Sentenza n. 465 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 465

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1510, secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa l'11 marzo 1992 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra la s.n.c. F.A.S. Italiana e la s.n.c. Ti.Emme iscritta al n. 208 del registro ordinanze 1992; e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.18, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa l'11 marzo 1992 nel corso di un procedimento civile vertente tra la s.n.c. F.A.S. Italiana e la s.n.c. Ti.Emme per il pagamento di merce consegnata dal venditore al vettore per il trasporto e non pervenuta all'acquirente, il Pretore di Torino ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.1510, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che "il venditore si libera dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere".

Il Pretore di Torino osserva che il venditore, il quale assolve all'obbligo di consegnare la cosa venduta e da trasportare in luogo diverso rimettendola al vettore o allo spedizioniere, non risponde dell'inadempimento del vettore secondo la regola dettata dall'art.1228 del codice civile per il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi. Ad avviso del Pretore ne deriva, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, una irragionevole situazione di vantaggio per il venditore rispetto ai debitori che, tenuti alla consegna di una cosa mobile, si avvalgono di ausiliari per l'adempimento.

Il Pretore di Torino ritiene che l'art. 1510, secondo comma, del codice civile riflette una visione ormai superata delle comunicazioni e dei trasporti, non tenendo conto che gli ordini a distanza sono oggi molto frequenti, sicchè non sarebbe più giustificata la regola che fa ricadere sul compratore di beni mobili il rischio per la perdita o l'avaria della merce.

Il Pretore prospetta il dubbio di legittimità costituzionale anche in riferimento all'art. 41 della Costituzione: la eliminazione della norma denunciata risponderebbe al principio di utilità sociale dell'iniziativa economica privata, ponendo il rischio in capo al venditore sino al momento dell'effettiva consegna della merce al compratore, ed indurrebbe il venditore ad una maggiore oculatezza nella scelta dello spedizioniere o del vettore e nell'assunzione dei costi assicurativi.

2. - L'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, osservando anzitutto che la disposizione denunciata ha carattere dispositivo, potendo le parti accordarsi diversamente.

Ad avviso della Avvocatura la norma relativa alla liberazione del venditore mediante consegna al vettore o allo spedizioniere deve essere raccordata con la non censurata disposizione del primo comma dell'art. 1510 del codice civile: la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo domicilio o la sede dell'impresa. Il trasporto in luogo diverso avviene nell'esclusivo interesse del compratore, il quale è libero di indicare il vettore o lo spedizioniere cui la cosa deve essere consegnata.

L'Avvocatura non ritiene possibile una utile comparazione tra l'art.1228 del codice civile, concernente il debitore che "nell'adempimento dell'obbligazione" si avvale dell'opera di terzi, e l'art. 1510, secondo comma, del codice civile, che realizza l'adempimento del venditore con la consegna della cosa venduta senza l'intermediazione di ausiliari. Il vettore o lo spedizioniere devono essere considerati ausiliari dell'acquirente e la loro attività, successiva all'adempimento da parte del venditore, si svolge nell'interesse dell'acquirente, al quale fanno carico le spese del trasporto.

L'Avvocatura osserva infine che non risulta chiaro il profilo di contrasto con l'art. 41 della Costituzione, affermato ma non motivato nell'ordinanza di rimessione.

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Torino dubita della legittimità costituzionale dell'art.1510, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che "il venditore si libera dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere", con la conseguenza che della perdita o della avaria della cosa non risponde il venditore, ma solo il vettore (o lo spedizioniere) secondo le regole proprie e nei limiti previsti per il contratto di trasporto.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sul presupposto che nella vendita con trasporto la responsabilità del venditore, cui incombe l'obbligo di consegnare la cosa venduta al compratore, sia disciplinata in modo irragionevolmente diverso dalla responsabilità del debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi e che risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.

La illegittimità costituzionale è stata prospettata anche in riferimento all'art. 41 della Costituzione, assumendosi che la "utilità sociale", cui si deve ispirare l'iniziativa economica privata, richieda che nella vendita con trasporto, nell'attuale contesto di diffusa utilizzazione di tale contratto, il venditore non sia liberato rimettendo la cosa al trasportatore o allo spedizioniere, ma debba rispondere sino alla effettiva consegna al compratore.

2. - La questione non è fondata.

Il trasferimento del rischio all'acquirente con la consegna della merce al vettore, nel caso di vendita con trasporto, è previsto da una regola che si applica solo in mancanza di uso contrario o di diversa pattuizione tra le parti e che è coerente con la più generale disposizione, anche questa suppletiva, in ordine alla cui legittimità costituzionale non è stato formulato dal giudice a quo alcun dubbio, secondo la quale la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al momento della vendita ovvero presso il domicilio o la sede dell'impresa del venditore (art. 1510, primo comma, del codice civile; ma si veda anche l'art. 1182, secondo comma, del codice civile).

Pertanto è ragionevole considerare il trasporto della cosa venduta effettuato nell'interesse ed a carico, quindi a rischio, del compratore, il quale può anche indicare a quale vettore o spedizioniere la merce debba essere rimessa.

Non appare, inoltre, invocato in modo appropriato, quale elemento di comparazione di una disciplina che il giudice rimettente ipotizza irragionevolmente diversa, il principio della responsabilità del debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi (art. 1228 del codice civile), appena si consideri che rimettere la cosa al vettore già realizza l'adempimento dell'obbligo di consegna che incombe al venditore. Quest'ultimo principio vige in ordinamenti di altri paesi con tradizione giuridica affine alla nostra e trova espressa enunciazione legislativa anche in sistemi nei quali il contratto di vendita ha effetti solo obbligatori ( 447 del codice civile germanico) e non reali, come invece secondo la disciplina del codice italiano. Il trasferimento del rischio dal venditore al compratore con la consegna della cosa al vettore risponde anche ad un principio che, già affermato nell'art. 19 della Convenzione attinente alla legge uniforme sulla vendita internazionale di beni mobili (adottata a l'Aja il 1 luglio 1964 e ratificata in forza della legge 21 giugno 1971, n.816), è stato ribadito dagli artt. 31 e 67 della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionale di merci (adottata a Vienna l'11 aprile 1980, ratificata in forza della legge 11 dicembre 1985, n.765, ed entrata in vigore il 1 gennaio 1988).

3. - Privo di fondamento è anche il dubbio di legittimità costituzionale prospettato dal giudice rimettente con riferimento al principio di "utilità sociale" dell'iniziativa economica privata, enunciato dall'art. 41, secondo comma, della Costituzione.

La disposizione, della cui legittimità costituzionale si dubita, rientra nella sfera di discrezionale apprezzamento del legislatore, che ha dettato una regola destinata a valere in mancanza di diversa pattuizione tra le parti o di uso contrario, senza che ne risultino lesi interessi generali, peraltro non puntualmente prospettati dal giudice rimettente.

La questione di legittimità costituzionale proposta dal Pretore di Torino deve essere pertanto dichiarata non fondata in riferimento ad entrambi i parametri costituzionali invocati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.1510, secondo comma, del codice civile, in riferimento agli art.3 e 41 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Torino con ordinanza emessa l'11 marzo 1992.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/11/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 19/11/92.