Sentenza n. 497 del 1992

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SENTENZA N. 497

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;

Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 2 giugno 1992 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: "Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e dell'importo regionale sostitutivo per le utenze esenti", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 23 giugno 1992, depositato in cancelleria il 1° luglio 1992 ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi 1992;

Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;

Udito nell'udienza pubblica del 1° dicembre 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e l'Avvocato Piero Alberto Capotosti per la Regione;

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti della legge della Regione Marche 2 giugno 1992, intitolata: "Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti".

A giudizio del ricorrente, la legge regionale impugnata - oggetto di deliberazione una prima volta il 15 gennaio 1992 e rinviata per il riesame - avrebbe dovuto essere approvata a maggioranza assoluta, secondo quanto richiede l'art. 127 della Costituzione come interpretato da questa Corte (v. sentt. nn. 79 del 1989 e 154 del 1990), a nulla rilevando che in sede di riapprovazione siano state apportate modificazioni in senso conforme ai rilievi governativi. Pertanto, poiché la legge impugnata è stata approvata a maggioranza "semplice", il ricorrente chiede che ne venga dichiarata la illegittimità costituzionale.

  1. - Si è costituita la Regione Marche contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto o l'inammissibilità.

La Regione precisa, innanzitutto, che nella seduta del 2 giugno 1992 il Consiglio regionale non ha affatto provveduto a riapprovare con modificazioni la delibera legislativa già approvata nella seduta consiliare del 15 gennaio 1992, oggetto di rinvio da parte del Governo. Al contrario, nella seduta del 2 giugno il Consiglio regionale ha approvato, per la prima volta, una delibera legislativa, la quale, anche se ha il medesimo oggetto di quella precedente e anche se recepisce i rilievi formulati dal Governo in relazione alla precedente delibera legislativa, si caratterizza come nuova e diversa rispetto a quest'ultima. A tal fine, la Regione Marche osserva che, una volta intercorso il rinvio governativo, si è adottata una via completamente diversa da quella del riesame e della conseguente riapprovazione. Questa circostanza, ad avviso della stessa Regione, risulta evidente sia per il fatto che la Giunta regionale, con delibera n. 648 del 2 marzo 1992, ha assunto la formale iniziativa legislativa di predisporre "un nuovo testo che tiene conto delle surriferite osservazioni del Governo", sia per il fatto che al nuovo testo della proposta di legge della Giunta regionale è stato attribuito un numero diverso da quello della precedente proposta, sia, infine, per il fatto che la nuova proposta di legge è stata "assegnata", e non "riassegnata", alla competente commissione referente e da questa "esaminata", e non già "riesaminata". Del resto, continua la resistente, lo stesso Presidente del Consiglio regionale ha comunicato al Governo l'avvenuta "approvazione" della delibera legislativa impugnata, e non già la "riapprovazione" della delibera già approvata e rinviata.

Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, la Regione Marche sottolinea come nel procedimento legislativo in questione sia stato seguito il suggerimento contenuto nella decisione n. 154 del 1990 di questa Corte, consistente nella possibilità, per la Regione, di "iniziare (a seguito del rinvio) un nuovo procedimento legislativo sulla stessa materia, avente ad oggetto anche un testo normativo identico a quello votato nella prima deliberazione, salva l'espunzione delle disposizioni contestate".

In definitiva, conclude la Regione, nel caso di specie si sarebbe registrata, non già una illegittima riapprovazione a maggioranza semplice di una legge non "nuova", ma la legittima approvazione a maggioranza semplice di una legge regionale per la prima volta sottoposta alla votazione del Consiglio regionale. Conseguentemente, ad avviso della stessa Regione, il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe inammissibile, in quanto, avendo ad oggetto una legge regionale "nuova", avrebbe dovuto essere preceduto dal rinvio della legge stessa per il riesame del Consiglio regionale. In ogni caso, il ricorso sarebbe anche infondato, in quanto nel procedimento di approvazione della delibera legislativa impugnata non si è verificata alcuna violazione dell'art. 127 della Costituzione.

