Ordinanza n. 405 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 405

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art.10 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia), promossi con tre ordinanze emesse il 14 gennaio 1992 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera nei procedimenti penali a carico di Manarello Felice e Ruggieri Luca Vincenzo, iscritte ai nn. 228, 229 e 230 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale dell'anno 1992.

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

RITENUTO che, con tre ordinanze di identico contenuto, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, in relazione agli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, della Costituzione;

che la norma impugnata (prevedendo la sanzione penale della reclusione sino a sei mesi e della multa sino a lire 100.000 per chi distrugga, guasti, deteriori, occulti o sottragga alla garanzia del creditore un autoveicolo oggetto di privilegio debitamente iscritto) costituirebbe, ad avviso del remittente, una stravagante ed anomala ipotesi di responsabilità penale per il pericolo di inadempimento di obbligazioni civilistiche e, insomma, un relitto di tempi ormai lontani, posto a tutela di beni che oggi non appaiono più meritevoli di protezione;

che il legislatore non sanzionerebbe più penalmente le mere violazioni contrattuali, anche se capaci di provocare gravi danni patrimoniali, ma soltanto certe modalità di aggressione del patrimonio (sottrazione materiale della cosa, nel furto; induzione in errore, nella truffa; approfittamento dello stato di bisogno, nell'usura; proposito di non adempiere e dissimulazione del proprio stato di incapacità patrimoniale, nell'insolvenza fraudolenta), mentre un siffatto reato riecheggerebbe il triste ricordo dell'arresto per debiti;

che la struttura del reato si porrebbe in contrasto con il principio costituzionalizzato di necessaria lesività, venendo a: violare i parametri costituzionali sopra indicati; comprimere ingiustificatamente i valori della dignità umana e della libertà personale; creare una ingiustificata disparità di trattamento tra le varie categorie di creditori, accordando tutela penale solo ai venditori e finanziatori dell'acquisto di autoveicoli o, comunque, ai creditori con privilegio sui detti beni, penalizzando, fra tutti i debitori, i soli possessori o proprietari o detentori di autoveicoli oggetto di privilegio.

CONSIDERATO che, per l'identità della questione, i giudizi vanno riuniti e decisi congiuntamente;

che la questione, già sollevata negli stessi termini dal medesimo giudice a quo, è stata dichiarata da questa Corte non fondata con sentenza n.291 del 1992;

che, come detto, le attuali ordinanze di rimessione non contengono nuove argomentazioni.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1958, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art.10 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 26/10/92.