Ordinanza n. 13 del 1993

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ORDINANZA N. 13

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, 5, 11 e 12 della legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 23 gennaio 1992 dal Pretore di Breno nei procedimenti penali a carico di Verbali Giovanna e Zigliana Rocco, iscritte ai nn. 351 e 352 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1992 il Giudice relatore Renato Granata;

Ritenuto che con due ordinanze in data 23 gennaio 1992 il Pretore di Breno - nel corso del giudizio penale nei confronti (rispettivamente) di Verbali Giovanna e Zigliana Rocco, imputati del reato di emissione di assegno bancario senza provvista (art.116 regio decreto n.1736 del 1933) commesso prima dell'entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990 n.386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) - ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via incidentale degli artt. 2, 5, 11, e 12 della citata legge n.386 del 1990;

che il giudice rimettente ritiene che, da una parte, l'art. 12 ha abrogato l'art. 116 citato, e che, d'altra parte, l'art. 11 ha sottratto alle sanzioni previste dalla nuova normativa (sanzioni più severe in considerazione delle pene accessorie prima applicabili soltanto per i casi più gravi) i reati commessi prima dell'entrata in vigore della legge n.386 del 1990 soltanto a condizione che l'imputato provveda al pagamento dell'assegno, degli interessi, della penale e delle spese;

che pertanto, ove tale condizione non si verifichi, occorre fare applicazione - secondo il giudice rimettente - della nuova (più severa) normativa anche a condotte poste in essere prima della sua entrata in vigore sicchè risulta conseguentemente violata la prescrizione del secondo comma dell'art. 25 Cost. secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso;

che è intervenuto (nel solo giudizio promosso con l'ordinanza n.252/90) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la manifesta inammissibilità della questione per essere già stata decisa da questa Corte con sentenza n.32 del 1992;

Considerato che il combinato disposto denunziato dal giudice a quo non conduce alla applicazione sempre ed in ogni caso delle <<norme nuove anche a condotte precedenti>>, atteso che l'art. 11 ha il solo scopo di consentire l'operare della causa di improcedibilità dell'azione penale correlata alla possibilità di utilmente effettuare il pagamento in sanatoria ivi previsto (introducendo, nei limiti di questa innovazione, una disciplina che è in ogni caso più favorevole per l'imputato) e non ha invece la funzione di imporre l'applicazione della legge nuova pure nel caso in cui si realizzi la suddetta condizione di procedibilità;

che, verificandosi tale ultima evenienza e quindi essendo procedibile l'azione penale, opera, invece la generale prescrizione dettata dall'art.2, comma terzo, cod. pen. sicchè è compito del giudice accertare quale sia, nel singolo caso concreto sottoposto al suo esame, la disposizione penale più favorevole come univocamente statuito dalla Corte di Cassazione con talune pronunzie (Cass. 17 giugno 1992 n. 6997, Cass. 12 maggio 1992 n. 5547), peraltro non contraddette da altra (Cass.17 giugno 1992 n. 7031) nella quale la affermata valutazione ex lege della nuova disciplina come più vantaggiosa per l'imputato è riferita alla ipotesi di improcedibilità di cui all'art. 11;

che non è possibile trarre argomenti in senso contrario dall'art.12, nel senso che tale norma, statuendo l'abrogazione dell'art. 116 del regio decreto n. 1736 del 1933, escluderebbe la possibilità di ogni ulteriore applicazione di tale disposizione incriminatrice; infatti al di là del dato meramente letterale il coordinamento del citato art. 12 con gli articoli 1 e 2 precedenti rende evidente che la abolitio criminis riguarda in realtà soltanto talune delle fattispecie criminose previste dall'art. 116, mentre quelle previste nei numeri 1 e 2 del suo primo comma risultano riformulate (e quindi meramente modificate) nelle fattispecie incriminate, rispettivamente, dai ricordati articoli 1 e 2 della nuova legge;

che pertanto la questione di costituzionalità - in quanto fondata su un'erronea interpretazione dell'art. 11 citato - è manifestamente infondata;

visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente infondata la questione di costituzionalità degli artt. 2, 5, 11, e 12 legge 15 dicembre 1990 n.386 (Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari), in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Pretore di Breno con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 19/01/93.