  1. - Nel corso della discussione orale l'Avvocatura dello Stato, nel ricordare che la sentenza n. 154 del 1990 ha affermato che la Regione può iniziare un nuovo procedimento legislativo dopo il rinvio governativo, osserva che, pur non contrastando tale affermazione, lo Stato, in mancanza di un potere di controllo sugli interna corporis del Consiglio regionale, sarebbe privo di adeguati strumenti per verificare se la legge approvata sia frutto di un nuovo procedimento, dal momento che la comunicazione della legge regionale al Governo consta della semplice trasmissione dell'articolato votato, senza che a questo siano allegati la relazione o, in genere, i lavori preparatori, e senza alcuna indicazione sul numero d'ordine assegnato alla proposta approvata.

Considerato in diritto

  1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritualmente depositato un ricorso di legittimità costituzionale nei confronti della legge della Regione Marche 2 giugno 1992 (Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti), adducendo che la stessa, essendo stata riapprovata a maggioranza semplice, avrebbe violato l'art. 127 della Costituzione, il quale, come questa Corte ha più volte affermato, richiede che una legge regionale, già approvata una prima volta e poi rinviata al Consiglio regionale per il riesame, può ritenersi validamente deliberata soltanto ove abbia riportato, in sede di riapprovazione, la maggioranza assoluta dei voti.
  2. - Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Al fine di decidere sulle contestazioni di legittimità costituzionale mosse dal Governo nei confronti della legge della Regione Marche oggetto di impugnazione, occorre verificare se quest'ultima configuri una "legge nuova", per la quale, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, è sufficiente l'approvazione a maggioranza semplice oppure se la stessa legge debba esser considerata come la riapprovazione di una legge, già votata una prima volta dal Consiglio regionale e rinviata a quest'ultimo per procedere a un riesame, per la quale il ricordato art. 127 della Costituzione impone la maggioranza assoluta (v., specialmente, sent. n. 154 del 1990).

Nella decisione appena citata questa Corte ha già rilevato come la definizione giurisprudenziale di una legge regionale quale "legge nuova", ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione, si è ispirata nel corso degli anni a criteri di vario genere. Dopo alcune iniziali pronunzie che hanno ancorato la qualificazione della "novità" della legge regionale a un criterio "sostanzialistico" e, segnatamente, al grado di incisività e alla rilevanza delle modificazioni apportate in sede di riesame al testo della legge rinviata - così da poter dedurre dalla natura "sostanziale" dei mutamenti introdotti la ricorrenza in concreto della intenzione "innovativa" del legislatore regionale -, questa Corte, allo scopo di evitare le numerose contestazioni e le ineludibili incertezze connesse alla determinazione caso per caso dell'importanza delle modificazioni apportate, ha fatto ricorso, a partire dalla sentenza n. 40 del 1977, a un criterio formale particolarmente rigoroso. Secondo quest'ultimo orientamento, infatti, andavano considerate come "non nuove", ai fini dell'applicazione dell'art. 127 della Costituzione, solamente le leggi che fossero state riapprovate dal Consiglio regionale "nel medesimo identico testo che aveva formato oggetto della prima deliberazione e del successivo rinvio".

Tuttavia, anche l'applicazione di tale criterio ha dato luogo a gravi inconvenienti. In particolare, l'orientamento appena ricordato - nel permettere l'instaurarsi di una catena di rinvii a seguito di modificazioni del tutto formali o estrinseche alle norme contenute nell'atto rinviato e, persino, a seguito dell'introduzione da parte del legislatore regionale delle stesse modificazioni suggerite dal Governo in sede di rinvio - ha favorito l'indebito innesto, nell'ambito di una fase preordinata al controllo di legittimità, di prassi di negoziazione politica fra controllore e controllato, destinate a produrre di sovente ingiustificate disparità fra regione e regione nei risultati del controllo medesimo. Allo scopo di porre fine a tali deprecate prassi, questa Corte, a partire dalla sentenza n. 158 del 1988, ha applicato un diverso criterio di qualificazione della "novità" delle leggi regionali, il quale, senza ritornare a parametri "sostanzialistici", è rivolto a impedire la reiterazione dei rinvii e a restituire alla relativa fase i caratteri propri del controllo di legittimità costituzionale, nel più rigoroso rispetto di quanto richiede l'art. 127 della Costituzione.

