Ordinanza n. 20 del 1993

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ORDINANZA N. 20

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 81 e 349, secondo comma, del codice penale e dell'art. 20, lett.c), della legge 28 febbraio 1985 n. 47, recante: "Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie", promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1992 dal Pretore di S. Maria Capua Vetere - sezione distaccata di Capua nel procedimento penale a carico di Puocci Renato, iscritta al n. 379 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30 prima serie speciale dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1992 il Giudice relatore Enzo Cheli.

Ritenuto che nel corso del procedimento penale nei confronti di Puocci Renato, il Pretore di S. Maria Capua Vetere - sezione distaccata di Capua, con ordinanza del 24 aprile 1992 (R.O. n. 379 del 1992), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 81 del codice penale e comunque del sistema sanzionatorio risultante dagli artt. 81, 349, secondo comma, del codice penale e 20 lett. c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47", recante "Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie";

che nell'ordinanza di rinvio si premette che l'imputato, nella fase degli atti introduttivi al giudizio, ha formulato istanza di applicazione della pena ex artt. 444 e 563 c.p.p., previa unificazione dei reati ascritti di cui agli artt. 349, secondo comma c.p. e 20 lett. c.) della legge n. 47 sotto il vincolo della continuazione, subordinando detta istanza alla concessione della sospensione condizionale della pena, stante la prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante contestata;

che, nella stessa ordinanza, si rileva che i reati contestati nella fattispecie in esame "ben possono essere avvinti sotto il vincolo della continuazione sotto il più grave reato di cui all'art. 349 cpv. c.p.p.", ma che l'applicazione della continuazione consentirebbe all'imputato - nei cui confronti viene riconosciuta la prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante - di beneficiare della sospensione condizionale della pena, essendo sottoposto ad una pena minore di quella che verrebbe irrogata a chi si sia reso responsabile della sola violazione di cui all'art. 20 lett. c) della legge n. 47 del 1985, stante l'elevata entità del minimo edittale previsto per questo reato;

che da tale situazione discenderebbe una disparità di trattamento, lesiva dell'art. 3 Cost., "tra l'ipotesi della commissione del solo reato di cui all'art. 20 lett. c) della legge n. 47 del 1985 e quella della commissione del reato stesso ed altri anche più gravi reati da unire sotto il vincolo della continuazione";

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che per valutare la gravità di un trattamento sanzionatorio occorre riferirsi - pur nell'ambito della interpretazione dell'art. 81 c.p. adottata dal giudice a quo - alla pena nel suo complesso, sia detentiva che pecuniaria, con la conseguenza che, nel caso in esame, la pena complessiva applicabile per i due reati contestati, uniti dal vincolo della continuazione, dovrebbe risultare maggiore di quella conseguente dalla commissione del solo reato contravvenzionale di cui all'art. 20 lett.c) della legge n.47 del 1985;

che, indipendentemente dal rilievo che precede, la questione sollevata, ove fosse accolta, determinerebbe come conseguenza - ai fini del ripristino della parità di trattamento con gli imputati del solo reato contravvenzionale - di negare all'imputato nel giudizio a quo, nei cui confronti è stato riconosciuto il vincolo della continuazione, l'applicabilità del beneficio della sospensione condizionale della pena, con un aggravamento del regime sanzionatorio attualmente operante nei confronti dello stesso;

che, nei termini in cui viene prospettata, la questione non si presenta rilevante ai fini del giudizio a quo, per l'impossibilità che il richiesto aggravamento di regime possa operare - in relazione al principio sanzionato nell'art. 25, secondo comma, Cost. - anche nell'ambito di detto giudizio e nei confronti di un imputato già riconosciuto dal giudice remittente in condizione di ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 81, 349, secondo comma, del codice penale e dell'art. 20 lett. c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, recante: "Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie", sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di S.Maria Capua Vetere - Sezione distaccata di Capua, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.

Francesco Paolo CASAVOLA ,Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 29/01/93.