Sentenza n. 137 del 1993

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SENTENZA N. 137

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt.1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 della legge 1° marzo 1986, n. 64 (Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), nonchè degli artt. 1, commi 1, 1 bis e 5 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, recante modifiche alla legge 1° marzo 1986, n.64, in tema di disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno e norme per l'agevolazione delle attività produttive), nonchè, infine, dell'art. 4 della legge 19 dicembre 1992 n. 488, limitatamente alle parole: "ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1, comma 1, della legge 1° marzo 1986, n. 64 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, commi 1 e 10, della legge medesima", iscritto al n. 57 del registro referendum.

 

Vista l'ordinanza del 16 marzo 1993 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha riformulato il quesito relativo alla richiesta di referendum sull'intervento straordinario nel Mezzogiorno, già dichiarata legittima con ordinanza del 15 dicembre 1992;

 

udito nella camera di consiglio del 31 marzo 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri;

 

uditi gli avvocati Massimo Severo Giannini e Beniamino Caravita di Toritto per i presentatori Calderisi Giuseppe, Lavaggi Ottavio e Negri Giovanni.

 

Ritenuto in fatto

 

l. Con sentenza n. 31 del 1993 questa Corte ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 della legge 1° marzo 1986, n. 64 (Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), dichiarata legittima con ordinanza del 15 dicembre 1992 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione .

 

2. Nel corso del giudizio di ammissibilità - come già rilevato nella predetta sentenza - veniva pubblicata la legge 19 dicembre 1992, n. 488 (di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n.415), la quale ha, fra l'altro, abrogato, con decorrenza 1° maggio 1993, le medesime norme indicate nella richiesta referendaria.

 

L'incidenza della nuova normativa sul procedimento referendario è stata esaminata dall'Ufficio centrale per il referendum, il quale, - con ordinanza del 16 marzo 1993 depositata il 23 successivo -, premesso che già il dato temporale dell'abrogazione delle suindicate norme con effetto dal 1° maggio 1993 esclude che il referendum fissato per il 18 aprile non possa più avere corso, ha esteso il quesito referendario all'art. 1, commi 1, 1 bis e 5 del decreto-legge n. 415 del 1992, come convertito, con modificazioni, con la legge n. 488 del 1992 e all'art.4 di quest'ultima legge, limitatamente alle parole "ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1, comma 1, della legge 1° marzo 1986 n. 64 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, commi 1 e 10 della legge medesima".

 

Ad avviso dell'Ufficio centrale le suindicate disposizioni, al di là del previsto passaggio dall'intervento straordinario nel Mezzogiorno ad una forma di intervento ordinario per tutte le aree economicamente depresse nel territorio nazionale, realizzano la sostanziale prosecuzione dell'intervento straordinario anche per il periodo successivo al 1° maggio 1993; di qui l'estensione del quesito referendario.

 

3. Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 31 marzo 1993 per la conseguente decisione in ordine all'ammissibilità della richiesta, così come modificata, dandone regolare comunicazione.

 

Con memoria depositata in data 29 marzo 1993, i presentatori Calderisi, Lavaggi e Negri hanno chiesto che questa Corte dichiari ammissibile la richiesta di referendum sul quesito così come modificato dall'Ufficio centrale.

 

Dopo aver ricordato la sentenza di questa Corte n. 31 del 1993, che ha ammesso la originaria richiesta referendaria, e sintetizzato l'ordinanza del 16 marzo 1993 dell'Ufficio centrale, la difesa dei presentatori osserva che le nuove disposizioni individuate dall'Ufficio centrale sono strettamente collegate a quelle del quesito originario, per cui ne rimane unitaria la matrice razionale ed identico l'oggetto materiale. Non vi sarebbero, pertanto, ragioni perchè la Corte non debba confermare il giudizio di ammissibilità già compiuto con la citata sentenza n. 31 del 1993.

 

4. Nella camera di consiglio del 31 marzo 1993, gli avvocati Massimo Severo Giannini e Beniamino Caravita di Toritto per i suindicati presentatori hanno insistito per l'ammissibilità della richiesta di referendum, così come modificata dall'Ufficio centrale.

 

Considerato in diritto

 

l. Come esposto in narrativa, con la sentenza n. 31 del 1993 questa Corte ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 della legge 1° marzo 1986, n. 64, rilevando che il quesito referendario coinvolge un complesso normativo riconducibile ad una matrice razionalmente unitaria e possiede quindi i necessari requisiti di chiarezza, omogeneità ed univocità, in quanto mira essenzialmente alla soppressione dell'intervento straordinario, così come disciplinato dalla legge in esame, e degli organismi preposti alla sua attuazione.

 

Si è, inoltre, ritenuto che non ricorresse alcuna delle altre cause ostative all'ammissibilità previste espressamente nell'art. 75, secondo comma, della Costituzione o desumibili dall'ordinamento costituzionale.

 

Con l'ordinanza indicata in epigrafe, l'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione ha esteso il quesito referendario ad alcune norme del decreto-legge 22 ottobre 1992, n.415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488.

 

In particolare, il quesito è stato esteso:

 

- all'art. 1, primo comma, del detto decreto in quanto sostanzialmente ripristina la dotazione finanziaria per l'intervento straordinario nel Mezzogiorno "in attesa della trasformazione dell'intervento straordinario attraverso un graduale passaggio ad una gestione ordinaria";

 

- all'art. 1, comma 1 bis, del decreto medesimo, in quanto reca un ulteriore stanziamento per l'anno 1994 per gli interventi previsti dal decreto-legge n. 786 del 1985, convertito in legge 28 febbraio 1986, n. 44, recante misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno;

 

- all'art. 1, comma quinto, del decreto medesimo, in quanto affida ancora all'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno il compito di provvedere alle erogazioni relative ai programmi cofinanziati con i fondi strutturali della Comunità europea;

 

- all'art. 4 inserito dalla legge di conversione n. 488 del 1992 nella parte in cui fa salve dalla soppressione (prevista con decorrenza 1° maggio 1993 nel medesimo art4) le autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1, comma 1, della legge n. 64 del 1986 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, commi 1 e 10, della legge medesima.

 

2. La richiesta, così come modificata dalla menzionata ordinanza dell'Ufficio centrale, deve essere ammessa.

 

Invero, il quesito referendario, pur dopo la estensione apportata dall'Ufficio centrale, mantiene quella matrice razionalmente unitaria, già da questa Corte riconosciuta alla originaria richiesta nella citata sentenza n. 31 del 1993, e conserva i necessari requisiti di chiarezza, omogeneità ed univocità.

 

Nè è dato riscontrare alcun'altra ragione d'inammissibilità prevista espressamente dall'art. 75 della Costituzione o desumibile dall'ordinamento costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare, come modificata per effetto dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum del 16 marzo 1993, per l'abrogazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 della legge 1° marzo 1986, n. 64 (Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), nonchè degli artt. 1, commi 1, 1 bis e 5 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni con legge 19 dicembre 1992, n. 488 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 22 ottobre 1992, n. 415, recante modifiche alla legge 1° marzo 1986, n. 64, in tema di disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno e norme per l'agevolazione delle attività produttive), nonchè, infine, dell'art. 4 della legge 19 dicembre 1992 n. 488, limitatamente alle parole: "ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1, comma 1, della legge 1° marzo 1986, n. 64 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, commi 1 e 10, della legge medesima".

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 31/03/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Mauro FERRI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 01/04/93.