Nelle sue più recenti pronunzie (v. sentt. nn. 158 del 1988, 79, 80 e 561 del 1989, 122 e 154 del 1990) questa Corte ha affermato che, ai fini dell'art. 127 della Costituzione, deve considerarsi come "non nuova" qualsiasi legge regionale rinviata che in sede di riesame sia stata modificata dal Consiglio regionale esclusivamente nelle disposizioni consequenzialmente interessate dal rinvio ovvero in parti dell'atto legislativo medesimo prive di significato normativo (preambolo, formula promulgativa, etc.); mentre, sempreché si resti nell'ambito di un medesimo procedimento legislativo, una legge regionale rinviata va considerata come "nuova", ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, soltanto nell'ipotesi (inversa) in cui il legislatore in sede di riesame abbia apportato modificazioni (ovviamente comportanti mutamenti del significato normativo) dirette a inserirsi in parti estranee rispetto a quelle censurate o, comunque, dirette a incidere su disposizioni non interessate dalle osservazioni contenute nel rinvio governativo.

Questo criterio - il quale è di carattere "formale", e non "sostanziale", poiché fa dipendere la "novità" della legge, non già dalla natura o dall'importanza del mutamento apportato, bensì dal dato, certo ed evidente, che la disposizione modificata nel suo significato normativo dal legislatore regionale sia o non sia stata coinvolta dalle censure contenute nel precedente rinvio governativo - non preclude, tuttavia, al legislatore regionale di disporre liberamente del procedimento legislativo in corso. Come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 154 del 1990, il legislatore regionale, essendo nella posizione di chi è investito di una potestà "libera", ha la piena disponibilità del procedimento legislativo, nel senso che può rinunciare ad esso o può revocare la delibera di cui quello consta e "può, persino, iniziare un nuovo procedimento legislativo sulla stessa materia avente ad oggetto (..) anche un testo normativo identico a quello votato nella prima deliberazione, salva l'espunzione delle disposizioni contestate".

  1. - Proprio la vicenda da ultimo rievocata risponde integralmente al caso di specie.

In data 15 gennaio 1992 il Consiglio regionale delle Marche ha approvato con l'ordinaria procedura legislativa la proposta di legge n. 197, presentata l'8 gennaio 1992 ad iniziativa della Giunta regionale, recante il titolo "Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti". Questa delibera legislativa, con telegramma del 18 febbraio 1992, è stata rinviata al Consiglio regionale da parte del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alle disposizioni contenute negli artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma, le quali, in contrasto con le leggi statali che fissano la decorrenza delle addizionali introdotte a partire dalla data di entrata in vigore delle leggi regionali che le adottano, prevedevano l'inizio dell'efficacia delle addizionali da esse varate al 31 dicembre 1991, cioè a partire da una data anteriore all'entrata in vigore della legge regionale medesima.

Tuttavia, dopo che la Giunta regionale delle Marche aveva deliberato in data 2 marzo 1992 di presentare al Consiglio regionale una nuova proposta di legge, avente lo stesso titolo e un contenuto normativo analogo a quello proprio della delibera precedente, salva l'espunzione delle disposizioni colpite dal rinvio, il Consiglio regionale ha proceduto all'esame della stessa proposta, contrassegnata con il distinto numero d'ordine 213, seguendo la procedura d'urgenza, culminata, nella seduta del 2 giugno 1992, con l'approvazione della legge a maggioranza semplice. Dopo che la delibera legislativa approvata è stata comunicata, in data 8 giugno 1992, al Commissario del Governo, quest'ultimo ha provveduto a trasmetterla alla Presidenza del Consiglio dei ministri accompagnando il testo normativo con una lettera con la quale si diceva che la legge inviata era stata "riapprovata a maggioranza semplice dal Consiglio regionale a seguito di rinvio governativo".

