 del 1970), l'intendente di finanza (sent. n. 60 del 1969), i tribunali amministrativi per il contenzioso elettorale (sent. n.49 del 1968); l'integrazione del collegio giudicante con giornalisti no minati dal Consiglio dell'ordine (sent. n. 11 del 1968).

Quindi, anche sotto questo profilo dell'esigenza di garanzia dell'indipendenza del giudice, la previsione, contenuta nell'art.41 Statuto Valle d'Aosta, del potere (seppur delegato) del Presidente della giunta di dichiarare la decadenza e la dispensa del giudice conciliatore, e soprattutto il potere di revocarne la nomina, denuncia il suo carattere singolare e del tutto eccezionale, nella specie consentito dal rango costituzionale della norma stessa.

6.5.- Lo scostamento della norma statutaria dal principio della riserva di legge statale in materia di ordinamento giudiziario ed il carattere eccezionale del potere di incidere, anche con provvedimento di revoca, sullo status del giudice conciliatore inducono quindi ad una lettura restrittiva della stessa da intendersi riferita esclusivamente al "giudice conciliatore", quale figura di giudice onorario in concreto esistente all'epoca dello Statuto stesso e non già al "giudice onorario" in tutti i suoi possibili modelli.

Questa lettura in chiave riduttiva, in quanto riferita alla specifica figura di giudice onorario in concreto esistente nell'ordinamento giudiziario all'indomani della Costituzione, si spiega con l'esigenza, ritenuta dal legislatore costituzionale meritevole di tutela, di conservare l'esistente, a quel momento, ossia il giudice conciliatore in Valle d'Aosta quale risultante da una risalente tradizione di giustizia locale diffusa sul territorio. Ed infatti il legislatore costituente si è limitato in buona parte a riprodurre disposizioni già contenute nella normativa precedente (art. 12, n. 3, d.l.vo lgt. 7 settembre 1945 n.545 e d. l.vo c.p.s. 15 novembre 1946), che, elevate al rango di norme costituzionali, sono state poste al riparo da una possibile non omogeneità con i principi che il Costituente aveva appena posto in materia di ordinamento giudiziario e di indipendenza della magistratura.

Del resto, nel corso dei lavori preparatori proprio degli Statuti di autonomia, contenenti norme sul giudice conciliatore, il riferimento fu sempre ed esclusivamente al giudice conciliatore e non già al giudice onorario; inoltre la preoccupazione di chi temeva che potesse risultare vulnerato il principio di unità della giurisdizione fu contrastata dalla precisazione, fatta dal Presidente della sottocommissione per gli statuti regionali, che si trattava di "materia limitatissima"..

  1. - Devono, pertanto, le prerogative dell'art. 41 essere interpretate secondo lo stretto tenore letterale della norma e quindi essere riferite unicamente al "giudice conciliatore", quale figura di giudice onorario concretamente esistente nell'ordinamento giudiziario all'epoca dello Statuto, e non già al "giudice onorario" in genere.

Ne consegue, da un lato, che il legislatore, nel disegnare una nuova figura di giudice onorario in sostituzione del giudice conciliatore non era affatto vincolato a rispettare, nè tanto meno a riprodurre pedissequamente, le prerogative statutarie.

Conclusione questa, analoga - pur nella diversità della fattispecie - a quella raggiunta dalla Corte (sent. n. 1 del 1961) allorchè - con riferimento alla parallela disciplina speciale dettata per gli uffici del giudice conciliatore dallo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige - ha affermato che lo Stato italiano non aveva assunto l'impegno ad adottare nella provincia autonoma di Bolzano (nella quale era prescritto il bilinguismo per giudici conciliatori, vice conciliatori, cancellieri e uscieri) "un'organizzazione giudiziaria e amministrativa difforme da quella vigente in tutto il territorio nazionale".

Ne consegue ancora, dall'altro, che la speciale disciplina statutaria è condizionata alla permanenza del suo originario presupposto, ossia all'esistenza stessa del giudice conciliatore come figura di giudice onorario dell'ordinamento giudiziario (ed invero la possibilità che una legge statale ordinaria faccia venir meno il presupposto di una competenza di una regione a statuto speciale è stata ritenuta da questa Corte, nella sentenza n. 13 del 1964, con riferimento alle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico dopo l'istituzione in perpetuo della riserva a favore dell'ENEL).

Nè può ritenersi che il legislatore, nell'istituire il giudice di pace su tutto il territorio nazionale e quindi anche in Valle d'Aosta, avrebbe dovuto non di meno tenere contestualmente in vita il giudice conciliatore in quella regione per non far mancare il necessario presupposto alle competenze regionali. É sufficiente infatti da una parte rilevare che il giudice onorario non è un necessario organo di giustizia, come risulta dall'art. 106, secondo comma, Cost., che prevede che la legge sull'ordinamento "può" - e non già "deve" - ammettere la nomina di magistrati onorari. D'altra parte l'art.41 dello Statuto detta norme attinenti soltanto allo status di giudice conciliatore e all'aspetto organizzatorio del suo ufficio non già alla sua competenza, la cui determinazione (anche in Valle d'Aosta) costituisce esclusiva prerogativa statale (così come la disciplina del processo innanzi al giudice conciliatore). Quindi il legislatore ordinario, come avrebbe potuto ridurre od ampliare le competenze del giudice conciliatore, così poteva azzerarle del tutto fino a sopprimere questa figura di giudice onorario, senza che il legislatore regionale - che sicuramente non ha alcuna attribuzione legislativa in materia - possa dettare una disciplina supplettiva per consentire al giudice conciliatore di operare (esclusivamente) in Valle d'Aosta.

In conclusione le attribuzioni riconosciute dall'art. 41 dello Statuto sono di fatto inoperanti perchè il legislatore statale (legittimamente) ne ha fatto venir meno il presupposto; inoperanti, e non già abrogate, non potendo una legge ordinaria abrogare una norma di rango costituzionale; sicchè se in ipotesi il legislatore, nel quadro di un ripensamento della materia, intendesse ritornare al giudice conciliatore, come figura di giudice onorario, le attribuzioni dell'art. 41 riprenderebbero ad avere concreta attuazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con il ricorso di cui in epigrafe dalla regione Valle d'Aosta, nei confronti dell'intera legge 21 novembre 1991 n. 374 (Istituzione del giudice di pace) con riferimento all'art. 116 della Costituzione nonchè allo Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare al suo art. 41;

b) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con il ricorso di cui in epigrafe dalla regione Valle d'Aosta, nei confronti degli articoli 1,2,4,7,17,39,40,41 (terzo comma), 45 e 47 della legge 21 novembre 1991 n. 374 (istituzione del giudice di pace), con riferimento all'art. 116 della Costituzione nonchè allo Statuto speciale per la Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare al suo art. 4l.

 

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/04/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 08/04/93.