Sentenza n. 380 del 1992

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SENTENZA N.380

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici

 

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-          Dott. Francesco GRECO

 

-          Prof. Gabriele PESCATORE

 

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-          Avv. Mauro FERRI

 

-          Prof. Luigi MENGONI

 

-          Prof. Enzo CHELI

 

-          Dott. Renato GRANATA

 

-          Prof. Francesco GUIZZI

 

-          Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), promosso con ordinanza emessa il 4 luglio 1991 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Montin Angelo contro il Consiglio dell'Ordine degli architetti della Provincia di Padova ed altri, iscritta al n. 115 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

 

Ritenuto in fatto

 

Il Consiglio dell'Ordine degli architetti di Padova, all'esito di un procedimento disciplinare, comminava la sanzione della censura all'architetto Montin Angelo, il quale, ricevutane comunicazione in data 29 luglio 1988, proponeva ricorso al Consiglio nazionale con atto pervenuto alla segreteria del Consiglio provinciale in data 12 ottobre, ben oltre il termine perentorio di trenta giorni prescritto dall'articolo 1 del regolamento di procedura per la trattazione dei ricorsi dinanzi al Consiglio nazionale degli architetti, approvato con il decreto ministeriale del 10 novembre 1948. Con sentenza del 7 febbraio 1990 il Consiglio nazionale degli architetti dichiarava irricevibile il ricorso proposto dal Montin contro la decisione del Consiglio dell'Ordine di Padova. Il ricorrente proponeva ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione, assumendo che la decisione censurata avrebbe violato l'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, in quanto il ricorso in questione avrebbe aperto un vero e proprio iter processuale con diritto del ricorrente di avvalersi dell'assistenza d'un legale, essendo stato previsto l'istituto della sospensione dei termini processuali proprio per assicurare un periodo di riposo agli esercenti la professione legale.

 

Le sezioni unite della Corte di cassazione, con ordinanza del 4 luglio 1991, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo i della legge 7 ottobre 1969, n. 742, nella parte in cui non dispone che l'istituto della sospensione dei termini si applichi anche a quello previsto per ricorrente, avverso le delibere dei consigli provinciali, avanti il Consiglio nazionale degli architetti.

 

Sostiene il giudice remittente che il termine di trenta giorni previsto dagli articoli 16, del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, e 1, del decreto ministeriale 10 novembre 1948, ha natura processuale, atteso che il Consiglio nazionale degli architetti espleterebbe funzioni giurisdizionali applicando principi propri dei procedimento avanti agli organi del complesso T.A.R. - Consiglio di Stato, e dunque vi sarebbe la necessità per il professionista di rivolgersi a un legale per apprestare una idonea difesa, al pari di quanto avviene nell'ambito delle giurisdizioni ordinaria e amministrativa secondo il riconoscimento che gli viene dalla legge n. 742 del 1969, con la sospensione dei termini durante il periodo feriale. Del resto, la stessa Corte costituzionale, con le sentenze nn. 49 del 1990 e 255 del 1987, avrebbe considerato degno di rilievo il pregiudizio che un'eventuale mancata applicazione della sospensione potrebbe cagionare al diritto di agire in giudizio, specie quando la strada intrapresa é l'unico rimedio offerto dall'ordinamento giuridico. La norma impugnata verrebbe così a violare il principio dell'uguaglianza di trattamento di situazioni omogenee, enunciato dall'articolo 3 della Costituzione, e il diritto alla difesa sancito dall'articolo 24 del testo costituzionale.

 

La rilevanza della sollevata questione deriverebbe dalla proposizione del ricorso oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione della delibera del Consiglio provinciale, avvenuta il 29 luglio 1988.

 

Considerato in diritto

 

l. - Le sezioni unite della Corte di cassazione dubitano, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), nella parte in cui non dispone che l'istituto della sospensione dei termini si applichi anche a quello stabilito per ricorrere, avverso le delibere dei Consigli provinciali, al Consiglio nazionale degli architetti.

 

2. - La doglianza è fondata.

 

La materia del procedimento disciplinare ha una diversità di statuti, a seconda che attenga a rapporti d'impiego privato o di impiego pubblico o, ancora, riguardi i professionisti iscritti a un Ordine professionale.

 

Questa Corte ha più volte affermato che, nel quadro dell'impiego pubblico, la garanzia del diritto di difesa, di cui all'articolo 24, secondo comma, della Costituzione, non si estende all'attività amministrativa, anche se inerente ai procedimenti disciplinari, pur essendo stata espressamente riconosciuta dal legislatore, con la legge n. 93 del 1983, l'esigenza di garantire il diritto di difesa del pubblico dipendente sottoposto al procedimento disciplinare (si veda, per tutte, la sentenza n. 239 del 1988).

