Ordinanza n. 97 del 1993

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ORDINANZA N. 97

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 (Norme di polizia delle miniere e delle cave), promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1992 dal Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa Marittima nel procedimento penale a carico di Dalle Corte Marcello ed altri, iscritta al n. 537 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale a carico di Marcello Dalle Corte ed altri per violazione degli artt. 158 e 167 del d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 (Norme di polizia delle miniere e delle cave), il Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa Marittima, con ordinanza del 7 maggio 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del citato d.P.R.n.128 del 1959, nella parte in cui non opera una distinzione all'interno degli <altri casi> (diversi da quelli specificamente indicati nel primo comma) <tra le ipotesi nelle quali la condotta omissiva, con riguardo a carenze nella predisposizione di specifici accorgimenti tecnici, può essere sanata attraverso l'ottemperanza al contenuto della diffida e quelle nelle quali la condotta omissiva abbia oggettivamente integrato, nella sua completezza, una ipotesi di reato>;

che, ad avviso del giudice remittente, nel caso di infrazioni, quali quelle contestate nella specie, in cui la condotta omissiva abbia già prodotto completamente tutti gli effetti dannosi o pericolosi che giustificano la sanzione penale, <la diffida e la successiva ottemperanza non possono realizzare altro che una forma di estinzione del reato>, in contrasto con la ratio legis consistente, come si desume dagli artt. 672, 673 e 674 del decreto, nel fine di ottimizzazione delle condizioni di lavoro in cava e in miniera e non di sottrarre alla sanzione penale fattispecie criminose già completamente attuate;

che pertanto la norma denunciata è ritenuta contraria sia al principio di eguaglianza, <per l'evidente disparità di tratta mento con identiche situazioni che si verificano in settori di lavoro diversi da quello esaminato>, sia al principio di tutela della salute;

che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che gli illeciti previsti dal secondo comma dell'art.671 del d.P.R. n. 128 del 1959 sono configurati dalla legge come reati di inosservanza di un ordine legittimo della pubblica autorità, di guisa che la fattispecie penale e il conseguente obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria (art. 672) si concretano soltanto con l'inadempimento, debitamente constatato, della diffida intimata dall'ingegnere capo;

che si tratta di una scelta discrezionale del legislatore, fondata su una valutazione che ragionevolmente differenzia la disciplina degli <altri casi> previsti dall'art. 671, secondo comma, sia rispetto ai casi specificamente indicati nel primo comma, sia rispetto alle infrazioni previste dall'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, in ordine alle quali la diffida è una mera facoltà dell'Ispettorato del lavoro, non, in quanto inadempiuta, un elemento costitutivo del reato.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 671, secondo comma, del d.P.R. 9 aprile 1959, n.(Norme di polizia delle miniere e delle cave), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, dal Pretore di Grosseto - Sezione distaccata di Massa Marittima con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/03/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 15/03/93.