Ordinanza n. 147 del 1993

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ORDINANZA N. 147

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 81, primo e secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 24 marzo 1992 dal Pretore di Napoli nel procedimento penale a carico di Gargiulo Gaetano, iscritta al n. 477 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1993 il Giudice relatore Enzo Cheli.

 

Ritenuto che nel corso del procedimento penale nei confronti di Gargiulo Gaetano, al quale sono stati contestati i reati di violazione di sigilli (art. 349 c. p.) e di costruzione abusiva in zona sottoposta a vincolo (art. 20, lett. c, della legge n. 47 del 1985) il Pretore di Napoli, con ordinanza del 24 marzo 1992 (R.O. n. 477 del 1992), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, primo e secondo comma, del codice penale, nella parte concernente il trattamento sanzionatorio del reato continuato;

 

che il giudice remittente rileva che chi deve rispondere della sola contravvenzione urbanistica di cui all'art. 20, lett. c), della legge n.47 del 1985 potrà vedersi irrogata una pena detentiva minima di 5 giorni di arresto e una pena pecuniaria minima di 30 milioni di lire di ammenda, e che, eseguite le dovute operazioni di ragguaglio, neppure nei casi di abusi edilizi di trascurabile entità, commessi da soggetti incensurati, all'imputato potrà essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre nei riguardi di chi, come nel caso di specie, non solo si rende responsabile del reato di cui alla lett. c) dell'art. 20 della legge n. 47, ma viola i sigilli apposti alla costruzione abusiva, commettendo così anche il più grave delitto previsto dall'art. 349 del codice penale, unito dal vincolo della continuazione, non può opporsi pregiudizialmente lo sbarramento invalicabile rappresentato dall'entità della pena per escludere l'applicabilità del beneficio della sospensione condizionale, con la conseguenza che è astrattamente possibile per il giudice decidere se il reo sia meritevole del beneficio in questione, mentre nel caso di violazione della sola contravvenzione urbanistica risulta negata questa possibilità;

 

che, sempre ad avviso del giudice a quo, tale regime sanzionatorio sarebbe irragionevole, dal momento che con la disciplina della continuazione il legislatore ha inteso mitigare il principio del cumulo materiale delle pene, mentre l'applicazione dell'art. 81 del codice penale consente la concessione del beneficio della sospensione condizionale anche quando il reato satellite è punito con una pena minima edittale così elevata che, nella diversa ipotesi di sola commissione del medesimo reato, lo stesso beneficio non sarebbe concedibile, e che pertanto la norma impugnata appare illegittima nella parte in cui non prevede che la pena complessiva da irrogare per il reato continuato non possa essere inferiore a quella prevista per il o i reati satelliti;

 

che, sulla rilevanza della questione nel giudizio a quo, nell'ordinanza si espone che nel caso in esame, sussistendo tutte le condizioni di legge per riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati contestati e per concedere all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, se non si sollevasse questione dell'art. 81, primo e secondo comma, del codice penale per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dovrebbe farsi un'applicazione della norma impugnata ingiustamente favorevole per l'imputato;

 

che nel giudizio avanti alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

 

Considerato che la questione sollevata, ove fosse accolta, determinerebbe come conseguenza un aggravamento del regime sanzionatorio attualmente operante nei confronti dell'imputato nel giudizio a quo, al quale sarebbe negato il beneficio della sospensione condizionale della pena, la cui applicabilità nel caso di specie è stata invece riconosciuta dal giudice remittente;

 

che nell'ord. n. 20 del 1993

 questa Corte, giudicando su una identica censura di costituzionalità della norma impugnata, ha affermato che la questione sollevata "non si presenta rilevante ai fini del giudizio a quo, per l'impossibilità che il richiesto aggravamento di regime possa operare - in relazione al principio sanzionato nell'art. 25, secondo comma, della Costituzione - anche nell'ambito di detto giudizio e nei confronti di un imputato già riconosciuto dal giudice remittente in condizione di ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena";

 

che nell'ordinanza di remissione non si adducono argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati e che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, primo e secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Napoli, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/04/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 06/04/93.