 

Nei confronti dei magistrati ordinari, peraltro, questa stessa Corte ha riconosciuto che il procedimento disciplinare, in funzione della tutela dell'indipendenza degli stessi e del < prestigio della funzione>, si svolgesse nelle forme e nei modi e con le garanzie tipiche della funzione giurisdizionale (sentenza n. 12 del 1971), vale a dire < secondo moduli giurisdizionali> costituiti da < particolari garanzie, senza riscontro in altri settori> (sentenza 145 del 1976).

 

Il caso che ci occupa, invece, rientra nella cosiddetta < giurisdizione professionale>, vale a dire nelle attribuzioni di tutti quei < Consigli nazionali previsti dalle normative che, anteriormente all'entrata in vigore della Costituzione, hanno ordinato in enti autonomi alcune professioni, ossia quelle indicate negli artt. 1 e 18 del d.l. lgt. 23 novembre 1944, n.382> (sentenza 284 del 1986).

 

3. - Con regio decreto-legge n. 103 del 24 gennaio 1924, tutte le < classi professionali> non regolate da precedenti disposizioni legislative venivano costituite in Ordini e in Collegi (a seconda che, per l'esercizio della professione, occorresse avere conseguito una laurea o un diploma). Veniva previsto (art. 3) altresì, per tutti gli Ordini e Collegi, che con uno specifico regolamento venissero emanate le norme relative, tra l'altro, ai procedimenti disciplinari.

 

In precedenza, la legge 24 giugno 1923, n. 1395, istitutiva del titolo professionale degli ingegneri e degli architetti, nel prevedere l'istituzione dell'Ordine su base provinciale, con al suo vertice un Consiglio competente, fra l'altro, anche in materia di < vigilanza e conservazione del decoro dell'Ordine>, aveva fatto provvisorio rimando, quanto alle sanzioni e alle forme procedimentali, agli artt. 26, 27, 28 e 30 della legge 28 giugno 1874, n. 1938, regolante l'esercizio delle professioni di avvocato e procuratore, riservandosi (art. 7) una disciplina peculiare ad un futuro regolamento.

 

Il regolamento n. 2537, pur emanato, sulla base di tale previsione, in data 23 ottobre 1925, venne registrato dalla Corte dei conti, con riserva, solo in data 11 febbraio 1926. Esso prevedeva (art. 13) la generale possibilità di reclamare avverso le deliberazioni del Consiglio dell'Ordine avanti ad una Commissione centrale istituita a Roma (art. 14) presso il Ministero dei lavori pubblici, entro il < termine perentorio> di giorni trenta (art. 16) < da quello della data della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, con la quale sia comunicata all 'interessato la deliberazione dell'assemblea, o da quello della data della partecipazione ufficiale fattane al Procuratore del Re>.

 

Nella materia disciplinare, disciplinata dal capo III (artt. 43- 50), il regolamento ribadiva che le deliberazioni del Consiglio dell'Ordine erano ricorribili, avanti alla Commissione centrale, < in conformità degli articoli 13 e 16 del presente regolamento>.

 

Con decreto legislativo luogotenenziale del 23 novembre 1944, n.382, per le professioni < protette> indicate nell'articolo 1, fra le quali quella di ingegnere e di architetto, veniva ribadita la competenza a decidere da parte dei Consigli (dell'Ordine o del Collegio) e prevista l'istituzione di Commissioni centrali, costituite questa volta presso il Ministero di grazia e giustizia (art. 10).

 

Alla vigilia della Costituzione repubblicana, dunque, per tutte le professioni indicate nell'art. 1 del decreto legislativo luogotenenziale n.382 del 1944, la fisionomia organica dei rispettivi enti era già sufficientemente delineata. Cosicchè le modificazioni agli ordinamenti apportate dal decreto legislativo presidenziale del 21 giugno 1946, n. 6, che mutava la denominazione delle Commissioni centrali in quella, attuale, di Consigli nazionali (art. 2), costituiva soltanto un'operazione nominalistica. E il decreto ministeriale del 10 novembre 1948 (Approvazione del regolamento contenente le norme di procedura per la trattazione dei ricorsi dinanzi al Consiglio nazionale degli architetti), successivo alla Costituzione repubblicana, ma evidentemente emanato a seguito dell'avvenuta separazione dell'albo degli ingegneri da quello degli architetti (regio decreto del 27 ottobre 1927, n. 2145) trovava la fisionomia dell'Ordine oramai del tutto fissata in quella ancora oggi visibile.