Non vi può esser dubbio che la legge regionale oggetto del ricorso governativo deve considerarsi come "nuova", ai sensi e ai fini dell'art. 127 della Costituzione. Infatti, pur a prescindere dal rilievo (che sarebbe, di per sé, sufficiente) per il quale la "novità" della legge si deduce dal fatto che il legislatore regionale ha introdotto modifiche incidenti su disposizioni diverse da quelle consequenzialmente interessate dal rinvio (segnatamente: l'art. 1, primo comma, è stato innovato grazie alla elevazione dell'aliquota dal 50 per cento al 55 per cento), l'incontestabilità della scelta del legislatore regionale di dar vita a un nuovo procedimento legislativo si deduce chiaramente, oltre che dal rilievo che la proposta approvata è contrassegnata con un numero d'ordine diverso da quello proprio del disegno di legge oggetto del rinvio, dal fatto che sia stato seguito per l'approvazione della delibera impugnata un procedimento diverso da quello utilizzato in occasione della legge rinviata, iniziato con una nuova proposta della Giunta regionale. E ciò è tanto più rilevante se si tiene presente che l'art. 89 del Regolamento consiliare della Regione Marche prevede che "la legge regionale rinviata dal Governo ai sensi dell'art. 127 della Costituzione viene riassegnata alla competente commissione ed è riesaminata dal Consiglio con la stessa procedura seguita a norma del presente regolamento per la prima approvazione del provvedimento".

Né può valere in senso contrario l'osservazione in base alla quale, in assenza di un potere di controllo sugli interna corporis del Consiglio regionale, il Governo sarebbe privo degli elementi necessari per poter verificare se la regione abbia iniziato un nuovo procedimento legislativo. In realtà, poiché non è precluso al Commissario del Governo seguire i lavori legislativi regionali - costituendo, anzi, questa attività espressione del principio di leale cooperazione, che deve informare i rapporti tra Stato e regioni -, non vi può esser dubbio che il Governo è nella giuridica possibilità di essere adeguatamente informato dal suo stesso Commissario del procedimento legislativo seguito e dell'eventuale fatto che il Consiglio regionale abbia iniziato, successivamente al rinvio governativo, un nuovo procedimento legislativo. Naturalmente ciò non esime la regione dal dovere, anch'esso inerente al principio di leale cooperazione, di mettere in atto tutte le iniziative idonee a render riconoscibile, da parte del Commissario del Governo, la natura e la identità dell'iter legislativo seguito e sfociato nella deliberazione comunicata al Commissario medesimo.

Sulla base dei motivi sopra indicati il ricorso esaminato in questo giudizio dev'essere dichiarato inammissibile. Infatti, poiché la legge approvata il 2 giugno 1992 dal Consiglio regionale con un voto adottato a maggioranza semplice deve esser considerata una legge "nuova" ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, il Governo, prima di promuovere la questione di legittimità costituzionale, avrebbe dovuto dar corso al rinvio della legge al Consiglio regionale affinché quest'ultimo, a norma dello stesso art. 127 della Costituzione, fosse posto nella condizione di procedere al riesame della legge stessa.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 2 giugno 1992 (Determinazione delle aliquote, per l'anno 1992, dell'addizionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e dell'imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti), sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.

Il Presidente: CASAVOLA

Il redattore: BALDASSARRE

Il cancelliere: DI PAOLA

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.

Il direttore della cancelleria: DI PAOLA