Sentenza n. 371 del 1992

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SENTENZA N.371

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-          Dott. Francesco GRECO

 

-          Prof. Gabriele PESCATORE

 

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-          Avv. Mauro FERRI

 

-          Prof. Luigi MENGONI

 

-          Prof. Enzo CHELI

 

-          Dott. Renato GRANATA

 

-          Prof. Giuliano VASSALLI

 

-          Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge della Regione Lazio 2 aprile l991, n. 13 (Disposizioni per l'accesso alla seconda qualifica funzionale dirigenziale e per garantire la continuità delle funzioni dirigenziali apicali), promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1991 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Sezione staccata di Latina, sul ricorso proposto da Gualdi Marcello contro la Regione Lazio ed altri, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti gli atti di costituzione di Chiarenza Franco ed altri e della Regione Lazio;

 

udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

 

uditi gli avvocati Angelo Clarizia per Chiarenza Franco ed altri e Vito Bellini e Achille Chiappetti per la Regione Lazio.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, con ordinanza dell'8 novembre 1991, emessa sul ricorso proposto da Marcello Gualdi contro la Regione Lazio ed altri, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 249 SI, 97, 102, 104, primo comma, 108, secondo comma, e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale del Lazio 2 aprile 1991, n. 13.

 

Il ricorrente, che aveva partecipato alla selezione (di cui all'art. 25 della legge regionale del Lazio Il gennaio 1985, n. 6) per l'inquadramento nella seconda qualifica funzionale, aveva lamentato, nel giudizio a quo, di essere stato collocato in una posizione deteriore nella graduatoria ed aveva chiesto l'annullamento della deliberazione della Giunta regionale del Lazio 6 novembre 1987, n. 6715, sollevando, in via subordinata, l'eccezione d'illegittimità costituzionale dell'art. 25 citato (per l'insindacabile discrezionalità consentita alla Commissione nell'assegnazione del punteggio ai candidati), in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Finalmente, nella pubblica udienza dell'8 novembre 1991, rilevato il contrasto dell'art. 5 della legge n. 13 del 1991 con gli artt. 24, 3 e 97 della Costituzione, chiedeva che la Sezione rimettesse gli atti a questa Corte.

 

Il giudice a quo - premessa la sostanziale analogia del caso in esame con altri in cui la Commissione regionale di scrutinio avrebbe fatto uso di potere discrezionale illimitato - Pur non ritenendo di doversi discostare da precedenti pronunce in cui tale operato é stato dichiarato illegittimo, rileva che una nuova sentenza di annullamento sarebbe ostacolata dall'art. 5 della legge regionale del Lazio 2 aprile 1991, n. 13, secondo cui il personale che, in prima attuazione della legge regionale n. 6 del 1985, é stato inquadrato nella qualifica funzionale superiore con provvedimenti approvati dalla Commissione di controllo, rimane inquadrato in suddetta qualifica "con la decorrenza fissata nel provvedimento di inquadramento".

 

Secondo il giudice rimettente, la norma impugnata, consolidando definitivamente la graduatoria, fa sì che il ricorso dovrebbe essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d'interesse, venendo meno, per il ricorrente, anche in caso di nuovo annullamento, la possibilità di accedere alla qualifica con la procedura di cui alla legge n. 6 del 1985. Inoltre, interferendo sui giudizi in corso, la definizione dei giudizi di appello sarebbe vincolata in senso contrario a quello prevedibile e pertanto contrasterebbe con l'art. 24 della Costituzione e, poichè la legge impugnata ha fatto seguito a una serie di pronunce concordi, si determinerebbe l'effetto di interrompere tale giurisprudenza, imponendo di fatto, ai giudici già aditi, di dichiarare di ufficio l'improcedibilità dei giudizi in qualsiasi grado e stato si trovino, con conseguente vulnus degli artt. 102, 104, primo comma, 108, secondo comma, e 113 della Costituzione.

 

La nuova norma, poi, sanerebbe, con decorrenza dal momento dell'adozione, determinazioni amministrative già ritenute dal Tribunale rimettente illegittime per contrasto con l'art. 25 della legge regionale n. 6 del 1985 e con i principì che impongono un'adeguata motivazione degli atti amministrativi discrezionali. Nè può considerarsi causa giustificativa (anzi sarebbe in contrasto col principio costituzionale del pubblico concorso: art. 97 della Costituzione) l'esigenza della Regione di far conservare la qualifica superiore a chi l'abbia conseguita in base a un procedimento considerato illegittimo dal giudice amministrativo.

 

La suddetta "sanatoria" contrasterebbe poi coi principio della pari opportunità (artt. 3 e 51 della Costituzione), in quanto la norma impugnata renderebbe privo di tutela il diritto dei concorrente a non subire ingiuste discriminazioni.

