Ordinanza n. 51 del 1993

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ORDINANZA N. 51

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 20 maggio 1992, n. 293 (Misure urgenti in campo economico ed inter venti in zone terremotate), promossi con tre ordinanze emesse il 21 maggio 1992 dal Tribunale di Chieti e con una ordinanza emessa il 12 giugno 1992 dal Pretore di Lanciano nei procedimenti civili vertenti tra l'I.N.P.S. e Cespa Concetta ed altri, rispettivamente iscritte ai nn. 413, 414, 415 e 418 del registro ordinanze 1992 e tutte pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di costituzione di Cespa Concetta, De Berardinis Antonina e Buzzelli Tommaso, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che il Tribunale di Chieti, con tre identiche ordinanze emesse il 21 maggio 1992 (R.O. nn. 413, 414, 415 del 1992) ed il Pretore di Lanciano con ordinanza del 12 giugno 1992 (R.O. n. 418 del 1992) hanno sollevato, in relazione agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638 e dell'art. 4, primo comma, del decreto- legge 20 maggio 1992, n. 293;

che quest'ultima norma ha interpretato la precedente disposizione nel senso di conservare l'integrazione al minimo su una sola pensione nell'ipotesi di cumulo di due trattamenti integrati;

che i giudici a quibus sottolineano come l'esclusione del diritto a più integrazioni sia del tutto contraria alla giurisprudenza di legittimità ed alle decisioni di questa Corte di cui alla sentenza n. 418 del 1991 e all' ordinanza n.21 del 1992 e come con lo strumento dell'interpretazione autentica sia stato irragionevolmente introdotto un dato normativo contrastante con la precedente disciplina;

che inoltre, premessa la natura previdenziale (e non assistenziale) della pensione minima, la riduzione del trattamento complessivo (invece della sua conservazione grazie alla cristallizzazione), a parere dei rimettenti, risulterebbe lesiva del diritto alla previdenza, oltre che irragionevole;

che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, pregiudizialmente rilevando la mancata conversione in legge dell'impugnato decreto-legge;

che si sono infine costituite davanti alla Corte le parti private, che hanno insistito per la declaratoria d'illegittimità.

Considerato che le questioni, concernenti la medesima norma, possono essere riunite e congiuntamente decise;

che il decreto-legge 20 maggio 1992, n. 293, contenente l'interpretazione dell'art. 6, settimo comma, del decreto- legge 12 settembre 1983, n.463 -- convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638 -- censurata dai giudici a quibus perchè antitetica a quella di cui alla sentenza n. 418 del 1991 di questa Corte, non è stato convertito in legge entro il termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 21 luglio 1992;

che pertanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr.ordinanza n. 390 del 1992

), la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art.6, settimo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 20 maggio 1992, n. 293 (Misure urgenti in campo economico ed interventi in zone terremotate), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Chieti e dal Pretore di Lanciano con le ordinanze di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/01/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/02/93.