Ordinanza n. 145 del 1993

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ORDINANZA N. 145

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 13 febbraio 1992 dal giudice per e indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno nel provvedimento penale a carico di Posa Fabrizio ed altri, iscritta al n. 294 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, nell'anno 1992;

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri.

 

Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede in sede di udienza preliminare un maggior potere del giudice di integrazione probatoria nelle ipotesi in cui vi siano elementi di prova per l'accusa e non siano state invece sviluppate indagini su fatti o circostanze favorevoli alla difesa;

 

che, ad avviso del remittente, stante l'interpretazione data alla norma, detta situazione si rifletterebbe sul diritto di difesa dell'imputato (il quale non potrebbe ottenere una sentenza di non luogo a procedere o valutare compiutamente l'opportunità di richiedere riti alternativi) e costituirebbe una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti del medesimo in ragione dei diversi comportamenti processuali dell'accusa;

 

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

 

Considerato che questioni sostanzialmente identiche sono già state esaminate da questa Corte e dichiarate non fondate con sentenza n. 64 del 1991 e manifestamente infondate con ordd. n.252 e 303 del 1991, osservando, in sintesi, che l'udienza preliminare è stata concepita come un procedimento allo stato degli atti e non come strumento di accertamento della verità materiale, cioè come una fase processuale e non di cognizione piena, nella quale la funzione del giudice non consiste in una valutazione di tipo prognostico sulle prospettive di condanna o di assoluzione dell'imputato, ma in un controllo sulla legittimità della domanda di giudizio avanzata dal pubblico ministero: con la conseguenza che deve ritenersi coerente a tale impostazione il fatto che spetti al giudice, al solo fine di evitare situazioni di stallo decisorio, individuare < temi nuovi o incompleti> il cui accertamento risulti decisivo a detti fini;

 

che dette pronunce hanno altresì sottolineato che indicazioni o sollecitazioni in tal senso possono certamente provenire dalle parti nel corso della discussione prevista nell'art. 421, fermo rimanendo però che non si può prescindere dalla previa valutazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti e dalla previa indicazione da parte sua dei temi, nuovi o incompleti, sui quali promuovere il < supplemento istruttorio>>;

 

che dette argomentazioni valgono ad escludere in radice sia la violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto la convenienza di una eventuale scelta dei riti alternativi ben può essere valutata in presenza degli elementi presentati dal pubblico ministero a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio, sia, conseguentemente, ogni prospettata disparità di trattamento;

 

che, pertanto, la sollevata questione va dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 422, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/04/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Mauro FERRI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 06/04/93.