Ordinanza n. 397 del 1992

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ORDINANZA N. 397

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma quarto- quinquies, del decreto- legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1990, n. 37 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonchè in materia di pubblico impiego), promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1991 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Brasca Giuseppe contro il Ministero del tesoro ed altra, iscritta al n. 125 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di costituzione di Brasca Giuseppe nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Greco.

RITENUTO che il T.A.R. del Lazio, nel procedimento promosso da Brasca Giuseppe nei confronti del Ministero del tesoro per la impugnazione del provvedimento di collocamento a riposo con effetto dal compimento del sessantacinquesimo anno di età e di rigetto dell'istanza di mantenimento in servizio fino al settantesimo anno, per il conseguimento del massimo trattamento pensionistico, ha sollevato, con ordinanza del 9 maggio 1991 (R.O. n. 125 del 1992), questione di legittimità costituzionale dell'art.1, comma quarto-quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n.413, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui esclude dall'ivi previsto beneficio del prolungamento del servizio per i fini suddetti i dirigenti delle amministrazioni statali che alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge abbiano già compiuto il sessantacinquesimo anno;

che, ad avviso del giudice a quo, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 della Costituzione, discriminandosi irrazionalmente fra soggetti che versano in condizioni di sostanziale parità e privandosi la P.A. della collaborazione di dipendenti con vasta esperienza;

che la parte privata, con atto di costituzione, poi illustrato da memoria, ha concluso per la restituzione degli atti al giudice a quo, in quanto nella fattispecie potrebbe avere applicazione il decreto-legge n.413 del 1989, convertito in legge n. 37 del 1990, sopravvenuto alla ordinanza di remissione, e, subordinatamente, per la illegittimità della norma censurata;

che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza della questione.

CONSIDERATO che la questione de qua è stata esaminata dal giudice a quo anche alla stregua della nuova norma, e che pertanto non può disporsi la restituzione degli atti;

che questa Corte ha già ritenuto che la determinazione della data di entrata in vigore della legge rientra nella discrezionalità del legislatore (sentt. nn. 440 del 1991 e 1032 del 1988; ord. n. 419 del 1990); che la disposizione censurata non si applica ai dirigenti già collocati a riposo, anche se abbiano impugnato il relativo provvedimento perchè la impugnazione non conserva in vita il rapporto di impiego cessato alla data prestabilita;

e che è ultroneo il riferimento all'art.97 della Costituzione in quanto i rimedi apprestati per situazioni particolari e peculiari non incidono sull'organizzazione della Pubblica Amministrazione e sul suo funzionamento, anche perchè non riguardano l'intera disciplina del rapporto di pubblico impiego (sent. n. 440 del 1991);

che non sono stati dedotti motivi nuovi per una diversa decisione, onde la riproposta questione è manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma quarto-quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonchè in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 37, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sollevata dal T.A.R. del Lazio con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/10/92.

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 19/10/92.