 

É evidente, allora, che questo tipo di procedimento si debba includere in quella categoria che < sopravvive in forza della VI disposizione transitoria della Costituzione>, soggetta com'è, nel < termine (non perentorio) di cinque anni, a revisione da parte del legislatore ordinario> e, pur sempre, < alla condizione che la relativa disciplina non contrasti con i canoni costituzionali in materia> (sentenza n. 284 del 1986).

 

4.-La posizione del professionista, inserito nella categoria professionale organizzata, vuoi sotto il profilo dell'appartenenza all'Ordine (cosiddetta < tenuta dell'albo>) vuoi sotto il profilo della osservanza delle regole di disciplina (cosiddetta < buona condotta>) è quella del diritto soggettivo perfetto, costituzionalmente protetto ai sensi dell'art. 4 della Costituzione (sentenza n. 284 del 1986).

 

Ne consegue che avverso le decisioni dei Consigli nazionali è previsto il ricorso per Cassazione, il quale ultimo è diretto al controllo sui provvedimenti di natura giurisdizionale (in questo senso le sentenze n. 284 del 1986, n. 175 del 1980, n. 110 del 1977, n. 27 del 1972 e n. 114 del 1970), e, come tale, soggetto alle regole stabilite dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742 in materia di sospensione dei termini processuali (relativi alle giurisdizioni ordinarie ed amministrative) nel periodo feriale.

 

Ma la fase giurisdizionale che ha luogo avanti al Consiglio nazionale dell'Ordine, introdotta con il ricorso avverso la deliberazione del locale Consiglio dell'Ordine, non si avvantaggia, in ragione della disciplina sostanzialmente precostituzionale come sopra delineata, delle stesse garanzie proprie del diritto di azione nell'ambito delle giurisdizioni ordinaria ed amministrativa e, da ultimo, anche da quella speciale militare.

 

Sicchè, privando tale diritto di ricorrere avverso le decisioni dei Consigli dell'Ordine della piena possibilità di avvalersi della difesa tecnica, lo si viene sostanzialmente a menomare e, dunque, a porre in una posizione subordinata rispetto all'analogo diritto valevole nell'ambito delle altre giurisdizioni, con lesione degli invocati parametri costituzionali.

 

Questa Corte ha, infatti, più volte ribadito che l'istituto della sospensione dei termini processuali in periodo feriale nasce dalla necessità di assicurare riposo agli avvocati e procuratori legali (ultime: ordinanza n. 61 del 1992 e sentenza n. 255 del 1987) e dunque la mancata applicazione della sospensione dei termini anche al ricorso contro le decisioni disciplinari dei Consigli dell'Ordine degli architetti viene ingiustificatamente (art. 3 della Costituzione) a pregiudicare il diritto alla difesa tecnica (art. 24 della Costituzione) necessaria per adeguatamente impugnare la decisione avanti il Consiglio nazionale.

 

5.- Com'è noto, questa Corte ha esteso la disciplina della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale anche a quelli relativi agli organi della giurisdizione speciale militare in tempo di pace (sentenza n. 278 del 1987) ed ha affermato, altresì, che tale sospensione s'impone < quando la possibilità di agire in giudizio costituisca per il titolare l'unico rimedio per far valere un suo diritto> (sentt. nn. 49 del 1990, 255 del 1987 e 40 del 1985).

 

Ora, nel caso di specie, il professionista destinatario di una decisione disciplinare da parte del Consiglio dell'Ordine di appartenenza, il quale voglia ricorrere avverso la stessa avanti al Consiglio nazionale, non ha altro rimedio per far valere il suo diritto di difendersi se non quello di procurarsi, mediante difesa tecnica, un'adeguata impugnativa del provvedimento assunto come ingiusto.

 

E tale facoltà non può conoscere fratture o soluzioni di continuità nel periodo, corrispondente a quello stabilito dalla legge 742 del 1969, in cui gli avvocati e procuratori godono le proprie ferie, pena la lesione dei parametri costituzionali invocati.

 

La norma impugnata è dunque incostituzionale, perchè lede gli invocati parametri, nella parte in cui non dispone che l'istituto della sospensione dei termini si applichi anche a quello stabilito per ricorrere, avverso le delibere dei Consigli provinciali, al Consiglio nazionale degli architetti.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), nella parte in cui non dispone che l'istituto della sospensione dei termini si applichi anche a quello stabilito per ricorrere, avverso le delibere dei Consigli provinciali, al Consiglio nazionale degli architetti.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/07/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Francesco GUIZZI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 29/07/92.