 

2.- La difesa della Regione, in una memoria presentata nell'imminenza dell'udienza, insiste per l'infondatezza della questione, osservando che il giudice a quo si basa sul pregiudizio che la normativa impugnata sarebbe stata approvata solo per frustrare le pretese degli aspiranti nei vari giudizi pendenti.

 

Rilevato che il giudice a quo ha sollevato la questione su disposizione non applicabile nel giudizio a quo (e non sull'art. 25 della legge regionale n.6 del 1985), la difesa osserva che la legge n. 13 del 1991 non ha "consolidato" la graduatoria impugnata, ma ha solo stabilito, in aggiunta all'art. 25, che i dipendenti già inquadrati rimangono nella seconda qualifica se hanno svolto senza demerito le funzioni per un biennio. La questione apparirebbe poi prospettata in via meramente ipotetica e sarebbe rilevante solo in un futuro giudizio o, al massimo, nell'ipotetico giudizio di ottemperanza. La disposizione impugnata non avrebbe inoltre riflessi nel giudizio determinandone l'estinzione, in quanto essa non ha formalmente sancita la loro estinzione, nè escluderebbe una eventuale ripetizione della selezione in futuro.

 

Infondata sarebbe pure la denuncia di violazione del principio d'irretroattività, non avendo la norma impugnata modificato retroattivamente la disciplina dell'art. 25 della legge n. 6 del 1985, ma solo introdotto - in aggiunta al procedimento di inquadramento previsto in prima attuazione - un ulteriore straordinario procedimento d'inquadramento traverso il riscontro del disimpegno di fatto, senza demerito, delle funzioni per due anni.

 

Quanto alla pretesa violazione dell'art. 97 della Costituzione, la difesa ricorda che il principio del pubblico concorso concerne l'accesso nella p.A., mentre la normativa impugnata "riguarda il reinquadramento in qualifiche superiori di personale già in servizio presso la p.A.".

 

3.- Ha presentato altresì una memoria, nell'approssimarsi dell'udienza, la difesa di Franco Chiarenza, Giuseppe Bottino e Maria Carla Claudi che, svolgendo ulteriori argomentazioni, insiste per l'infondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, con ordinanza dell'8 novembre 1991 (Reg. ord.n. 160 del 1992), solleva, in relazione agli artt. 3, 24, 51, 97, 102, 104, primo comma, 108, secondo comma, e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge della Regione Lazio 2 aprile 1991, n. 13 (Disposizioni per l'accesso alla seconda qualifica funzionale dirigenziale e per garantire la continuità delle funzioni dirigenziali apicali), che recita: < Il personale, che, in sede di prima attuazione della legge regionale 11 gennaio 1985, n. 6, è stato inquadrato a seguito di procedura selettiva effettuata a norma dell'art. 25 della stessa legge nella qualifica funzionale superiore a quella rivestita alla data del 1° gennaio 1983 con provvedimenti dei quali la Commissione di controllo sull'amministrazione regionale ha consentito l'ulteriore corso, rimane inquadrato nella suddetta qualifica funzionale superiore con la decorrenza fissata nel provvedimento di inquadramento, a condizione che abbia, anche di fatto, svolto le relative funzioni senza demerito per almeno due anni>.

 

2. - La questione è inammissibile.

 

La materia del contendere nel giudizio a quo è regolata dall'art.25 della legge regionale del Lazio 11 gennaio 1985, n. 6, e non è affatto incisa dalla norma impugnata, la quale si limita a consolidare situazioni derivanti dalla procedura selettiva in contestazione, senza che ne derivi impedimento alcuno all'attività giurisdizionale in corso.

 

Non si verifica infatti < sopravvenuta carenza d'interesse>, a seguito della norma denunziata, perchè questa non rende intangibile la graduatoria conclusiva della selezione, che può essere sempre annullata dal giudice amministrativo, e rinnovata, in sede di ottemperanza, dall'Amministrazione.

 

Pertanto non sono prospettabili nè in atto, nè in ipotesi, i profili di violazione degli invocati parametri costituzionali.

 

La ratio decidendi, tuttavia, si fonda sulla estraneità della norma sospettata rispetto al giudizio principale, il che rende una pronuncia di merito sulla sua costituzionalità inutiliter data riguardo al tema di decisione del giudice rimettente.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.5 della legge della regione Lazio 2 aprile 1991, n. 13 (Disposizioni per l'accesso alla seconda qualifica funzionale dirigenziale e per garantire la continuità delle funzioni dirigenziali apicali), sollevata, in relazione agli artt. 3, 24, 51, 97, 102, 104, primo comma, 108, secondo comma, e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/07/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 27/07/92.