Sentenza n. 16 del 1993

CONSULTA ONLINE

 

SENTENZA N. 16

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), promosso con ordinanza emessa il 18 marzo 1992 dal Tribunale di Foggia, nel procedimento civile vertente tra Centonza Antonio ed altro, e Fondazione Domenico ed Antonia Siniscalco-Ceci, iscritta al n. 258 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di costituzione di Centonza Antonio e Matteo nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 18 novembre 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

 

uditi gli avvocati Giovanni Di Mattia ed Emilio Romagnoli per Centonza Antonio e Matteo e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. -- Nel corso di un procedimento in cui gli attori, affittuari di un fondo rustico, avevano richiesto una sentenza attuativa dell'obbligo del concedente di asservire il fondo ad una nuova costruzione, il Tribunale di Foggia, con ordinanza emessa il 18 marzo 1992, ha sollevato, in riferimento all'art.44 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 3 maggio 1982, n. 203, nella parte in cui, pur prevedendo la possibilità dell'affittuario di eseguire sul fondo opere di miglioramento, ovvero addizioni e trasformazioni con l'osservanza della procedura ivi stabilita, non esclude l'obbligo del proprietario di sottoporre il fondo a vincoli di natura reale, ove ciò si renda necessario per l'esecuzione di dette opere.

 

Espone il giudice a quo che gli attori erano stati autorizzati dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura ad eseguire un progetto di ristrutturazione di locali per il ricovero del bestiame nell'azienda cerealicola-zootecnica da essi condotta ed avevano poi ottenuto la concessione edilizia subordinata all'asservimento del fondo alla nuova costruzione, ma, a seguito del rifiuto del proprietario di sottoscrivere il relativo atto notarile di asservimento, avevano adito il tribunale ex art. 2932 del codice civile.

 

Secondo il giudice rimettente, la norma non porrebbe limiti al diritto dell'affittuario di eseguire migliorie e trasformazioni, anche in presenza del rifiuto del proprietario, così risolvendosi in una limitazione della proprietà terriera, potenzialmente riduttiva del valore di mercato dei fondi e lesiva dell'art. 44 della Costituzione.

 

2. -- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità, ovvero per l'infondatezza, in quanto la norma risulterebbe mal richiamata e perchè non sarebbe nella specie esperibile l'azione ex art.2932 del codice civile.

 

3. -- Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti gli attori nel giudizio a quo che hanno anche depositato memoria ulteriore nell'imminenza dell'udienza.

 

La difesa delle parti private ha preliminarmente eccepito l'irrilevanza della questione per l'asserita inefficacia di una pronuncia d'illegittimità costituzionale nei confronti dei vincoli contenuti nei piani regolatori e l'inammissibilità in quanto la richiesta sentenza verrebbe a configurarsi come mera esecuzione di un giudicato già formatosi sulla decisione dell'Ispettorato (onde il problema riguarderebbe l'incremento -- o meno -- di valore del fondo, da esaminarsi soltanto in sede d'indennizzo). Nel merito, si insiste sull'infondatezza, sottolineandosi come la ristrutturazione del manufatto fosse finalizzata a quel più razionale sfruttamento del suolo che la legge favorisce e la stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 53 del 1974 ha legittimato, sia pure con riguardo alla previgente normativa.

 

Considerato in diritto

 

1. -- Il Tribunale di Foggia denuncia l'illegittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), nella parte in cui la detta norma, autorizzando l'affittuario ad eseguire, secondo una prestabilita procedura, opere di miglioramento del fondo, non esclude espressamente l'obbligo, per il proprietario, di sottoporre a vincoli di natura reale il fondo stesso (nella specie: asservimento a nuova costruzione).

 

L'omessa previsione si porrebbe in contrasto con l'art. 44 della Costituzione, che riserva al legislatore l'imposizione di obblighi alla proprietà terriera privata onde conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali.

 

2. -- La questione è inammissibile.

 

La norma impugnata sancisce al primo comma il diritto per il locatore e l'affittuario di eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni di ordinamenti produttivi e fabbricati rurali nel rispetto della destinazione agricola del fondo, dei programmi regionali di sviluppo o, in mancanza di questi ultimi, delle vocazioni colturali delle relative zone.

 

All'esercizio di tale diritto è ordinato un dettagliato procedimento, descritto nei commi successivi, attivato dall'impulso propositivo della parte che intende eseguire le opere, la quale, in difetto di accordo, ne comunica la natura, le caratteristiche e le finalità all'altra parte ed all'Ispettorato provinciale dell'agricoltura.

 

L'Ispettorato promuove quindi, attraverso la convocazione del locatore e dell'affittuario, con l'eventuale assistenza delle rispettive organizzazioni professionali, un tentativo di accordo sulla descritta proposta. In mancanza, viene emessa una motivata pronuncia, sostanzialmente conformativa del contenuto del diritto, sia sul piano delle modalità di esecuzione che dei tempi di inizio ed ultimazione delle opere.

 

A questo punto compete al proprietario-locatore la facoltà di eseguire le opere stesse. Peraltro, nel caso di inerzia di questi, è l'affittuario a surrogarsi in tale posizione soggettiva, procedendo all'esecuzione, e perfino richiedendo, ove occorrano, permessi, concessioni, autorizzazioni ed eventuali finanziamenti (cfr. art. 17, quinto comma).

 

3. -- L'intero meccanismo è volto a superare le contrapposte situazioni nel pubblico e prevalente interesse allo sviluppo della produzione agraria: in tale quadro, la declaratoria richiesta dal giudice a quo a questa Corte risulta incompatibile con la struttura della norma impugnata ed in contraddizione con la ratio dell'intera legge sui contratti agrari, in particolare con la preminenza da essa accordata all'iniziativa imprenditoriale dell'affittuario.

 

La sentenza additiva auspicata dal Tribunale di Foggia, ove mai fosse ipotizzabile, verrebbe infatti a vanificare la logica di mediazione sottesa alle descritte previsioni, paralizzando quelle istanze di miglioria che non possono invece trovare limite nell'inerzia di una delle parti, a fortiori di quella proprietaria, che non partecipa all'attività d'impresa.

 

In realtà, il senso della censura non risiede tanto nell'omessa previsione dell'esclusione di un obbligo di sottoporre il fondo a vincoli, quanto si traduce piuttosto in una critica al modo in cui la legge ha preventivamente risolto il conflitto d'interessi tra proprietario ed affittuario. Ma l'ordinanza di rimessione interviene in un momento in cui tali interessi ormai sono stati già contemperati nel procedimento dinanzi all'Ispettorato, conclusosi con la decisione -- non impugnata -- da questo assunta ed in una fase sostanzialmente attuativa della stessa.

 

Superato tale momento procedimentale, del quale questa Corte ha già valutato la congruità nella logica degli "equi rapporti sociali" (cfr. ordinanza n. 601 del 1988), è chiaro come la dichiarazione di asservimento -- presupposto di efficacia della concessione edilizia -- altro non sia che una delle conseguenze della pronuncia dell'Ispettorato, e pertanto un giudizio di costituzionalità finalizzato a ridiscutere la sequenza attuativa della iniziativa di miglioria, per la sua intrinseca illogicità, non può essere ammesso.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), sollevata, in riferimento all'art. 44 della Costituzione, dal Tribunale di Foggia, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 29/01/93.